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I cattolici nella politica italiana non possono essere un ornamento all’interno dei partiti

di Giorgio Merlo

Con molta tristezza, assistiamo alla “richiesta” della corrente popolare nel Pd di avere almeno “un posto in segreteria”, visto che quella corrente non è presente negli organismi che contano

È francamente triste, se non addirittura un po’ malinconico confrontare altre fasi storiche della vita politica italiana con quello che sta realmente capitando in questi ultimi tempi. Parlo, nello specifico, del ruolo e della funzione dei cattolici nella politica italiana. Certo, sarebbe del tutto inutile pensare di riproporre esperienze del passato nella concreta dialettica politica del nostro paese. Ma, per non ripercorrere le vicende di un tempo ormai antico, non possiamo non pensare anche solo a ciò che è capitato nel recente passato. Ad esempio, per fermarsi al campo del centro sinistra - che oggi è diventato di sinistra - sono lontani i tempi e soprattutto il ruolo che hanno avuto esponenti come Franco Marini e di molti altri leader cattolico popolari nel Pd sul versante del condizionamento politico, culturale e programmatico. Una stagione in cui la cultura, la tradizione e il pensiero dei cattolici popolari e sociali non erano una banale parentesi o un semplice inciampo nella vita del partito ma, al contrario, rappresentavano un asset costitutivo e qualificante della identità e del progetto complessivo del partito. Oggi, purtroppo e con molta tristezza, assistiamo alla “richiesta” della corrente popolare nel Pd di avere almeno “un posto in segreteria”, visto che quella corrente non è presente negli organismi che contano.

È abbastanza evidente che è persin inutile qualsiasi commento al riguardo. Da componente costitutiva e decisiva per la nascita di un partito e il decollo di un progetto politico, a comparsa che rivendica almeno la presenza di un esponente di quella piccola corrente nelle stanze che contano. Ma, al di là di questo triste ed oggettivo epilogo, è del tutto ovvio che il tema della presenza politica dei cattolici – o, meglio ancora, dei cattolici popolari e sociali – non si può ridurre a mendicare qualche briciola all’interno dei singoli partiti. Qualunque sia il partito in cui si sceglie di militare o di portare la propria testimonianza.

Ora, però, seppur dando per scontato l’ormai acquisito e consolidato pluralismo politico dei cattolici, non possiamo non avanzare una semplice riflessione. E cioè, la presenza dei cattolici nella vita pubblica italiana non può ridursi all’arredo o all’ornamento. E questo perché questo storico filone culturale non è riconducibile né alla riproposizione della esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra nel Pci” degli anni ‘70 da un lato e né, sul versante opposto, ad una presenza puramente testimoniale e quindi politicamente sterile ed irrilevante. E, purtroppo e come da copione, oggi assistiamo a questo mesto spettacolo. Al punto che gli stessi osservatori, anche se storici detrattori della presenza politica dei cattolici e quindi della Dc, del Ppi, del Ccd e della intera esperienza del cattolicesimo politico italiano, insistono a richiederne una nuova e rinnovata presenza attiva nella cittadella politica italiana per la loro specificità culturale e, soprattutto, per i valori che sono in grado di dispiegare concretamente.

Per questi semplici motivi siamo arrivati ad un punto di svolta, anche per il destino e la prospettiva della storia secolare e della presenza pubblica dei cattolici nella vita politica italiana. Semmai, occorre prendere atto che il ruolo, la presenza, la cultura, i valori e la tradizione del cattolicesimo popolare, sociale e democratico non possono più essere un banale arredo all’interno dei singoli partiti. Si può avere e giocare un ruolo significativo solo all’interno di formazioni politiche – in attesa che si affacci all’orizzonte un rinnovato e laico partito popolare e di ispirazione cristiana – che non sono politicamente o ideologicamente distinte, distanti o alternative rispetto all’esperienza storica dei cattolici impegnati in politica.

(da Il Riformista - 14 dicembre 2023)

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