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APPUNTI DI VIAGGIO: TASIILAQ E LA GROENLANDIA ORIENTALE

 

di Fabiano D'Arrigo

 

foto di un paese

 

Domenica 9 luglio 2023 è una giornata afosa: il termometro sfiora i 35 gradi centigradi.

Insieme a mia moglie Donatella, inizio un viaggio alla volta della Groenlandia Orientale per incontrare a Tasiilaq Robert Peroni e il popolo Inuit.

Il viaggio è per eccellenza la metafora della vita. Esso diviene motivo d'incontro con l'altro, nonché occasione di conoscenza della diversità. Il viaggio è un continuo camminare; un andare oltre fino a raggiungere il traguardo di una perfezione possibile, fino ad incontrare Colui che dà senso allo stesso esistere.

Questi, più o meno, i miei pensieri durante il volo dall'Italia alla Groenlandia. Oltre al desiderio di rivedere Robert Peroni (un primo fugace incontro con lui risaliva -se ricordo bene- all'estate del 1998), la popolazione locale e la maestosa e selvaggia Kalaallit Nunaat ovvero la Terra degli Uomini.

Robert Peroni, scrittore, esploratore ed alpinista altoadesino, vive a Tasiilaq (letteralmente qualcosa che ricorda un lago) nell'impervia Groenlandia Orientale dove approda nel 1980. Qui incontra gli Inuit, se ne innamora, ne conosce l'emarginazione, supporta i nativi, acquista nel 1992 una casa, la Casa Rossa, che da centro di assistenza per giovani Inuit diviene ben presto un albergo diffuso proprio per dare opportunità di lavoro e di integrazione agli Inuit in difficoltà.

Peroni, sempre sulla breccia benché cagionevole di salute, è convinto che la popolazione Inuit (letteralmente uomo) viveva grazie al proprio lavoro di caccia e di pesca, affrontava senza lamentarsi le difficoltà di un ambiente duro ma non ostile, intravedeva un futuro possibile nel rispetto delle sue tradizioni. Infine non conosceva e non praticava la guerra: infatti il popolo Inuit, ad oggi, non ha mai combattuto una guerra. Ribadisce che il termine eschimese (letteralmente mangiatore di carne cruda o fabbricante di racchette da neve) è considerato dispregiativo e non andrebbe usato.

Purtroppo, a causa dello sfruttamento delle risorse naturali da parte delle multinazionali occidentali e soprattutto a causa dei divieti e delle limitazioni alla pesca e alla caccia delle foche, delle balene e degli orsi, la popolazione locale -secondo Peroni- è stata privata di ogni forma di sostentamento, della speranza di futuro e costretta a subire l'assistenzialismo statale danese.

"Gli Inuit -afferma Peroni- avvertono che la loro civiltà è giunta al capolinea. Una cieca pulsione autodistruttiva li sospinge verso l'alcool e il suicidio".

Ecco le perniciose conseguenze di una parossistica "cultura" ambientalista occidentale.

Allora è importante un recupero sociale attraverso nuove opportunità di lavoro nei settori del turismo e dei servizi, nel rispetto della tradizione.

A Tasiilaq la temperatura estiva è gradevole. Incontro famiglie a passeggio lungo le strade; bambini che giocano liberamente all'aria aperta, salutano festanti e si lasciano fotografare: la loro custodia è affidata al villaggio e non solo ai genitori.

Nei pomeriggi del lungo giorno di luce, che dura da aprile ad agosto, presso il campo di erba sintetica si consumano interminabili partite di calcio... poi intorno alle ore ventuno sulla cittadina cala il silenzio.

Accompagnato dalla dirigente faroense, visito la locale istituzione scolastica. Qui gli alunni studiano tre lingue: inuit, danese ed inglese. L'istruzione è fondamentale per l'emancipazione degli Inuit.

Osservo anche una dispersione dei rifiuti (che sono prodotti dal modello della società consumista occidentale) nell’ambiente: lo smaltimento degli stessi è un problema ancora aperto.

Martedì 11 luglio risalgo il fiordo di Angmagssalik fino al fronte del ghiacciaio Rasmussen. Il fiordo è costellato da enormi iceberg piuttosto squadrati e geometrici e dal altri più piccoli e sinuosi. Riflettono le loro forme nelle acque del mare che all’orizzonte si unisce al cielo.

Il fronte glaciale è imponente: una muraglia di ghiaccio, dalla quale di tanto in tanto cadono blocchi di ghiaccio. Ammiro in silenzio la natura e penso ai possibili effetti dei cambiamenti climatici.

I resti di una base militare americana presso il ghiacciaio ricordano le ferite subite dai popoli durante il secondo conflitto mondiale.

Venerdì 14 luglio circumnavigo l’isola di Angmagssalik da est verso ovest. Giungo a Tiniteqilaaq: un piccolissimo villaggio in testa all’isola sul fiordo di Sermilik. Non ci sono strade, ma solo sentieri. Emergono tra le piccole case di legno la scuola e la chiesa.

Nel 2009 un nativo di Tiniteqilaaq denunciò di essere stato ostacolato da una nave di Greenpeace        durante la caccia alle foche nel fiordo. L’associazione ambientalista negò il fatto. Ma lo scollamento fu evidente e lo è tuttora.

Discendendo il fiordo di Sermilik, adornato di iceberg che riflettono la luce solare, avvisto alcune balene che sembrano danzare attorno alla barca. Si avvicinano e poi si allontanano, forse sono quattro.

“Quanto sono numerose le tue opere Signore! Ecco il mare, grande e immenso” recita il Salmo 104. Chissà se una tale bellezza sarà custodita per le generazioni future? Spero proprio di sì.

Sabato 15 luglio saluto Robert Peroni.

“Dopo una settimana qui -ricorda Robert- l’uomo occidentale riesce a capire un po’ di più il senso della vita. In Europa e negli Stati Uniti si corre, si insegue la crescita. Qui non c’è la crescita, qui basta vivere, si accetta la vita e basta. E questo vuol dire una pace interiore”.

E ancora: “Venite a trovarci, però non tutti. Vengano quelli che hanno voglia di sapere un po’ del sapore della vita, del gusto di vivere, del gusto di ridere, del gusto del sole. Qui non c’è l’evento, non c’è la grande festa. Qui la festa siamo noi”.   

In Italia di nuovo caldo ed afa. Ma il “sapore della vita” ed il ”gusto del sole” sono la ricompensa del viaggiatore aperto alla scoperta e alla contemplazione.

 

foto di persone

 

Lucca, 10 settembre 2023

 

 

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