logo Fucinaidee

La cronaca giudiziaria italiana: caccia alle scandalose assoluzioni (e mai condanne) senza leggere le sentenze

di Gian Domenico Caiazza

Da alcune settimane due sentenze del Tribunale di Roma in materia di violenza sessuale (collegio di sole donne) sono diventate, nei media e sui social, motivo di scandalo. Secondo questa indistinta cagnara di parole in libertà, le giudici avrebbero assolto gli imputati in un caso perché il palpeggiamento sarebbe “durato solo dieci secondi”, ed in un secondo caso perché la vittima era “una complessata” in ragione del suo fisico non esattamente longilineo.

Ho letto con attenzione le due sentenze e – ovviamente – non ho trovato traccia in esse né dell’uno, né dell’altro sproposito. Si tratta di due sentenze molto articolate, molto dettagliate nella ricostruzione della prova, tecnicamente molto ben scritte. Condivisibili o meno è altro discorso, ci penserà la Corte di Appello a stabilirlo.

Nel caso dei “dieci secondi” la sentenza, nella ricostruzione minuziosa della prova dibattimentale, si limita a riportare tra virgolette null’altro che le testuali parole della denunziante. Il Tribunale riconosce senza esitazioni la piena credibilità del racconto della ragazza e la oggettiva sussistenza di una condotta materiale di violenza sessuale. Ciò che la sentenza non ritiene sufficientemente provata è la volontà del bidello di compiere non uno scherzo di pessimo gusto – come da lui sostenuto – ma un atto di “concupiscenza sessuale”, come si suole dire in giuridichese.

E tanto afferma sulla base (oltre che di consolidata giurisprudenza della Suprema Corte) di numerosi elementi circostanziali ricostruiti dai testimoni (abituale comportamento del bidello, accadimento del fatto in luogo pubblico ed in presenza di decine di persone, modalità del “sollevamento da terra” della ragazza etc). Tra queste articolate ragioni, ovviamente, rientra anche la natura “fugace” del toccamento, da sempre in giurisprudenza potenzialmente sintomatico di una assenza di volontà concupiscente.

Nell’altra sentenza, invece, leggiamo una impietosa ricostruzione di testimonianze di colleghi e colleghe di lavoro che letteralmente demoliscono la versione fornita dalla parte offesa, indicata anzi come essa esplicitamente attratta sessualmente dall’imputato. Una debacle processuale della querelante, quasi a giustificare la quale il Collegio azzarda una qualche spiegazione (“probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico”); forse – azzardo – per salvarla da conseguenze più severe (trasmissione degli atti alla Procura per calunnia), non certo per motivare l’assoluzione!

Morale della favola? Questo è il livello e la qualità della cronaca giudiziaria nel nostro Paese, alla famelica caccia di scandalose assoluzioni (mai di scandalose condanne), per aizzare indignazione, viralità sui social, kermesse forcaiole, numero di lettori e di like, senza sentire non dirò il dovere, ma almeno il decoroso bisogno di leggere un rigo delle sentenze sulle quali si vomita fango.

(da Il Riformista - 5 agosto 2023)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina