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Questo salario minimo non funziona. Il Campo largo punta sui 9 euro ma dalla Cisl all’Osce fanno notare gli errori

di Aldo Torchiaro

Servono dati e attenzione ai contratti

Con l’astensione della maggioranza in Commissione Lavoro a Montecitorio il testo sul salario minimo delle opposizioni diventa il testo base sul quale sarà incentrato il confronto in aula. Il termine per la presentazione degli emendamenti scade venerdì alle 12. Tutti gli esiti sono aperti. E mentre il ritrovato Campo largo – da Schlein a Calenda, Fratoianni, Bonelli, Magi e Conte – continua a difendere come sua bandiera quella dei 9 euro per tutti, la voce scettica di qualche esperto si fa sentire. Numerosi economisti, i centri studi, le università, l’intera Cisl sono schierati contro la misura dei 9 euro.

Il dibattito si avvale del warning di Roberto Perotti e Tito Boeri. “Bisogna andare al di là degli slogan, perché il diavolo sta nei dettagli”, scrivono su Repubblica. E vanno dritti al dettaglio che non torna. “Il problema centrale è stabilire il livello di questo salario minimo. È una scelta complessa che non può che essere fatta se non sulla base di dati approfonditi”. È quanto ribadisce con noi il professor Boeri. “Il salario minimo va pensato con un certo metodo. Che in Europa è basato sulla consultazione di tutti i dati possibili in termini di salario, contribuzione, prezzi al consumo e per calcolare i salari reali, l’inflazione”, dice al Riformista il professor Tito Boeri. “Serve un confronto serio e non una corsa a fare dichiarazioni, come invece si sta vedendo”, aggiunge l’economista.

L’introduzione del salario minimo va sotteso a uno studio attento. E quando arrivano i dati Osce che pubblica Il Sole24Ore, è più chiaro per tutti di cosa si stia parlando: di capire meglio come si deve far fronte a una crisi di erosione salariale che i 9 euro non intaccano, né risolvono. I dati Ocse parlano di un Italia che registra il più forte calo dei salari reali tra le economie dell’area Ocse. L’impennata dell’inflazione si è abbattuta pesantemente sui salari: se quelli nominali non hanno avuto una crescita corrispondente, i salari reali (dunque il potere d’acquisto) segnano il passo, scendendo in tutta l’area Ocse e maggiormente in Italia.

Il calo dei salari reali è stato nel nostro Paese del 7,5%, contro una media Ocse del 2,2%. “Sarà decisivo il ruolo della contrattazione collettiva per poter mitigare la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori e al tempo stesso garantire una più equa distribuzione dei costi dell’inflazione tra imprese e lavoratori, evitando una spirale prezzi-salari”, osserva Andrea Garnero, economista Ocse e tra gli estensori dello studio. La stessa posizione della Cisl, che con il segretario generale Luigi Sbarra precisa: “Indicare una soglia di compenso minimo per legge ci espone a diversi rischi: la fuga di molte aziende dall’applicazione dei contratti, uno schiacciamento verso il basso della dinamica retributiva dei salari medi e soprattutto un espandersi del lavoro nero e del sommerso. La retribuzione non è fatta solo di compenso minimo – tiene a precisare Sbarra – occorre aggiungere tredicesime, ferie, tfr, maggiorazioni, lavoro notturno, previdenza complementare, sanità integrativa, formazione continua. Voci che solo il contratto è nelle condizioni di assicurare alle persone. Noi pensiamo che questo tema si possa affrontare con i contratti”.

Confindustria vuole andare al tavolo del salario minimo con la stessa cura dei dati e dei contratti che chiedono gli economisti più noti. “Nessuno racconta perché in Italia ci sono i salari bassi. Non ci sto a sentirmi dire che le imprese pagano poco. Se il riferimento è a 9 euro lordi all’ora di salario minimo, tutti i contratti di Confindustria sono superiori. Il contratto nazionale dei metalmeccanici, per esempio, è di quasi 11 euro lordi. È evidente che c’è qualcuno che paga molto meno, considerando i dati Ocse che indicano un calo del 7,5% a fine 2022. Sappiamo dove accade? Sì: commercio, servizi, cooperative, finte cooperative. Non sono le imprese, che pagano sui salari tra le più alte tasse dell’Ocse. Da noi si pagano più tasse sul lavoro che sulle rendite finanziarie”, ha detto ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Il direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, il prof. Carlo Stagnaro, conferma i dubbi degli esperti: “La discussione sul salario minimo ha una dimensione di principio e una empirica.
Quella di principio riguarda la coesistenza tra un salario minimo stabilito per legge e la contrattazione nazionale. Quella empirica riguarda il livello del salario minimo: se troppo basso è inutile, se troppo alto rischia di distruggere occupazione (o, più realisticamente, incoraggiare il ricorso al nero). Un tema, questo, particolarmente sensibile in un paese caratterizzato da forti differenze nel costo della vita come l’Italia. Purtroppo la proposta di cui si sta parlando non affronta in modo sistematico queste questioni. È chiaro che l’intento dell’opposizione è quello di agitare una bandiera politica e trovare un argomento unificante: lo si fa, però, a scapito dei lavoratori e della qualità del dibattito pubblico, perché in questi termini la proposta non è solo irricevibile, è chiaramente dannosa”, conclude Stagnaro.

Il presidente del Centro Studi Autonomi e Partite Iva, Eugenio Filograna, è lapidario: “Il salario minimo proposto è inferiore ai contratti nazionali collettivi quindi è una grande sciocchezza anzi rischia di danneggiare contratti collettivi”. Per Confcommercio parla Donatella Prampolini: “Il nostro Ccnl è il più applicato nel terziario e che esso prevede trattamenti economici complessivi ben oltre la soglia dei 9 euro”.

(da Il Riformista - 13 luglio 2023)

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