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Breve commento

Addio ad Arnaldo Forlani. L'ex leader democristiano si è spento serenamente nella sua casa, a Roma, a quasi 98 anni.

Era nato a Pesaro l'8 dicembre del 1925. È stato uno dei massimi esponenti della Democrazia Cristiana, politico di rango che ha ricoperto diversi incarichi apicali non solo come segretario del partito scudo-crociato, ma anche nel governo.

Dopo essere stato per molti anni il principale collaboratore di Amintore Fanfani nella corrente politica "Nuove Cronache", la abbandonò agli inizi degli anni ottanta e diede vita con Antonio Gava e Vincenzo Scotti alla corrente "Azione Popolare" (o "Grande centro") alla fine di quel decennio.

Fu presidente e vicepresidente del Consiglio, ministro degli esteri, della difesa e delle partecipazioni statali. E' stato segretario della Democrazia Cristiana nel

quadriennio 1969-1973 ed in seguito nel triennio 1989-1992, gli anni del Caf, l'acronimo che giornalisticamente indicava il triangolo del potere politico costituito da Forlani insieme a Giulio Andreotti e Bettino Craxi. 

Ho avuto varie occasioni di incontrarlo negli anni ‘80.

Ricordo in particolar modo un suo lungo, appassionato ed articolato intervento al congresso DC del 1980, quello che vide la maggioranza costituirsi attorno al cosiddetto “preambolo” proposto da Carlo Donat-Cattin, che portò Flaminio Piccoli alla segreteria del partito, e la ripresa del rapporto con il PSI di Craxi, dopo la fase della solidarietà nazionale.

Operazione che portò Forlani alla presidenza del Consiglio, da cui si dimise – nel 1981 - quando scoppiò il caso della loggia P2.   

   Mi piace ricordarlo con le parole di Pier Ferdinando Casini: “Ha servito la politica e non se ne è mai servito. Ha avuto grandi soddisfazioni nella sua vita pubblica e altrettante amarezze.

Ha affrontato il tutto con una profonda fede cristiana e con una grande umanità. Nei prossimi giorni ci sarà tempo per riflettere sul suo lavoro politico:

europeista, atlantista ha sempre difeso con forza la collaborazione tra DC e socialisti. È forse l'ultimo dei grandi protagonisti della Democrazia Cristiana della Prima Repubblica, a cui dobbiamo dire grazie e addio".

  Mentre sto per chiudere questo breve commento, apprendo dal Televideo che a seguito della scomparsa di Arnaldo Forlani è stato dichiarato il "Lutto nazionale". Di conseguenza è stata disposta dall'8 al 10 luglio, l'esposizione a mezz'asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici dell'intero territorio nazionale". Questo è quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi. Le due bandiere resteranno a mezz'asta anche nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all' estero. Le esequie di Stato verranno celebrate il 10 luglio, giornata di lutto nazionale.

  Per i lettori di Fucinaidee, propongo questo profilo di Arnaldo Forlani, scritto da Paolo Costa. 

Paolo Razzuoli

 

 

ARNALDO FORLANI - Il "pompiere" della DC, l'uomo di governo che cuciva e mediava

 

di Paolo Costa

 

Arnaldo Forlani ha attraversato tutta la storia della Prima Repubblica e della Democrazia Cristiana, incarnando più di tanti altri la quintessenza del partito

scudocrociato. E’ sempre stato, naturalmente, al centro del centro: inventore di formule buone per governare Balena Bianca e Paese, pronto alle scalate

ma pure a defilarsi o a dimettersi, perennemente in navigazione sfidando le onde e sempre riemergendo dalle immancabili burrasche.

Arnaldo Forlani, classe 1925, ha chiuso con la politica nel ‘94, scalzato prima dalla mancata elezione quirinalizia e poi da Tangentopoli, potendo vantare (ma il verbo non gli s’addice) nove legislature parlamentari, due periodi da segretario Dc, diversi mandati ministeriali e un incarico da Capo del governo. Sembrava esistere da sempre e destinato a durare in eterno.

E’ stato leader senza la preoccupazione di dover apparire. Un po’ per carattere, soprattutto per la situazione. Non c’erano media e social, contavano tessere e congressi. E lui aveva la capacità di destreggiarsi tra le correnti, riuscendo a mantenersi sempre sulla cresta dell’onda. Lo definirono “Il pompiere” per la sua attitudine, assolutamente democristiana, a orchestrare alleanze anche impensabili. Cuciva e mediava e se si presentava l’occasione eccolo pronto a salire sul ponte di comando. Disse una volta Antonio Gava a Bruno Vespa: “E’ difficile capire quando Arnaldo vuole una cosa e quando no”. Era il ’92 e candidati alla Presidenza della Repubblica erano Forlani e Andreotti, una sfida

tra amici (nel senso democristiano del termine). “Non si capiva”. Non che questa fosse una prerogativa di Forlani, ma il nostro in quest’arte sicuramente

eccelleva.

Gianfranco Piazzesi, riprendendo un personaggio bacchelliano, lo definì “Coniglio mannaro”: dalle apparenze innocue, un misto di morbidezza e dolcezza,

pronto però a mordere e a conquistare un traguardo. Le sue svolte sono storiche. Cresciuto nell’alveo fanfaniano, fu il regista del patto di San Ginesio

che nel ‘69 diede il potere ai quarantenni suscitando l’illusione che la prima generazione democristiana (Fanfani compreso) fosse finita in soffitta. Divenne

segretario per un quadriennio in cui successe di tutto: legge sul divorzio, scioperi, inizio degli anni di piombo. Preoccupato per la tenuta della Dc,

nell’autunno ’70 organizzò un grande convegno su Romolo Murri. Fu il tentativo di sottolineare l’urgenza della laicità in un partito ancora condizionato

dall’integralismo fanfaniano.

Qualcuno dirà che sono problemi di un tempo ormai lontano. Ma Forlani aveva uno sguardo proteso al futuro e probabilmente già allora stava prefigurando altre novità che in nuce anticipavano quella del 1988, quando avrebbe fondato la corrente di Azione Popolare (il “Grande Centro” contrapposto alla sinistra), probabilmente l’embrione del più recente polo di centrodestra (valutazione questa credo assai discutibile - ndr.). Nel 1973, con il patto di Palazzo Giustiniani, si materializzò la disillusione dei quarantenni e Fanfani tornò in auge, spalleggiato da Moro. Per Forlani e De Mita iniziò un periodo di “quaresima” (cit. fanfaniana) culminato nella sconfitta congressuale del ’76 (Zaccagnini segretario col 51,5 % contro Forlani al 48,5 %).

La fine della solidarietà nazionale fu certificata nel 1980 dal cosiddetto “preambolo” (altro termine riesumato dal vocabolario Dc) che sanciva l’alleanza

tra le correnti e portò Forlani alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. E anche stavolta la Storia non fu tenera col governo. In pochi mesi si susseguirono

il terremoto in Irpinia, l’attentato al Papa, il referendum sull’aborto e la scoperta degli elenchi della loggia massonica P2, che costrinse il premier

alle dimissioni. Gli anni ’80 videro contrapposti gli antichi gemelli di San Ginesio: De Mita segretario e premier e Forlani, che sarebbe tornato segretario

tra il 1989 e il 1992, a coltivare l’asse con Craxi culminato nel “CAF” (l’accordo Craxi, Andreotti, Forlani detto anche “patto del camper” dal luogo in

cui venne siglato).

Le elezioni alla Presidenza della Repubblica frantumarono anche il legame tra Andreotti e Forlani ma ormai si era all’inizio della fine, propiziata dai

magistrati del pool di Mani pulite. Di Pietro fu particolarmente aggressivo con l’ex segretario Dc, che viene ricordato con la bava alla bocca a ripetere

troppi “non ricordo” e “non so” di fronte all’incalzare delle domande del PM.

In effetti Forlani non si occupava dei conti del partito e fu condannato a due anni e quattro mesi sulla base dell’assurdo principio che non poteva non

sapere. Superò poi con formula piena gli altri processi in cui venne coinvolto, ma nel frattempo aveva già deciso di dare l’addio alle istituzioni e la

sua uscita di scena contribuì a caratterizzare un cambiamento d’epoca. Oggi viviamo in tempi in cui la politica o non interessa o sembra attrarre troppi

esibizionisti, millantatori e pifferai magici. Figure come quella di Forlani, più attente alla sostanza che all’apparenza, appaiono superate e vengono

presto dimenticate.

 

(da www.ilsussidiario.net – 7 luglio 2023)

 

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