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IL 25 APRILE: UNA FESTA DI TUTTI GLI ITALIANI.

 

Di Fabiano D’Arrigo

 

In Italia il 25 aprile si celebra la liberazione dal totalitarismo nazifascista; si ricorda la Resistenza, quella militare e quella civile, fatta da donne e da uomini di diverso ceto sociale, di diverso credo religioso, di diversa opinione politica, che a loro modo furono "nazione e popolo" e costruirono l'Italia attuale aperta all'Europa.

Dalla Resistenza nasce la Costituzione repubblicana italiana. E la Resistenza è a ragione l'anima antifascista della Costituzione repubblicana.

Piero Calamandrei in un celebre discorso del 26 gennaio 1955 sostiene che la Costituzione è nata "nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, ... col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione".

Nello stesso discorso Calamandrei afferma ancora: "Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione... dovete vedere giovani... caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta".

E così vengono pensati e scritti gli articoli 1, 2, 3, 11 della Costituzione, che riconoscono la sovranità popolare, i diritti inviolabili dell'uomo, l'adempimento dei doveri, la pari dignità sociale, il ripudio della guerra (articoli dei quali Giorgio La Pira, il "sindaco santo", fu uno degli ispiratori).

La lotta resistenziale più volte viene valorizzata in libri, in interviste, in interventi da Aldo Cazzullo.

Cazzullo vede l'esperienza resistenziale in continuità con quella risorgimentale, alle quali non furono estranee le masse popolari: cattolici, liberali, laici, comunisti, socialisti.

"Non è vero -dice Cazzullo- che il popolo è assente dal Risorgimento: nel 1848 insorgono tutte le città italiane, da Palermo a Osoppo, e in particolare le città padane. E non è vero che la Resistenza è 'una cosa di sinistra': la fecero per primi i militari, dai 5000 fucilati di Cefalonia alle migliaia che morirono nei lager tedeschi pur di non andare a Salò; e poi monarchici, aristocratici, contadini, liberali, cattolici, civili. E certo, anche i comunisti. Ma non da soli. La Resistenza, come il Risorgimento, rappresenta un patrimonio di tutta la nazione".

Soprattutto nel volume " Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della Resistenza" Cazzullo dimostra che la Resistenza non è il patrimonio di una fazione, ma un patrimonio della nazione.

Storie di suore che salvano la vita agli ebrei, storie di sacerdoti che scelgono di morire con i parrocchiani per accompagnarli davanti al Signore, storie di alpini che rifiutano di arrendersi ai nazisti, storie di carabinieri che si fanno uccidere per salvare gli ostaggi manifestano che la Resistenza non è stata 'una cosa di sinistra': fazzoletto rosso e Bella ciao, che la Resistenza non è stata fatta dai soli partigiani, che le persone comuni furono protagoniste dell'esperienza resistenziale.

“La Resistenza -afferma Cazzullo- è stata fatta dai partigiani tra cui c’erano, ad esempio, comunisti, cattolici, monarchici, socialisti, giellisti e tanti ragazzi senza una precisa ideologia”. E poi “da sacerdoti, suore, alpini, dai 600 mila internati in Germania, da carabinieri, da donne”. E ancora: “La Resistenza non deve essere patrimonio di una fazione ma di una nazione, non deve appartenere a un partito ma a tutta la comunità nazionale”.

Cazzullo è consapevole che l’intervento degli Alleati è stato essenziale per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo; ma il contributo resistenziale, pur con le sue pagine nere e i misfatti compiuti dai partigiani che vanno denunciati perché i responsabili di ciò hanno tradito gli ideali della grande maggioranza dei resistenti, è stato significativo e indispensabile per la nascita dell’Italia repubblicana e democratica; perciò ogni equiparazione revisionistica tra i resistenti e i ragazzi di Salò appare anacronistica.

Le memorie più o meno condivise della guerra civile e della Resistenza non devono esacerbare gli animi, né innescare polemiche sterili, piuttosto devono spronare ad un progresso sociale e ad una rispettosa dialettica democratica.

“Nelle lettere dei condannati a morte della Resistenza -osserva Cazzullo- non troviamo quasi mai parole di odio per i carnefici. Troviamo, invece, parole di perdono e di riconciliazione… non è stato inutile far rinascere la libertà, la democrazia in Italia. E se la nostra Costituzione ce la siamo scritta noi… è anche grazie al fatto che c’è stata la Resistenza”.

Ad esempio in una sua lettera il capitano dell’esercito Franco Balbis, fucilato dai fascisti, scrive: “Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero”.

E il sacerdote lucchese don Aldo Mei in una delle sue ultime lettere proclama: “Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio io che non ho avuto vivere che per amore! Deus Charitas est e Dio non muore. Non muore l’Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro…. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati”.

Allora questa potrebbe essere la conclusione condivisa da tutti: il 25 aprile resta sempre una ricorrenza fondamentale per l’intero popolo italiano; ricorrenza che non può essere strumentalizzata per scopi partigiani e la cui sottovalutazione allontana dalla comunità statuale democratica.

 

Lucca, 23 aprile 2023

 

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