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Breve commento introduttivo

mi pare che ci sia del buono nelle recenti esternazioni di Carlo Bonomi, neopresidente di Confindustria. Mi pare infatti che, nella più totale povertà del dibattito pubblico, egli stia cercando di far sentire la propria voce per portare l'attenzione sul nodo vero che il Paese dovrà sciogliere: cioè porsi l'interrogativo se vorrà avere un futuro e su come questo futuro intende costruirlo.
E' inutile girarci attorno, sui grandi temi il dibattito è assente, stretti come siamo nella gestione del presente. Varie volte ho usato l'espressione "dittatura del presente" per indicare una politica priva di orizzonte, interessata al dividendo elettorale immediato, guidata da pulsioni populiste. Tutto il contrario della ricerca di quello sforzo elaborativo necessario per immaginare una visione strategica del paese che guardi non alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni.
Ho posto questi temi con forza, anche nel mio recente articolo intitolato "Rassicurare sul presente e progettare il futuro"; mi fa piacere che la stessa tematica venga posta all'attenzione del Paese da una figura di riferimento così importante qual è il presidente di Confindustria.
E si badi bene, non si tratta certo di accondiscendenza nei confronti di una parte: premesso comunque che immaginare una "politica industriale" non si identifica certo con l'immaginare una "politica per gli industriali", a chi dovesse arricciarsi il naso dico che è l'ora di farla finita con il giudicare le proposte in base a chi le avanza e non al loro contenuto.
In questo mare morto del dibattito politico italiano e in questo smarrimento generale dell'opinione pubblica, sia il benvenuto chi sarà capace di dare uno scossone. E speriamo che sia uno scossone vero: uno di quelli che lasci il segno.
Nessuno può dire come si evolverà la vicenda italiana, soprattutto dal prossimo autunno, quando i nodi verranno brutalmente al pettine ed il sistema sarà a rischio implosione. Naturalmente tutti dobbiamo augurarci che le cose vadano nel migliore dei modi ma, anche nello scenario migliore, il Paese non potrà sottrarsi dall'interrogarsi sui propri orizzonti. Un appuntamento che non potrà prescindere da un quesito di fondo: il Paese deciderà di imboccare la strada dello sviluppo e della competitività mediante una adeguata politica industriale, oppure prevarrà la perversa logica antiindustriale che fa capolino anche nelle forze di governo?

Paolo Razzuoli

Crescita felice - Bonomi apre il dibattito sul futuro dell’Italia, il sistema risponde con le solite polemiche da talk show

di Christian Rocca

L’intervista del neopresidente di Confindustria Carlo Bonomi a Repubblica ha fatto discutere per una frase non felicissima, (sarà ma sicuramente molto efficace NdR)«la politica dello struzzo alla lunga non paga e può fare peggio del Covid», cui si sono aggrappati molti dei responsabili delle politiche di decrescita di questi anni, in particolare quelli che stanno oggi al governo, per evitare di rispondere al ragionamento generale di Bonomi, che poi è quello centrale del nostro paese: «Bisogna puntare sulla crescita – ha detto Bonomi nell’intervista – sono venticinque anni che il nostro Paese perde produttività, allontanandosi sempre più dai concorrenti. E la crescita dipende anche da dove si allocano le risorse: da decenni si aumenta la spesa corrente (il dividendo elettorale) a scapito degli investimenti nelle infrastrutture, nella sanità, nell’innovazione e nella ricerca, nelle politiche per la sostenibilità ambientale e sociale, nelle politiche attive per il lavoro anziché annegarle nel reddito di cittadinanza o nei navigator».

La questione italiana è esattamente questa e ignorarla è pericoloso. Se non si affronta il tema degli investimenti strategici e si continua, invece, a sprecare denaro, peraltro non nostro, distribuendolo a pioggia per raccattare consensi elettorali, è improbabile che riusciremo a superare la crisi economica in cui ci troviamo.

 

Ora che arriveranno miliardi su miliardi dall’Europa, il cosiddetto «jackpot» secondo Dario Franceschini, come se avessimo vinto all’enalotto, un paese serio dovrebbe avviare un grande dibattito pubblico per capire come investire in modo strutturale il denaro messo a disposizione dalle istituzioni europee e per immaginare una visione strategica del paese che guardi non alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni.

Invece, niente. Solo inutili polemicucce politiche, anche dal giro di quel Partito democratico che negli ultimi dieci anni, con fortune e impegni alterni, è stato l’unico a farsi carico del sistema paese.

 

Ieri è intervenuto Romano Prodi, il quale ha bacchettato Bonomi sul Corriere della Sera a proposito della politica che rischia di fare più danni del Covid, dicendo che non ci sono solo gli interessi degli imprenditori, ma anche quelli dei bar, dei ristoranti e delle agenzie di viaggio, usando uno dei più classici argomenti fantoccio, straw man argument, perché il presidente degli industriali ovviamente non ha detto che bisogna fare investimenti infrastrutturali a discapito delle agenzie di viaggio. Prodi si è riscattato spiegando che sarebbe insensato non utilizzare i soldi messi a disposizione del Mes per ristrutturare il sistema sanitario, ma resta il fatto che il dibattito su come utilizzare in modo produttivo i soldi europei non è ancora partito.

Con questa politica che cerca il vantaggio immediato ed è fatalmente attratta da pulsioni populiste sia al governo sia all’opposizione, il cammino di Bonomi appare lungo e in salita. Ma va registrato che, dopo i balbettii degli ultimi anni, l’atteggiamento degli industriali italiani sembra quello che serve evidentemente i loro interessi ma anche quelli del sistema paese, senza grottesche genuflessioni al potere politico salvinian-grillino che dal 2018 lavora incessantemente per la decrescita.

Domani Bonomi dovrebbe reintrodurre nella governance di Confindustria il Consiglio direttivo composto da quindici membri scelti tra manager e imprenditori di grandi e medie imprese sia private sia pubbliche con spiccata visione internazionale e rinomata capacità innovativa (il Corriere ha fatto i nomi di Gianfelice Rocca, Alessandro Profumo, Claudio Descalzi tra i possibili partecipanti), certamente per rafforzare il suo peso specifico nelle sfide dei prossimi mesi sui diversi tavoli istituzionali, ma anche per indicare il metodo operativo di cui abbiamo più disperatamente bisogno in questo momento, quello di convocare le migliori intelligenze e le maggiori competenze di cui disponiamo per salvare il paese dal baratro economico, sociale e civile. Scorrendo molti dei nomi di chi siede nel Consiglio dei ministri, a cominciare dal presidente, purtroppo la politica continua ad andare nella direzione opposta.

(da www.linchiesta.it - 3 giugno 2020)

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