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Immigrazione: paura ed insicurezza alimentate dalla cattiva politica

di Paolo Razzuoli

Il tema dell'immigrazione è sicuramente al primo posto nelle valutazioni politiche degli italiani. E' quindi un tema estremamente sensibile, che assumerà un ruolo prioritario nel determinare le scelte elettorali alle prossime elezioni politiche. E' un tema di forte polarizzazione e radicalizzazione delle posizioni, mentre la sua complessità richiede riflessione, capacità di visione di prospettiva, equilibrio, scelte politiche intelligenti e lungimiranti.

Molti sono gli ordini di problemi richiamati da questa emergenza: la paura, la questione della sicurezza pubblica, la consapevolezza che un paese con una economia non prospera, diviso politicamente, soffocato da una burocrazia costosa ed invadente, non riesce a garantire condizioni di serenità per il futuro dei propri figli, figuriamoci come potrà garantire un futuro dignitoso per altri!!!
Qui non si tratta di mettere in discussione valori importanti, quali la solidarietà o l'umanesimo che contraddistingue la civiltà europea; qui si tratta di immaginare una politica che, contemporaneamente, sappia tutelare la sicurezza e la coesione nazionale con la capacità di offrire condizioni per un futuro dignitoso a coloro che accogliamo sul nostro territorio.
Credo di non dire niente di nuovo affermando che gli italiani non sono razzisti. Ciò non va confuso con l'accettazione delle scelte (o delle non scelte) che stanno punteggiando la politica immigratoria del nostro governo. Una politica che, per una sorta di eterogenesi dei fini, sta alimentando situazioni di disagio e di rifiuto anche in settori della popolazione tradizionalmente legati alla sinistra.
E' poi insopportabile un certo atteggiamento diffuso soprattutto nel mondo della sinistra, in parte del mondo cattolico e su molti media, che taccia di razzismo e/o di xenofobia tutto ciò che non è perfettamente allineato al loro pensiero "unico". Basta sollevare dubbi o porsi interrogativi per sentirsi apostrofare in malo modo con i peggiori epiteti oscurantisti, al limite della scomunica dal consorzio civile. Un atteggiamento sbagliato sotto ogni profilo, che anzitutto offende l'intelligenza di chi lo pratica, e che si tradurrà in una massimizzazione dei danni: non aiutare a costruire una vera politica di prospettiva sull'immigrazione, alimentare nel paese un clima di paura ed insicurezza che andrà ad alimentare il bottino elettorale dei partiti populisti e sovranisti.

Un richiamo particolare ai media, posto il ruolo che oggi ricoprono nella formazione dell'opinione pubblica. Spesso questi accreditano una visione irenica e un po' spensierata dell’immigrazione, tipica di un’élite, che dispone di redditi medio-alti, per cui gli stranieri sono colf a basso costo e chef di ristoranti etnici; tanto i figli vanno alla scuola internazionale, e i nonni nella clinica privata.

L’immigrazione può rivelarsi un sollievo per il sistema produttivo, ma comporta un prezzo, tutto a carico delle classi popolari, chiamate a combattere ogni giorno una guerra tra poveri per il posto all’asilo, il letto in ospedale, la lista d’attesa al pronto soccorso, e pure la casa e il lavoro.

Di questo una politica sensata e lungimirante deve farsi carico, salvo approfondire un solco invalicabile fra essa ed il sentire degli elettori, e dal montare di sentimenti quali la paura e l'insicurezza che porteranno al moltiplicarsi di episodi di disagio e di intolleranza.

La paura forse non è la più nobile delle attitudini; ma non è una colpa. Non va alimentata e strumentalizzata, come fa la Lega. Ma non va neppure negata e rimossa, come fa la sinistra e anche una parte del mondo cattolico. La paura si vince rimuovendone le cause. Oggi molti italiani hanno paura delle migrazioni non perché siano ostili alle persone dei migranti, ma perché vedono che l’emergenza è gestita male, e soprattutto non ne vedono la fine. L’impressione è che il governo e gli enti locali stentino a organizzare sia l’accoglienza, sia i rimpatri; e soprattutto non riescano a disegnare un orizzonte che dia ai cittadini quella sicurezza anche psicologica senza cui l’integrazione resta utopia. Il tentativo di coinvolgere l’Europa sta dando risultati più di facciata che di sostanza e l'Italia rischia anzi l'isolamento.

Vi è poi la dirimente questione della separazione fra profughi ed immigrati economici. Mentre è diffusa la consapevolezza della difficoltà di risolvere i conflitti che attanagliano le aree di instabilità nord africane e/o medio orientali da cui provengono gran parte dei profughi, non intravedono ancora né le regole né le azioni che consentano di salvare i profughi, sottraendoli ai trafficanti di uomini, e di selezionare all’origine i «migranti economici», distinguendo le figure professionali di cui l’Italia potrebbe aver bisogno dalla massa che andrebbe fermata o rimandata indietro.

Gli episodi di conflitto sempre più frequenti, ad esempio fra parroci che accolgono gli immigrati e sindaci che li respingono, non sono conseguenze del razzismo, ma dell’insicurezza, che cresce proprio perché nella discussione pubblica tale insicurezza non viene considerata, bensì liquidata con un’alzata di spalle o uno sguardo di commiserazione.

Certo, alle società un po' anemiche e anziane del nostro "Vecchio Continente" possono servire le energie fresche che salgono dalle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo. Ma non vi sembra cinica, quindi da rigettare, la logica di rimpiazzare con i nuovi venuti i bambini che gli italiani non fanno più, anziché sostenere la maternità o almeno mettere in condizione le donne di scegliere liberamente?

Anche sull’apporto dei migranti all’economia è nata una retorica, ad esempio ridimensionata sul Financial Times da Martin Wolf, editorialista britannico orgogliosamente figlio di profughi che così ci ammonisce: "per coprire i buchi del welfare e della previdenza l’Europa dovrebbe accogliere in pochi anni decine di milioni di stranieri. Che non sbarcano nelle vaste praterie deserte d’America, ma in Paesi - come il nostro - montuosi e densamente antropizzati, cioè popolati da secoli non solo dall’uomo e dalle sue opere ma da memorie e culture, retti su equilibri precari da ricostruire ogni volta".

Per concludere, mentre possiamo essere fieri del modo in cui molti italiani stanno reagendo, soprattutto grazie all'opera del volontariato laico e cattolico che sta facendo un grande lavoro, spesso sopperendo alle lacune della pubblica amministrazione, altrettanto non si può dire della politica e di ciò che riesce ad esprimere nell'azione dello Stato. Esso, insieme con gli altri Paesi europei, deve fare molto altro: alleggerire il peso che grava sulle nostre frontiere, organizzando il viaggio dei profughi e il respingimento dei clandestini; e far funzionare la macchina dell’integrazione, legando i diritti ai doveri, che comprendono la conoscenza e il rispetto dei nostri valori, a cominciare dall’uguaglianza tra uomo e donna. Forse don Abbondio aveva torto: il coraggio uno se lo può dare. A patto di rispettare la paura ed eliminarne le ragioni.

Se non si volterà pagina, gli effetti saranno dirompenti: non si garantirà alcun futuro dignitoso per gli immigrati, al di là di un breve tratto della loro vita tramite sussidi che inevitabilmente un giorno cesseranno; si alimenterà il clima di paura ed insicurezza fra la pubblica opinione, con il conseguente accrescimento di insofferenza verso gli immigrati; si alimenterà il bottino elettorale dei movimenti populisti e sovranisti, con le gravi e prevedibili conseguenze tanto sul fronte interno quanto su quello internazionale.

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Lucca, 14 agosto 2017

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