logo Fucinaidee

Andiamo a votare: e' un gesto di responsabilita' verso il nostro Paese

di Paolo Razzuoli

Ormai ci siamo. fra pochi giorni si svolgera' un turno elettorale fra i piu' delicati della storia recente del nostro Paese. Elezioni che, al di la' di una campagna elettorale rumorosa e noiosa, vengono vissute - da una sempre piu' ampia fascia di cittadini - con indifferenza e disincanto.
"E' inutile andare a votare, tanto sono tutti uguali". E' un ritornello che si sente spesso, nelle conversazioni fra le persone, soprattutto fra i piu' giovani fra i quali la sfiducia nel futuro e' al livello di guardia.
Ormai la fiducia nella classe politica e' ai minimi storici, e investe ogni strato della societa' civile, attecchendo anche in settori che sino a pochi anni fa mostravano ancora interesse e voglia di partecipazione alle battaglie politiche.

Naturalmente si tratta di un distacco e di una sfiducia ampiamente motivate, da una politica declinante, da una corruzione che sembra non avere limiti. I recenti fatti di vari governi regionali, di Monte dei Paschi e di Finmeccanica ne rappresentano solo gli ultimi esempi. Aggiungendo poi la limitazione dei margini di scelta, legati ad una legge elettorale che fa del Parlamento un organo di nominati anziche' di eletti, il quadro e' completo.

Eppure, mai come ora c'e' bisogno di politica. E' proprio nei momenti di crisi che le societa' sono chiamate a porsi domande e a trovare risposte riconducibili alla sfera della politica: naturalmente alla politica intesa come capacita' di visione e di progettazione, non certo di rampantismo o affarismo. Proprio la crisi, che non e' ovviamente solo italiana ma che qui assume contorni particolari, impone alla societa' nel suo complesso la capacita' di sapersi interrogare sulle cause del declino, quale presupposto per individuare la terapia piu' appropriata per neutralizzare le tossine che stanno ammorbando il nostro tessuto sociale. Occorre di questo prendere coscienza, coerentemente con quanto emerge nelle analisi di molti istituti di indagine sociologica, che individuano proprio nella dimensione etica e nella caduta del senso di coesione nazionale, il fattore primario della fase di smarrimento in cui siamo immersi.
Problemi estremamente complessi, che interpellano tutti all'assunzione di un nuovo senso di responsabilita', che esigono quindi la capacita' di sapersi mantenere ben distinti e distanti da certe facilonerie e populismi che quotidianamente sentiamo anche in questi giorni.

Le scorciatoie non servono, cosi' come non servono i consueti scarica-barile su altri, tanto diffusi sotto l'italico cielo: "la crisi c'e', ma la colpa e' sempre di qualcun altro".
La societa' italiana ha bisogno di un ripensamento non epidermico, che investe ogni suo strato, che metta la parola fine alla stagione dei "furbi e furbetti", che sappia affrontare e sconfiggere l'attuale disordinato assetto, in gran parte frutto del peso di lobbyes e corporazioni.
Cio' che serve, e' una stagione di riflessione profonda sul nostro essere comunita' nazionale, nell'ottica di una vera e propria rifondazione dello Stato, mediante un nuovo patto fra le componenti della societa' civile e fra questa e la propria classe di governo. Una nuova stagione costituente insomma, praticabile solo grazie al piu' ampio coinvolgimento possibile delle forze politiche e sociali che, pur nella fondamentale diversita' di visione, sappiano ritrovarsi attorno alla riscrittura delle regole nelle quali ciascuno potra' giocare la propria partita, senza delegittimare l'avversario. In questa prospettiva la recente storia nazionale ci ha offerto un esempio mirabile con la Costituente in cui, forze portatrici di visioni antagoniste, hanno saputo comunque trovare il modo di scrivere una fra le piu' ammirate Costituzioni della contemporaneita'.

IL primo passo in questa direzione e' quello di recarsi alle urne, per esercitare il fondamentale diritto della democrazia: il diritto di voto. Rinunciarci serve solo ad aiutare coloro che pensano soltanto al mantenimento dei propri privilegi di casta.
Voto che non dovra' esaurirsi in una delega in bianco, ma che dovra' costituire il primo passo verso il recupero dell'impegno partecipativo della societa', unico antidoto efficace per ricondurre la politica nel corretto suo alveo.

Pur non volendo dare alcuna precisa indicazione di voto, Nessun endorsement insomma, alcuni Si' ed alcuni No potranno guidarci nella nostra scelta.

Anzitutto No a chi urla il suo cocktail fatto di slogan vuoti, volgari e populisti nelle piazze. Non serve gente che urla sciocchezze: serve gente che pensa in una logica di contesto complessivo della societa' nazionale. Di gente che ha urlato e si e' sbracciata nelle piazze italiane gia' ne abbiamo avuta: gli esiti sono noti.

No a chi cerca di illudere gli italiani con i fuochi d'artificio di promesse sensazionali che mai potra' mantenere, soprattutto quando queste promesse provengono da coloro che, avendo avuto per molto tempo responsabilita' di governo, non hanno mai dato seguito ad alcun impegno elettorale su cui hanno ripetutamente ottenuto ampi consensi.

No ad ogni forma di estremismo, frutto di esasperazioni ideologiche, che ora come sempre sono gravide di inquietanti conseguenze.

Si' invece alle proposte riformiste, che non vogliono illudere gli elettori con alcun "libro dei sogni", che prendono le mosse da una analisi realistica della nostra situazione, e che propongono un percorso concreto per cercare di creare nuove opportunita' di crescita in un quadro di solidarieta' sociale.

Si' a chi e' consapevole della centralita' dei temi del lavoro e della crescita, tenendosi lontano tanto da ridicoli slogan che da rigidita' frutto di una impostazione ideologica ormai insostenibile. Lavoro e crescita che potranno realizzarsi solo mediante la ripresa della competitivita' del sistema Italia, rimuovendo le cause strutturali che stanno mortificando l'apparato produttivo, in un quadro di solidarieta' sociale ma con la consapevolezza che l'equita' nella ridistribuzione del reddito presuppone che primariamente venga prodotto.

Si' a chi attribuisce priorita' assoluta ad un nuovo patto generazionale, che favorisca il futuro ai nostri giovani, rompendo quel perverso circolo vizioso che ha visto scaricare sulle loro spalle i costi di una societa' vissuta al di sopra delle proprie possibilita'. Un patto che presuppone altresi' un serio intervento in ambito scolastico e formativo, per rendere la scuola coerente con le esigenze di giovani chiamati a misurarsi nell'ambito della competizione globale.

Si' a chi ha coscenza che nel mondo globalizzato in cui viviamo, la dimensione europea non e' una semplice opzione, bensi' l'unica seria strategia capace di assicurare un ruolo a noi europei, in un mondo che sta vertiginosamente cambiando. Cio' non significa ovviamente non lavorare tenacemente per un'Europa diversa, capace di imboccare la strada di una vera integrazione politica, attenta ad un piu' equo equilibrio fra gli interessi delle varie sue aree. Ma attenzione a coloro che si fanno paladini degli egoismi nazionali: e' questa una delle piu' insidiose forme di autolesionismo.

Si' a coloro che mostrano capacita' di elaborazione politica, consapevoli che i tempi che viviamo, resi convulsi da una evoluzione che si muove con una velocita' sconosciuta ad ogni precedente esperienza storica, richiedono la messa in campo di strumenti nuovi, frutto di un rinnovato pensiero politico ed economico, posto che scenari profondamente diversi dal passato non possono essere guidati da modelli di pensiero elaborati per contesti ormai completamente superati.

Si' a coloro che - sulla base di comportamenti veri e non di promesse elettorali - possono offrire qualche speranza per una nuova stagione di rilancio democratico, nella quale trovino il giusto ruolo partiti veri, non leaderisti, necessari quali strumenti di dibattito politico e di selezione della classe dirigente che trovi la sua legittimazione nel territorio e non nella volonta' del feudatario di turno.

Si' a chi e' politicamente e culturalmente attrezzato per una autentica stagione di confronto, richiesto dalla straordinaria emergenza del momento, e dalle sfide ineludibili delle profonde riforme che il nostro Paese dovra' affrontare per riprendere un cammino di crescita.

Si' e No che non indicano, ne' peraltro vogliono indicare, una scelta netta, ma che disegnano un perimetro, a mio modo di vedere assai chiaro, degli ambiti in cui penso possa essere compiuta la scelta di voto di cui l'Italia ha bisogno.

Con queste consapevolezze il 24 o 25 febbraio rechiamoci alle urne per compiere un gesto di per se' semplice ma di grande responsabilita' verso il nostro Paese: facciamolo questo gesto, pensando soprattutto al futuro delle nuove generazioni.

Elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. come si vota

Lucca, 19 febbraio 2013

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina