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Anche a Lucca e' bufera nel mondo della scuola a causa della diffusa contestazione dei provvedimenti del Ministro della P.I. Maria Stella Gelmini.
Non mi indugio sulla cronaca di cio' che e' successo nelle scuole, un po' ovunque, poiche' ampio resoconto ne e' stato fatto su tutti i mezzi di informazione.
Ne' voglio indugiare sulla strumentalizzazione che la sinistra sta facendo della vicenda: un copione anche questo assai noto, che ciclicamente si ripete ormai da quarant'anni.
Voglio soltanto far osservare che, chi vorrebbe insegnare al Paese il rispetto della legalita', non ha alcuna difficolta' a cavalcare iniziative che sono nate - per lo meno nelle nostre scuole - senza che gli studenti venissero chiamati ad esprimersi in modo democratico, in assemblee regolarmente convocate e con un controllo serio dell'espressione delle volonta'. Prima si e' agito, secondo una regia ben orchestrata evidentemente in sede politica, poi, in qualche modo, si e' cercato di raccogliere il consenso all'agitazione.

Un capitolo che andrebbe approfondito e' poi quello del comportamento di accondiscendenza e, a volte anche di stimolo, di alcuni docenti. Naturalmente non lo si fa in modo evidente: si adottano piu' raffinate e subdole strategie quali quella dell'azione del sotterraneo convincimento, del compiacimento per l'iniziativa, dell'ammiccamento soddisfatto, della collaborazione a pseudo gruppi di lavoro in nome del dialogo educativo e cosi' via. Si crea insomma un diabolico mixer nel quale si mescola un po' di tutto: compiacimenti pedagogici, rivendicazioni di natura sindacale o di rivincita politica, contenuto ideologico. Uno scenario preoccupante, nel quale gli studenti non possono certo trovare occasioni di crescita e di autonomia di giudizio, per attrezzarsi a gestire liberamente il loro futuro; uno scenario invece in cui si assiste ad una continua prevaricazione di minoranze, spesso piu' o meno larvatamente sostenute da vari docenti che hanno smarrito il senso della propria funzione istituzionale; uno scenario nel quale il risultato certo e' quello di accrescere il senso di smarrimento dei nostri ragazzi, in un contesto gia' fortemente compromesso dal devastante dilagare del relativismo.

Naturalmente non e' sempre cosi': e' forse opportuno sottolineare che il mondo della scuola e' ricco di risorse umane straordinarie che, se pur fra mille disagi, consentono a questo comparto di andare avanti e, fortunatamente nella maggioranza dei casi, di raggiungere risultati di grande valore.

Nel merito dei provvedimenti oggetto delle agitazioni gia' ho avuto modo di esprimere il mio pensiero.
Per i lettori di Fucinaidee ritengo opportuno riportare questa illuminante intervista dell'ex ministro Bassanini: una figura di prim'ordine del centrosinistra, che ha legato il suo nome ad una importante riforma della Pubblica Amministrazione italiana.

Lucca, 22 ottobre 2008
Paolo Razzuoli

«Le scuole di piccole dimensioni creano problemi di costi e di qualità» Bassanini: sui tagli è un errore criticare la Gelmini

Di Giulio Benedetti
(DA Il Corriere della Sera - ediz. del 14 ottobre 2008

«Se la Gelmini chiede l'applicazione di un articolo del regolamento dell'autonomia scolastica, una misura strategica della legge 59 che porta il mio nome, non posso dire che mi dispiace. Come non mi dispiace la lotta ai fannulloni del primo Brunetta».

Il ministro dell'Istruzione interviene con tagli su scuole anomale, sottodimensionate, facendo sparire uffici di presidi e annunciando la progressiva scomparsa di scuole lillipuziane — piccole isole e zone di montagna escluse — ricorrendo alla legge Bassanini, e lui, l'ex ministro per la Funzione pubblica che ha inferto i colpi più duri alla burocrazia, incurante delle proteste della sinistra, il suo schieramento, le dà ragione.

Prendiamo il regolamento sulle dimensioni delle istituzioni scolastiche del 1998. Dice che un ufficio di presidenza è uno spreco in un istituto con meno di 500 alunni e suggerisce di accorpare la scuola ad una più popolata. La Gelmini chiede che la regola sia applicata e l'opposizione protesta.

«Chi si sposta da una scuola all'altra è il preside, non gli studenti. È un tipo di soluzione che consente di soddisfare esigenze contrastanti. Questa regola di un minimo di 500 alunni è stata decisa dall'allora ministro dell'Istruzione, Luigi Berlinguer, ma io l'ho condivisa».

Ha l'impressione di aver sbagliato qualcosa?

«Un'opposizione seria non può fare la guerra a misure che essa stessa ha voluto quando era al governo — quella misura io l'ho condivisa — a meno che non si sia resa conto che sono misure sbagliate. Ma allora perché non ha cambiato il decreto legislativo durante i due anni del governo Prodi?».

In Italia, dice la Gelmini, esistono migliaia di scuole di piccole e medie dimensioni che dovrebbero funzionare in rete, ovvero avere uffici in comune. Inoltre ci sono oltre 4.000 scuole, tra elementari e medie, con meno di 50 alunni. Il ministro ha chiesto alle Regioni di aggregare le miniscuole.

«Se questo è vero, io penso che alcune critiche siano ingiustificate. Un istituto scolastico di dimensioni minori presenta tre tipi di problemi. Il primo riguarda i costi. In un edificio piccolo inevitabilmente il costo per alunno è più elevato. Inoltre resta più difficile mantenerne un alto livello di qualità dell'apprendimento. Accade quando ci sono troppi alunni per classe ma anche quando sono troppo pochi, anche a causa di un'insufficiente interazione tra i bambini. Questo spinge verso l'aggregazione in istituti di dimensioni ottimali e verso la chiusura di quelli troppo piccoli. Ma esiste anche un terzo problema, che è quello di non chiudere strutture scolastiche che hanno una funzione di presidio del territorio perché questo favorirebbe lo spopolamento. Occorre trovare un punto di equilibrio».

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