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GOVERNO BERLUSCONI: PER UNA SCUOLA DI QUALITA’

Di Paolo Razzuoli

Era chiaro che il Decreto Gelmini sulla scuola avrebbe scatenato un mare di polemiche.
Sappiamo quanto la sinistra pesi nella scuola italiana, e ben conosciamo la capacita' di mistificazione e di strumentalizzazione che essa e' in grado di fare allorche' qualcuno prova a metterne in discussione il credo ideologico e pedagogico.

Come docente, conosco bene cio' che succede all'interno della scuola e posso affermare, senza alcun timore, che gli indirizzi del decreto vanno nella direzione auspicata dalla maggioranza degli utenti (soprattutto genitori) anche se, e non poteva essere altro, non trovano il consenso di quei settori interni esclusivamente preoccupati di difendere prerogative e dogmi ideologici.

A dimostrar cio', ad esempio, vale la questione del maestro unico nella scuola primaria: innovazione introdotta nel 1990, certo motivata da ragioni pedagogiche, ma che ai piu' sembro' un intervento giustificato dalla volonta' di ampliare la base occupazionale nella scuola.
Pur non sottovalutando affatto i problemi occupazionali, nel tempo che viviamo mi pare che risulti difficile immaginare un futuro delle nostre strutture pubbliche, quindi anche della scuola, senza un ripensamento delle politiche del personale sin qui seguite.

Sono convinto che sul tema scuola il PdL dovra' sviluppare una intensa campagna di sensibilizzazione.
Non mancano certo nel mondo della scuola, operatori convinti della bonta' dell'impostazione seguita: andranno coinvolti e valorizzati. Dovranno essere organizzati incontri con famiglie e studenti per spiegare le direttrici su cui il governo intende sviluppare la propria politica scolastica.
Andra' nei fatti dato un seguito a tanti proclami, primo fra tutti quello della valorizzazione del merito e di una effettiva responsabilizzazione dei dirigenti: condizioni a parole tanto esaltate ma nei fatti sempre frustrate.
Nella scuola ci sono tante risorse importanti, realmente motivate ed in possesso di strumenti sicuramente adeguati per vivere le frontiere educative e formative del nostro tempo. E' ora che esse vengano valorizzate, superando un egualitarismo ideologico e dannoso. So bene quanto sia difficile; so altrettanto bene pero' che e' questa una strada obbligata dalla quale non si puo' deviare se si vuole veramente inaugurare una stagione di rinnovamento, che sara' lunga e faticosa ma necessaria.

E' evidente che il decreto non e' la riforma; esso introduce solo alcune novita' che dovranno essere seguite da un intervento riformatore di ben piu' ampia portata.
Nell'intento di aiutare a comprendere il quadro della situazione, di seguito vengono riportati alcuni dati.

Il quadro della destinazione delle risorse

Dal bilancio dell’Istruzione emerge che:
a) le spese per il personale assorbono il 96,98% del totale (pari a 41.174.698.165 euro);
b) le spese di funzionamento (informatica, cancelleria, spese di pulizia) sono l’1,16%;
c) le spese legate agli interventi con particolare riferimento ai trasferimenti agli enti pubblici e privati raggiungono l’1,4%;
d) le spese in conto capitale come l’edilizia , l’innovazione tecnologica o la sicurezza sfiorano a male pena lo 0,37%.

E’ evidente che quando la spesa per il personale assorbe quasi il 97% degli investimenti complessivi vuol dire che c’è qualcosa che non va. Almeno noi crediamo che sia così. Quindi la prima domanda è: è normale che il personale “pesi” così fortemente nel bilancio complessivo? Noi diciamo di no.
La seconda domanda è: si deve intervenire? Noi crediamo di sì e crediamo che questo sia il risultato di una scelta sbagliata secondo la quale la scuola è stata considerata un ammortizzatore sociale e un luogo dove le assunzioni si sono moltiplicate a dismisura.

Le novità

1) maestro unico;
2) voto in condotta;
3) ripristino dei voti e soppressione delle incomprensibili valutazioni;
4) reintroduzione dell’educazione civica.

La razionalizzazione

Nella scuola ci sarà un taglio di circa il 7% della spesa che si traduce in 87.000 posti in tre anni attraverso una razionalizzazione graduale e obbligata.

Il tempo pieno

Non verrà soppresso. Anzi con l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze ci sarà più personale a disposizione (visto che NESSUNO verrà licenziato) che porterà ad un incremento del tempo pieno. Concettualmente, poi, sul tempo pieno urge una riflessione. In questi anni si è confuso il tempo pieno, inteso come momento pomeridiano in cui la scuola offre un servizio aggiuntivo a studenti e famiglie, con il prolungamento ad oltranza dell’orario che non ha garantito né qualità né maggiori opportunità. Noi difendiamo l’idea di una scuola che sia aperta e che decida, grazie all’autonomia, quale pacchetto formativo opzionale o obbligatorio offrire ai propri ragazzi, ma siamo contrari ad una scuola che prolunga l’orario solo per trattenere i ragazzi. Capiamo che l’orario prolungato sia utile per le famiglie ma non si può rispondere alle esigenze delle famiglie trasformando la scuola in un “luogo di attesa” dei genitori. Siamo piuttosto d’accordo a mettere in atto, accanto al tempo pieno, forti politiche familiari che vedano la scuola come uno dei tanti soggetti insieme agli EE.LL, al volontariato, ai privati, ad una nuova e diversa organizzazione del lavoro (part-time, telelavoro), in grado di dare risposte alle famiglie.
Ma non è sostenibile né sul piano finanziario, né su quello pedagogico (il tempo prolungato toglie ai ragazzi il lavoro personale di studio che è alla base del metodo di studio che ognuno deve costruire per se stesso), né culturale (la famiglia non può essere messa nelle condizioni di dare alla scuola una delega in bianco su otto ore di vita del proprio figlio, ma deve poter scegliere tra più opzioni che vengano da più soggetti erogatori). Insomma non e' pensabile che la scuola diventi solo un ammortizzatore sociale supplente di una serie di servizi che altri debbono e possono erogare.

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Buono scuola: centralità della famiglia e competizione tra scuole

Siamo d’accordo al buono scuola per due ragioni:
1) oggi la scuola è discriminante: chi può sceglie, chi non può no. Questo non va bene. La scuola è pubblica quando offre un servizio al pubblico ma chi offre un servizio pubblico non necessariamente è statale.
2) le famiglie debbono poter scegliere sempre e comunque e là dove non possono è compito delle istituzioni garantire condizioni di pari opportunità.

Lucca, 1 ottobre 2008

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