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Breve commento

Oggi, ovviamente, i risultati dei ballottaggi sono il tema più in evidenza nei giornali italiani. L'interpretazione più diffusa è quella di una vittoria del centrosinistra, e di preoccupazione per il fenomeno dell'astensionismo, che ormai supera il 50% degli aventi diritto al voto.
L'astensionismo è certamente un fenomeno preoccupante, poiché è con la partecipazione che si alimenta la democrazia. Una democrazia non presidiata dalla partecipazione rischia di instradarsi su un binario morto. Puntualmente, per alcuni giorni successivi alle consultazioni, vengono lanciati molti gridi d'allarme. Poi il dibattito si sopisce, sino alle consultazioni successive. Evidentemente la preoccupazione per l'astensionismo non è poi così reale; i gridi d'allarme fanno parte del bagaglio di ipocrisia di cui si nutre la nostra politica. Va poi detto che ove si voglia affrontare seriamente il tema della disaffezione per la politica, occorre avere la forza di indagarne, senza superficialità, gli strumenti ed i contenuti; azione che richiede coraggio e capacità di analisi di cui oggi non si avverte traccia.
Infine la valutazione politica del voto. C'è la solita tendenza ad interpretare il voto come un test sul gradimento del governo. Niente di più sbagliato: quando si vota per i comuni gli elettori votano per le loro amministrazioni e non per il governo. Porto solo un esempio. In un importante comune della provincia di Lucca, tanto questa volta come nel 2019, alle europee votarono in maggioranza per il centrodestra, mentre alle comunali assegnarono già dal primo turno la maggioranza al candidato sindaco e alla coalizione di centrosinistra. Insomma, nelle elezioni degli enti locali entrano in gioco fattori specifici estranei alle scelte di politica generale: circostanza che consiglia molta cautela nell'applicarne gli esiti a dimensioni diverse.
Infine due parole sulla proposta avanzata da Ignazio La Russa, di cambiare il sistema di voto. Una proposta estemporanea, fatta sotto la spinta di un prevedibile astensionismo, inopportuna stante l'altissimo ruolo istituzionale che consiglia prudenti silenzi. Al di là di ciò, diverso sarebbe se si proponesse di valutare il vigente Testo Unico sugli Enti Locali, a circa 25 anni dalla sua vigenza, riflettendo, ad esempio, sulla mortificazione dei consigli comunali. Ma questa sarebbe un'altra storia, che ora non interessa a nessuno.

Paolo Razzuoli

Ballottaggi, le delusioni del centrodestra e l’idea sbagliata di cambiare il sistema di voto

di Claudio Velardi

I titoli dei giornali sono tutti per il turno di ballottaggio delle amministrative, con un’interpretazione abbastanza univoca: vincono il centrosinistra e l’astensione, ma è bene anticipare che le cose non stanno proprio in questo modo. Indipendentemente dai vincitori su base numerica, le elezioni la destra sente di averle perse. Non si può negare che ormai siano poche le realtà dove non si manifesti quella aurea e sana legge dell’alternanza di governo, ma dai risultati si evidenzia ancora una volta come il centrosinistra sia una realtà radicata nel territorio.

Per prima cosa, il centrosinistra ha una classe dirigente sul territorio più strutturata, diffusa e anche mediamente più affidabile, è un dato storico che non si smentisce. Certo, rispetto al passato, il centrodestra sta costruendo qualcosa di più, soprattutto nelle regioni dove c’era un monopolio degli avversari.

Il secondo dato è che ovviamente nei comuni si va a votare per i comuni, non pro o contro il governo. Quindi è sbagliato dire, come ha detto la Schlein, che ieri si è votato per la sanità o per l’autonomia differenziata, o meglio contro le politiche del governo su questi o su altri temi. Capiamo la propaganda, però onestamente il cittadino non è fesso e nel comune va a votare per il sindaco che ritiene migliore di un altro. E questo è un dato di fondo che i politici non dovrebbero mai oscurare.

La terza considerazione è che la forza coalizionale del centrosinistra si esprime meglio nel voto a due turni, che costringe nei ballottaggi all’unità. Il centrosinistra funziona meglio, anche perché poi non c’è al secondo turno il traino delle liste, si premiano maggiormente le persone e i sindaci che si ritengono più affidabili.

La Russa e il doppio turno

A proposito del voto a due turni veniamo all’argomento che ieri in maniera secondo me sbagliata il centro-destra addirittura nel Presidente del Senato ha espresso: escludere il secondo se verrà superato il 40% al primo. È un argomento a mio avviso molto sbagliato perché in realtà intanto il sistema elettorale dei comuni funziona, e funziona bene, perché garantisce governabilità. I sindaci eletti hanno la possibilità di governare senza troppi intralci, che non siano quelli della magistratura. E dunque perché cambiarlo? A sostegno, La Russa riprende il classico luogo comune dell’astensione al secondo turno. Ma è un evento del tutto normale, che avviene ovunque. C’è sempre un calo fisiologico di una quindicina di punti. Basterebbe studiarsi un po’ i dati storici.

Io mi applicherei piuttosto sull’obiettivo di coinvolgere i cittadini che non vanno a votare, sul migliorare la politica, sul far diventare la politica un po’ più concreta, sobria e incidente nella realtà della vita dei cittadini. E comunque a mio avviso, il fenomeno dell’astensione, non si contrasta abolendo il secondo turno che, ripeto, garantisce la governabilità nei comuni.

Detto questo, la pagina amministrativa naturalmente è archiviata da oggi, mentre non saranno archiviati altri temi, quelli internazionali, la partita delle nomine nell’Unione Europea, e incidentalmente un paio di guerre. Un altro tema che non passerà in secondo piano è quello dell’autonomia differenziata, che viene rilanciato solo dal riformista. È un tema che a nostro avviso resterà al di là degli eventi di giornata.

(da Il Riformista - 25 giugno 2024)

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