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IL 2 GIUGNO: LA FESTA DELLA REPUBBLICA

 

Di Fabiano D’Arrigo

 

Le feste civico-politiche di una nazione, retta da un ordinamento democratico, sono utili per plasmare e nel caso ricostruire i caratteri comuni ed identitari del popolo, caratteri sempre condizionati dalle congiunture storico-politiche e dai cambiamenti generazionali lungo lo scorrere del tempo.

In Italia le principali date-riferimento per costruire, e poi rafforzare, la coscienza civica sono: il 2 giugno (festa della Repubblica), il 17 marzo (giornata dell'Unità Nazionale, della Costituzione, dell'Inno e della Bandiera), il 25 aprile (anniversario della Liberazione).

Il 2 giugno 1948 fu celebrata per la prima volta la festa della Repubblica come stabiliva il D.L.P. 28 maggio 1947 n. 387.

Gli eventi che portarono a ciò sono noti. Dopo l'esperienza drammatica della seconda guerra mondiale voluta dal regime totalitario fascista, dopo la Resistenza seguita agli avvenimenti dell'8 settembre 1943, dopo la liberazione dal nazifascismo, il 2 giugno1946 si tennero le votazioni a suffragio universale per il referendum istituzionale e per l'elezione dell'Assemblea Costituente.

Con 12.718.641 voti (contro 10.718.502) gli italiani "mandarono in pensione" la monarchia sabauda e scelsero la forma istituzionale repubblicana. Il Nord votò a maggioranza repubblicana mentre il Sud confermò la fedeltà alla monarchia: spaccatura che evidenziava le diversità economico-politico-sociali tra il Settentrione e il Mezzogiorno quasi fossero due Italie.  

Dal 1948 ad oggi il cerimoniale ed il rituale delle celebrazioni della festa della Repubblica hanno subito modifiche e cambiamenti che riflettono l'ascesa o la discesa di una parte politica chiamata al governo del Paese, nonchè il prevalere o meno di una cultura politica nell'opinione pubblica.

Segno evidente che anche il 2 giugno, sebbene in misura minore rispetto al 25 aprile, si prestava suo malgrado a "strumentalizzazioni" politiche di parte e non appariva una festa veramente unitiva.

Nel 1977, a causa della crisi economica, il giorno festivo del 2 giugno venne soppresso. E solo nel 2001, per iniziativa del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, è ritornato festivo in base alla legge 20 novembre 2000 n.336.  

Dagli anni Novanta l’azione della Presidenza della Repubblica emerge notevolmente in conseguenza del deperimento e dello svuotamento politico del sistema dei partiti; così si assiste al rilancio del senso di nazione, dell’”amor di patria” democratico, dell’unità nazionale, dell’identità e della memoria storica degli italiani per dare una nuova linfa all’opinione pubblica ed ai rappresentanti politici della stessa.

E la celebrazione del 2 giugno diventa centrale in questo piano di azione del Quirinale.

La nuova valorizzazione della rinata festa della Repubblica si deve -come già detto- a Carlo Azeglio Ciampi; ma anche a Giorgio Napolitano e a Sergio Mattarella. Essi puntano al rilancio istituzionale e popolare della festa: la parata delle Forze armate ai Fori imperiali con le autorità ed una massiccia presenza popolare, la visita con la deposizione della corona d’alloro all’altare della Patria, l’apertura al pubblico dei giardini del Quirinale, l’esposizione di mostre tematiche al Vittoriano vengono particolarmente curate.

Da sottolineare che attualmente nella parata sfilano soprattutto i contingenti militari impegnati nelle missioni di pace e nelle calamità naturali e sociali assieme ai corpi civili, alle associazioni di volontariato, ecc. La parata appare, così, maggiormente in sintonia con l’articolo 11 della Costituzione, che sancisce il ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

La festa della Repubblica richiama ai valori costituzionali della libertà, della dignità, della giustizia, della solidarietà, valori che la Repubblica, “una e indivisibile”, deve perseguire perché tutti i cittadini si sentano parte di una comunità democratica.

Perciò il 2 giugno può collegarsi alla ricorrenza del 17 marzo: giornata dell’Unità Nazionale e della Costituzione.

Con la rivalorizzazione della festa della Repubblica, assieme ad altre iniziative come il così detto viaggio nella memoria storica nei luoghi “che hanno fatto l’Italia” -per esempio la Risiera di San Sabba, la foiba di Basovizza, il sacrario di Redipuglia, El Alamein, Cefalonia-, i discorsi, le visite e le cerimonie in varie parti del Paese, la Presidenza della Repubblica intendeva promuovere un progetto patriottico-identitario di riconciliazione nazionale ancorato all’antifascismo costituzionale ed aperto ad una concezione di patria democratica ormai postfascista e postcomunista. Si indicava, e si continua ad indicare, nella Costituzione -specie i primi 12 articoli- il punto comune di riferimento nel quale tutti i cittadini italiani potevano e possono riconoscersi al di là delle diverse memorie del fascismo e dell’antifascismo dei singoli o dei gruppi.

Questo nuovo “patriottismo costituzionale” sembra essersi arenato a causa delle reazioni oppositive di una cultura politica antifascista di sinistra e a causa di una voluta ambiguità della cultura politica postfascista e di quella afascista.

Inoltre l’unità nazionale ed il patriottismo verrebbero di fatto infranti da un’autonomia differenziata regionale, sostenuta nella XIX legislatura soprattutto dalla Lega e da Forza Italia, che puntasse a trattenere sul territorio il gettito fiscale generato per magari finanziare i servizi sanitari. Si rischierebbe, così, di affogare in un antistorico municipalismo e di disprezzare il vero federalismo che va costruito semmai a livello europeo.

Anche l’integrazione civico-sociale delle diverse etnie, che sempre più numerose giungono in Italia, rimane un problema aperto che interpella la Repubblica chiamata ad assicurare a tutti una piena cittadinanza.

Da non sottovalutare, poi, il disorientamento valoriale delle giovani generazioni ed il disamore alla politica della popolazione adulta protesa all’”utile particulare” e -secondo un sondaggio del 2018- favorevole al 15% alla monarchia.

Da tutto ciò si comprende il sentimento sopito di una parte dell’opinione pubblica italiana verso le feste civico-politiche.

Invero Aldo Cazzullo è più ottimista. Secondo Cazzullo la festa popolare del 2 giugno dimostra che il patto repubblicano tiene: “I segnali sono molti. Il primo è la popolarità di Sergio Mattarella [perché] il suo stile e il suo modo di operare hanno fatto breccia al di là delle appartenenze. [Inoltre] oggi il tricolore è un simbolo in cui la grande maggioranza degli italiani si riconosce”.

Insomma per Cazzullo gli italiani si assomigliano tra loro e sono legati all’Italia più di quel che pensano: l’attaccamento familiare, l’impegno nelle difficoltà, la solidarietà sociale, una diffidenza verso lo Stato ne sono alcuni esempi.

La Repubblica non è mai acquisita una volta per tutte; è un divenire che necessita di date e di simboli, ma soprattutto di persone e di politiche lungimiranti che proseguano -senza perdere le dimensioni delle autonomie locali e dello Stato nazionale- la costruzione europea e realizzino una maggiore giustizia sociale ed una vera equità fiscale.

 

Lucca, 2 giugno 2024-05-24

 

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