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I dossier Green e l’ombra dei sospetti

di Adriana Cerretelli

A Bruxelles è allarme rosso. «È solo la punta dell’iceberg. Probabilmente il peggio deve ancora venire», si ripete nei corridoi delle istituzioni europee.

Il Qatargate, il più grande scandalo di corruzione e riciclaggio della storia dell’europarlamento, rischia infatti di scoperchiare un nuovo vaso di Pandora: il gioco sporco e quasi sempre occulto del lobbismo più spregiudicato, ai limiti della criminalità, quello che non esita a usare anche lo schermo perfino delle ONG per movimentare somme astronomiche e/o impegnarsi in spericolati traffici di influenze politiche, economiche, industriali, commerciali.

Intendiamoci, nessuno intende criminalizzare le attività e la professione del lobbista. Al contrario. Nelle democrazie occidentali da sempre rappresentano l’utile interfaccia di Governi e parlamenti nel corso del normale iter legislativo. Tanto è vero che se ne temperano le interferenze eccessive nel segno della massima trasparenza del loro attivismo. Da tempo lo stesso Parlamento europeo, in sintonia con Commissione e Consiglio, ha adottato un registro ad hoc e fissato una serie di regole deontologiche per fare chiarezza nella giungla dei gruppi di pressione impegnati tra Bruxelles e Strasburgo. Tentando anche di limitare le tentazioni per gli eurodeputati oggetto di più attenzioni di altri per i posti-chiave che ricoprono nelle strutture europee.

Lo scandalo attuale racconta però un’altra storia. L’irruzione nell’emiciclo di Strasburgo del Qatar e dei suoi mercenari europei non esprime una normale attività di lobbismo, piuttosto l’assalto della corruzione in grandissimo stile, armata di enormi somme di denaro mai intercettate prima e mascherata in parte dalla presenza delle Ong e dalla loro spregiudicata strumentalizzazione.
Un gioco duro, senza remore né esclusione di colpi che assomiglia alle partite di disinformazione e ricatti di Russia e Cina e non da oggi. Un gioco che va fermato subito e senza infingimenti per impedire che finisca per inquinare la legittima e necessaria attività di lobbismo parlamentare.

L’europarlamento ha il potere di co-legiferare assieme al Consiglio Ue. In un’Unione dove oltre l’80% della legislazione nazionale è di matrice europea, l’esondazione in aula dello strapotere di interlocutori opachi e schermati, anche sotto le sembianze di Ong più o meno consapevoli, potrebbero mettere a rischio interessi e futuro della stessa industria europea, quindi benessere e stabilità economica di tutti.
Sono molti i dossier sensibili in ballo. Il green deal è l’urgenza più impellente. Le decisioni a Bruxelles su auto elettrica, rinnovabili, normativa su plastica, imballaggi o efficienza energetica degli edifici, tanto per fare nomi, muovono interessi enormi che possono fare la differenza tra sviluppo e de-industrializzazione a 27. Non è una questione da poco.

(dal Sole 24 Ore - 13 dicembre 2022)

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