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Evviva Nordio

di Paolo Razzuoli

Scelgo questo titolo un po' da tifoseria, pensando appunto agli atteggiamenti da stadio che - purtroppo per il Paese - hanno punteggiato i comportamenti di ampi settori della politica e più in genere di forze capaci di orientare l'opinione pubblica, su un tema così delicato qual è appunto la Giustizia ed in special modo la Giustizia penale.
Tema sul quale la politica prima o poi non potrà sottrarsi dal doversi seriamente confrontare, aldi là di steccati identitari o di calcoli elettorali.

Il tema vero è che sono ormai decenni che il Paese è chiamato a fare i conti con profonde anomalie del sistema giudiziario, certo in parte dovute ad atteggiamenti sopra le righe di singoli magistrati, per altri versi da perversi intrecci instauratisi fra spezzoni della magistratura soprattutto inquirente e mezzi di comunicazione di massa, ma anche in ragione di un contesto normativo che ormai richiede una profonda revisione, non solo per adeguarlo al tempo che viviamo, ma anche perché è frutto del clima avvelenato dal populismo dell'antipolitica, tossina ammorbante che ormai da un trentennio ha infettato ampi strati della nostra società.
Dicevo di adeguamento al tempo che viviamo e si pensi, quale esempio eloquente, al sistema di elezione del Consiglio Superiore della Magistratura, tema peraltro emerso qualche anno fa con le vicende Palamara, e che ancora attende una soluzione che sia un po' più che meramente formale.

Giacché niente viene per caso, è logico ritenere che l'attuale condizione ad alcuni (forse non poi così pochi) calzi a pennello. Infatti, allorché qualcuno prova a metterci le mani, scatta prontamente la solita levata di scudi, a partire dalla difesa della "Costituzione più bella del mondo", così come da noi ce la siamo definita, magari imbeccati da qualche istrione televisivo.
Naturalmente ho piena consapevolezza della grande lezione di civiltà che ci proviene da una Costituzione frutto di una stagione altissima della nostra forza di elaborazione politico-culturale, ma agitarla per difendere l'indifendibile puzza di strumentalità e malafede. Il tema vero è la difesa dei valori Costituzionali, sapendo che in tempi di rapidissime trasformazioni quali quelli in cui viviamo, adeguamenti, soprattutto dell'architettura istituzionale, si rendono sicuramente necessari.
Su questo sarebbe urgente un attegiamento corretto verso l'opinione pubblica, smettendola di agitare la difesa costituzionale per difendere privilegi e/o rendite di posizione di vario genere e di sovente non dichiarabili.

Levata di scudi in difesa della Costituzione che anche in questi giorni si sono puntualmente fatte sentire, a partire dalla corazzata del giornale La Repubblica, a cui hanno fatto eco i soliti soloni di certo mondo accademico e più in genere del diritto costituzionale che ben conosciamo, e che hanno puntualmente aperto i cortei degli oppositori a qualsiasi riforma costituzionale, ovviamente a partire da quella del Governo Renzi, sottoposta a referendum nel 2016.

Si ha comunque l'impressione che la consapevolezza circa la necessità di interventi riformatori della Giustizia, penale e civile, si stia accrescendo nel Paese.
Per restare nel recinto della sfera penale, è difficile continuare a tenere gli occhi chiusi di fronte ai molti dati distortivi: abuso delle intercettazioni telefoniche e ambientali, loro anomala diffusione, episodi di giustizia a orologeria, anomalo ampliamento della sfera del reato penale con fattispecie quali ad esempio l'abuso di ufficio, il voto di scambio o il traffico di influenze che, per la loro difficile definizione, si prestano ad interpretazioni arbitrarie. Circostanze ampiamente verificatesi, con vicende giudiziarie conclusesi nel nulla, ma che hanno distrutto vite personali e carriere politiche.

Ora intendiamoci bene: qui nessuno vuole difendere chi compie reati. Occorre però definirli in modo serio e non demagogico, ed avere la capacità di punire chi delinque, tenendosi distanti da atteggiamenti improntati alla cultura del sospetto, deleteri per le vite dei singoli e della società.

Non si capisce il motivo per cui, tanto per fare qualche esempio, la separazione delle carriere fra magistratura inquirente e magistratura giudicante sia praticata in molti paesi in cui la Giustizia funziona bene, mentre da noi non si può fare per chissà quale ragione, se non per la difesa di interessi corporativi che, ovviamente, vengono contrabbandati per altro.

Ma come si collocano questi temi sulla diade destra-sinistra? Anche su questo versante si mostra tutta l'anomalia italiana. Il garantismo, storicamente, è patrimonio della cultura liberal-riformista - che è poi quella a cui io guardo - che, almeno a parole, dovrebbe trovare una rappresentanza anche nel Pd. Storicamente la destra guarda ad una cultura autoritaria, quindi illiberale e giustizialista. Da noi la sinistra si è appiattita su una cultura giustizialista, mentre i tentativi di riforma sono venuti dal centrodestra. Si obietterà che sono intervenute motivazioni extra-politiche; può essere, ma il dato politico non cambia.
da quel che si vede anche in questi giorni, il Pd sembra non comprendere l'errore che compie regalando il tema del garantismo alla destra. Errore che penso lo allontanerà ulteriormente dal consenso del Paese.

Ovviamente nessuno può sapere quale esito avranno le proposte del Guardasiggilli Carlo Nordio. E' possibile che ad esse venga riservata la medesima sorte degli altri tentativi. Fra l'altro, anche qualora ai voti della maggioranza si aggiungessero quelli del Terzo Polo, non risulterebbero sufficienti per ottenere il quorum richiesto per evitare il referendum confermativo, previsto in caso di riforme costituzionali.
E in quella circostanza si mobiliterà tutto l'apparato conservatore per bloccare la riforma, e può darsi che, come in passato, l'obiettivo venga raggiunto. Ma tutto questo nulla toglie alla giustezza delle proposte del Ministro. Speriamo che la sua specifica esperienza e conoscenza dell'ambiente lo possano aiutare nella difficile navigazione.
Auguri Signor Ministro.

Infine propongo ai lettori di Fucinaidee una voce diversa dalla mia: quella di un contributo di Paola Sacchi dal titolo "Chi vuole giustiziare la riforma della giustizia di Nordio".

Lo scontro sulla giustizia fotografa le stesse posizioni di sempre, con la differenza che nel Pd, alle prese con il congresso e la sua crisi di identità, le voci riformiste e garantiste almeno finora sono state silenti, mentre quella “giustizialista” di Conte si leva sempre più forte..

Carlo Nordio tira dritto sulla riforma della giustizia.
Il tema centrale nel programma di governo di centrodestra compatta la maggioranza del governo di Giorgia Meloni e diventa il primo vero elemento politico caratterizzante di scontro con le opposizioni. Ad eccezione del “terzo polo” di Carlo Calenda e Matteo Renzi, su posizioni favorevoli, opposizione dura della sinistra dominata da Giuseppe Conte che anche sul reddito di cittadinanza è all’opera per tentare l’opa sul Pd.

La riforma della giustizia è stata sempre il tema dei temi nel dibattito politico e in passato anche esponenti di sinistra si sono detti favorevoli, ad esempio, a cambiamenti decisivi come la separazione delle carriere.
Ora invece il Pd che si è subito detto contrario alla riforma, seppur con toni diversi da quelli dell’ex premier e leader pentastellato, sembra voler mancare anche a questo appuntamento, seguendo a ruota l’offensiva delle “toghe” contro l’ex Pm, ministro della Giustizia, definito da alcuni media “berlusconiano”. Quando, invece, le posizioni di Nordio, eletto deputato con FdI, sono da sempre note e la separazione delle carriere tra chi indaga e chi giudica è garanzia di diritto e non una cosa “delle destre” e la “regolamentazione, non l’abolizione” delle intercettazioni è elemento “di civiltà”, come lo stesso Guardasigilli ha sottolineato.

Ma ancora una volta il Pd manca l’appuntamento, seguendo a ruota l’offensiva togata. Eppure, quanto all’uso fatto delle intercettazioni, Nordio ha ricordato con parole sdegnate le vittime che ci sono state tra i suoi stessi colleghi magistrati.
Il Pd si appella alla riforma Cartabia e a quella precedente di Orlando che però non dettero un segno di svolta e lancia l’accusa di sempre, secondo la quale si vorrebbe colpire l’autonomia della magistratura.

Mentre in trent’anni la grande anomalia italiana ha segnalato l’inverso, cioè un uso politico della giustizia che ha inciso sull’autonomia della politica.

Ma lo scontro sulla giustizia fotografa le stesse posizioni di sempre, con la differenza che nel Pd, alle prese con il congresso e la sua crisi di identità, le voci riformiste e garantiste almeno finora sono state silenti, mentre quella “giustizialista” di Conte si leva sempre più forte.

Si dice che la riforma non deve diventare scontro tra garantisti e giustizialisti. E invece di fatto lo è. La riforma della giustizia fu quasi un anno fa centrale nel discorso di insediamento del Capo dello Stato, dopo lo scandalo Palamara al Csm. E il fatto che il referendum della Lega di Matteo Salvini e i Radicali non ottenne il quorum non può certo rappresentare paradossalmente ora una ragione per dire che non serve la riforma tracciata da Nordio.

(da www.startmag.it - 10 dicembre 2022)

Lucca, 10 dicembre 2022

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