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Progetto Terzo Polo: il consenso elettorale è il suo primo e necessario propellente

di Paolo Razzuoli

"Dopo le elezioni cosa faranno Calenda e Renzi"?
"Riusciranno a dar vita ad un vero progetto politico oppure si separeranno e magari si beccheranno come i capponi di manzoniana memoria"?
"L'accordo fra Renzi e Calenda è solo un momentaneo patto elettorale oppure ha aspirazioni più serie e durature, nella traiettoria di creare un progetto politico duraturo e non personale"?

Sono queste domande che, continuamente, mi sento rivolgere dalle moltissime persone con cui ho occasione di parlare di politica e, più nello specifico, del progetto del Terzo Polo.

Dalle persone più avvedute ed interessate all'approfondimento delle tematiche politiche, mi sono sì pervenuti apprezzamenti sul programma elettorale del Terzo Polo, l'unico programma politico senza ricchi premi né cotillon; le perplessità riguardano non il contenuto della proposta politica, bensì le condizioni per farne un vero progetto capace di incidere in profondità sugli assetti del nostro sistema politico: insomma, è la strategia del dopo voto che preoccupa.
Una preoccupazione legittima, anche posto il percorso che ha preceduto l'accordo calenda-renziano.

La storia è sempre imperscrutabile e ci vorrebbe la sfera di cristallo per poterla prevedere. Qualche dato però può essere messo sul tavolo della riflessione.
Il primo di questi è che il consenso elettorale che il progetto riuscirà ad incassare, sarà destinato a pesare sui suoi sviluppi. Credo infatti che, se il risultato sarà buono, ed ancor meglio se buonissimo con un risultato a due cifre, si rafforzeranno le ragioni dell'unità, quindi le possibilità che il progetto possa prendere il largo.
Se invece il risultato risulterà modesto, è probabile che inizi il solito gioco dello scarica-barile e della ricerca del capro espiatorio dell'insuccesso: tutti fattori disgreganti che non lascerebbero presagire niente di buono.

Pertanto, a coloro che sono perplessi sulla strategia del dopo voto, va detto che questa è nella responsabilità di tutti coloro che la condividono. Non è un appannaggio esclusivo di Renzi e/o di Calenda. Con il nostro sostegno elettorale al progetto se ne determineranno le sorti. Se ci crediamo, intanto iniziamo col votarlo....

E' comunque evidente che è necessario che Renzi e Calenda si rendano conto che la questione del dopo elezioni è essenziale e non può essere sprecata né ritardata.  Garantire a chi non si rassegna allo scontro tra le opposte devianze Letta-Meloni, e ai loro sodali Conte e Salvini, che dopo le elezioni ci sarà comunque una rappresentanza politica solida e strutturata è l’elemento decisivo per conquistare voti il 25 settembre.

Qui introduco un secondo dato a mio avviso di estrema importanza. Si parla continuamente di Renzi e/o Calenda, ed è naturale in una fase in cui il panorama politico italiano, ed in verità non solo quello, è popolato più che da partiti strutturati, da clan personali. Ma è proprio da questo contesto che occorre prendere le distanze. Occorre che, anche prescindendo dalle mosse che gli attuali leader faranno, coloro che credono nella necessità per l'Italia di una forza capace di opporsi al bipopulismo destro e sinistro, facciano sentire la loro voce e, ancor più necessario, sappiano mettere in campo azioni concrete per costruire un vero partito strutturato, in cui si recuperino i normali percorsi di selezione della classe dirigente, nonché quelli della normale legittimazione dei suoi rappresentanti nelle istituzioni.

Piero Calamandrei, alla Assemblea costituente il 4 marzo 1947 disse: «una democrazia non può essere tale se non sono democratici anche i partiti».
Ebbene, forse è anche lì che si annida una delle ragioni della degenerazione della nostra democrazia rappresentativa.
Il modo in cui pensiamo il partito rispecchia il nostro pensiero sulla società. Ispirarsi al pensiero liberale non può essere un'etichetta, di cui più d'uno ha ampiamente abusato.
Ispirarsi ai principi liberali è anzitutto saper esercitare la democrazia, essere tolleranti verso chi la pensa diversamente, dare a tutti uguaglianza di partenza, ricercare la più ampia partecipazione e auspicare il più ampio coinvolgimento, in un quadro di regole certe e condivise.

Avere il coraggio di dar vita ad una forza che - nel contempo - sappia recuperare gli spazi di democrazia dei partiti di massa unitamente all'introduzione di strumenti della modernità: questa è la sfida da vincere per un progetto politico che ambisca a sollevarsi dalla opacità del presente.
Questo è l'unico percorso per dare un senso a traguardi che sembrano ora lontani anni luce: rimettere al centro dell'agenda dei partiti temi quali la formazione politica, la partecipazione vera, processi trasparenti nella selezione della classe dirigente e la sua legittimazione dal basso.
Una forte discontinuità certo, ma è proprio qui la forza del progetto: fare della cultura liberal-riformista un sicuro approdo, ben individuabile, sia nel contenuto che nel metodo.
Aggiungo che l'occasione della campagna elettorale può rappresentare un momento propizio. Infatti le campagne elettorali sono momenti in cui si rinsaldano relazioni, se ne creano delle nuove, si vede e si ascolta tanta gente. Sono, insomma, opportunità per ampliare e rinsaldare proficue reti di contatto che non vanno disperse con le elezioni, bensì immaginate come opportunità per proseguire un lavoro politico. Delresto spesso è proprio questo che viene chiesto; quante volte abbiamo infatti sentito dire "mi cerchi solo quando ci sono le elezioni!

Tralasciando ora il tema fondamentale della prospettiva, provo ad immaginare nel concreto cosa potrà accadere subito dopo il voto.
Il patto elettorale tra i due leader prevede, oltre alla guida calendiana, la formazione di un gruppo parlamentare unico e comunque, al di là dell’accordo sottoscritto, è improbabile che la lista possa ottenere un numero di deputati o di senatori sufficiente a costituirne addirittura due.
Ma al di là di motivazioni tecniche, La ragione è politica, ancor più dopo che è stata svelata la natura anti riformista del Pd, ancora incomprensibilmente attratto da pulsioni cinquestelliste, da rigurgiti anticapitalisti e da adolescenziali rancori anti renziani e ora anche anti calendiani.

 

Con la destra sovranista, putinista, orbaniana e impresentabile i due terzopolisti draghiani non potranno avere niente a che fare, nonostante le fake news in stile Cremlino o Mar-a-lago diffuse dal Nazareno.

Ma a parte questo, c’è che tra Azione e Italia Viva non esiste alcuna differenza ideale o programmatica, nemmeno di una virgola, e i due partiti peraltro stanno già insieme nella famiglia politica di Renew Europe con Emmanuel Macron e la premier estone Kaja Kallas.
I due partiti (speriamo presto ex partiti) hanno l'elettorato in comune, pertanto, al di là dell'ego smisurato dei due leader, non si comprende come possano percorrere strade differenti.
Anzi, proprio nelle settimane che ci separano dal voto, Renzi e Calenda dovrebbero inequivocabilmente dire a quegli elettori italiani che non si rassegnano all'attuale bipopulismo di destra e di sinistra, che loro due sono qui per restare e per costruire insieme l'alternativa, di cui il successo alle elezioni del 25 settembre potrà offrire il miglior viatico.

Riusciranno, Renzi e Calenda, a rassicurare il corpo elettorale che il segno sul simbolo del Terzo Polo servirà per la costruzione di un progetto politico per i prossimi anni, anzi decenni?
Ovviamente non lo so, ma qui non è problema di pessimismo o ottimismo. Non è in campo "il pessimismo dell'intelligenza e l'ottimismo della volontà".
Parlerei piuttosto, parafrasando Gramsci, di "forza della volontà e consapevolezza dell'intelligenza", pensando a coloro che in questa campagna elettorale intendono impegnarsi.

Ebbene, la "forza della volontà" nel profondere il massimo impegno per ottenere il miglior risultato possibile, "la consapevolezza dell'intelligenza", con cui capire che il consenso elettorale sarà il primo, indispensabile, propellente per far decollare il progetto.

Lucca, 31 agosto 2022

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