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Breve commento

In realtà le convergenze di cui parla Luca Ricolfi nell’articolo, sono meno strane di quanto possano apparire. Del resto, indipendentemente dal titolo, è proprio questo il senso della sua riflessione.

Al di là, ed ancor molto prima, dei casi citati dall’autore, vi è stato il passaggio di molti esponenti del “fascismo di sinistra” al Pci di Togliatti. Ne cito solamente alcuni: Romano Bilenchi, Curzio Malaparte, Davide Lajolo.

Pur considerando che in questo passaggio possano anche essere intervenute valutazioni opportunistiche, non vi è dubbio che fra le due posizioni sussista una linea di continuità che spiega il fenomeno nel suo tratto politico-culturale. Questa linea di continuità è l’anticapitalismo, l’antiliberalismo, l’antiborghesismo, l’idea della rivoluzione sociale. Quella rivoluzione sociale promessa e non mantenuta da Mussolini, e che era il vero miraggio di questi fascisti illusi.

  Figure anche importanti della cultura italiana che, aderendo al Pci allora ancorato al mito della rivoluzione, hanno visto in quell’approdo la continuità con il loro mondo ideale precedente: un antifascismo che si presenta, paradossalmente, come un “Fascismo all’incontrario”.     

insomma, nel secondo dopoguerra il Pci è stato, per molti giovani illusi, l’approdo di una cultura e di una visione politica maturata nella temperie fascista.

  Non è certo questa la sede per approfondire il tema. Sull’argomento, uno storico lucchese, Paolo Buchignani, ha scritto un ottimo saggio dall’eloquente titolo “Fascisti rossi”. Rimando a questo saggio per indagare questo affascinante capitolo della nostra storia.

Paolo Razzuoli

 

Le strane convergenze

 

Di Luca Ricolfi

 

Supponete che un partito prevedesse, fra i suoi punti programmatici, il contrasto all’immigrazione irregolare, il rifiuto del politicamente corretto, l’ostilità

alle rivendicazioni LGBT. Come lo definireste?

Credo che molti risponderebbero, senza troppe esitazioni, che lo considererebbero un partito di destra. E in effetti è così, molti partiti di destra radicale,

in Italia come in Europa, rispecchiano questo profilo.

Però sarebbe un errore pensare che questo genere di idee siano prerogativa esclusiva della destra radicale. Idee del tutto affini si incontrano in alcune

formazioni della sinistra radicale, ad esempio nella nuova lista “Italia sovrana e popolare”, guidata da Marco Rizzo, che in queste settimane sta raccogliendo

le firme per presentarsi alle imminenti elezioni politiche (le firme sono state trovate e la lista regolarmente presentata ndr.). E in modo ancora più netto nei filosofi marxisti anti-capitalisti, come Jean Claude Michéa

(francese), Slavoj Źiźek (sloveno), Costanzo Preve e il suo allievo Diego Fusaro in Italia.

Ma qual è la ratio di simili idee?

In parte è la medesima a destra e a sinistra. Sia la destra radicale sia la sinistra radicale vedono nei flussi migratori un doppio pericolo: l’abbassamento

dei livelli salariali dei lavoratori nativi, dovuto alla concorrenza degli immigrati, la competizione fra cittadini e stranieri nell’accesso ai servizi

sociali.

Diverso è il discorso sulle rivendicazioni LGBT e il politicamente corretto. Qui le motivazioni della destra e della sinistra radicali, almeno in parte,

divergono. A destra l’ostilità al mondo LGBT è genuinamente culturale, perché deriva semplicemente da una concezione tradizionalista del ruolo della famiglia

e del rapporto fra uomini e donne. A sinistra, invece, la medesima ostilità deriva da due idee distinte ma convergenti: il consumismo sessuale sarebbe

un capitolo della colonizzazione di tutti gli ambiti della vita da parte del capitalismo globale trionfante; l’attenzione ossessiva della sinistra ufficiale

al mondo LGBT e agli immigrati avrebbe completamente cancellato la questione sociale (occupazione, salari, povertà, disuguaglianze).

Più in generale, destra e sinistra radicale, considerano le questioni sollevate dal politicamente corretto (a partire dalla riforma del linguaggio) come

problematiche “borghesi”, che possono interessare solo i ceti alti.

Soprattutto, destra e sinistra radicale convergono su una diagnosi: il nemico numero uno sono gli organismi sovranazionali, come l’Unione Europea, la Bce,

le Nazioni Unite, la Banca mondiale, che togliendo autonomia agli stati nazionali renderebbero più difficile la difesa degli interessi nazionali e delle

istanze popolari.

Di qui la fusione, a destra come a sinistra, fra sovranismo e populismo, e la comune ostilità alla sinistra ufficiale, che in tutte le società democratiche

moderne è tendenzialmente liberale, cosmopolita, fiduciosa nei meccanismi di mercato, rispettosa delle istituzioni sovranazionali.

Questa convergenza può turbare chi tende a vedere destra e sinistra come due mondi antitetici e incompatibili. In compenso permette di spiegare fatti altrimenti

incomprensibili, come le transizioni dall’estrema destra all’estrema sinistra e viceversa. E’ dei giorni scorsi, ad esempio, la notizia che Francesca Donato,

parlamentare europea eletta nelle liste della Lega, si appresterebbe a correre nella lista del comunista Marco Rizzo, leader della neonata lista di sinistrissima

“Italia sovrana e popolare”.

Risalendo indietro nel tempo, possiamo rintracciare conversioni ben più clamorose e interessanti, perché frutto di meditate elaborazioni teoriche. Penso,

ad esempio, al caso dell’economista di sinistra (radicale) Alberto Bagnai, che qualche anno fa aderì alla Lega di Salvini. Ma penso, soprattutto, a Costanzo

Preve, raffinato filosofo marxista anti-capitalista, che nel 2012, in occasione delle presidenziali francesi, dichiarò (e spiegò con un raffinato ragionamento)

che, se fosse stato francese, in caso di ballottaggio Sarkozy-Marine le Pen avrebbe votato per la candita di estrema destra.

Ebbene, tutti questi casi, a prima vista incomprensibili, hanno una logica precisa. Alla base del sovranismo populista, che rende quasi intercambiabili

destra e sinistra radicali, ci sono due idee forti: primo, l’assoluta centralità della questione sociale; secondo, la convinzione che solo gli stati nazionali

abbiano qualche chance di fornire risposte alla domanda di protezione degli strati popolari.

L’analisi può essere sbagliata, ma la sfida che lancia è reale. E tocca alla sinistra ufficiale raccoglierla, innanzitutto mostrando che non ha dimenticato

la questione sociale.

 

(da www.fondazionehume.it – 27 agosto 2022)

 

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