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Liste elettorali - Il 25 settembre andiamo a votare: se necessario anche "turandosi il naso" ma andiamoci

di Paolo Razzuoli

Qui non si discute il valore delle persone, si discute il metodo

Ebbene, lo psico-dramma della compilazione delle liste elettorali si è concluso. E' stata una sceneggiata non certo edificante, ed un fattore non certo atto a stimolare la partecipazione degli elettori e delle elettrici al voto.
E pensare che solo un paio di mesi or sono, dopo le ultime amministrative, tutti si rammaricavano per la scarsa partecipazione al voto: un grande male della democrazia che - a dire dei soliti soloni - andava curato senza esitazione alcuna.

Certo, l'astensionismo è un letale male per il corretto funzionamento della democrazia: un male i cui effetti si faranno sentire anche nelle prossime elezioni politiche.
In questi giorni, parlando con molte persone del prossimo appuntamento elettorale, mi sono sentito rispondere che non andranno a votare. Un ritornello ripetuto anche da persone che fin qui mai avrebbero disertato le urne.
Da questa constatazione nasce questa mia riflessione/appello, nella convinzione che l'esercizio dell'elettorato attivo rappresenti un diritto al quale non rinunciare per nessun motivo.

Certo le forze politiche qualche segnale avrebbero potuto darlo: qualche piccolo segnale, sicuramente anche compatibile con la ristrettezza del tempo a disposizione e con la convulsa stagione politica che stiamo vivendo.
Un primo antidoto all'astensionismo poteva infatti essere quello di cercare di riannodare i fili con i territori, attraverso la scelta di candidature che non ne calpestassero le volontà e le indicazioni.
Cosa che non è accaduta, nonostante qualche riaggiustamento in zona Cesarini, per mettere a tacere situazioni non diversamente sostenibili.

Chi scrive ha alle spalle una sufficiente esperienza per conoscere bene la complessità dei meccanismi connessi con la compilazione delle liste elettorali. E' sempre stata una lotta all'ultimo sangue. In quei frangenti le persone sembrano trasformarsi: le buone maniere si trasformano in atteggiamenti da trivio, la posatezza nella più incontenibile agitazione, la calma in ira furente, la danza in duello. E tutto ciò sino al momento fatale della presentazione dei documenti presso la competente Corte d'Appello. poi, passato l'attimo fatale, qualcuno rientra nei ranghi, altri cercheranno di consumare la loro vendetta fra circa un mese, quando si apriranno le urne.

Dicevo che le guerriglie per le liste elettorali ci sono sempre state, ma mai, almeno nella storia repubblicana, si sono visti risultati come questi: mai come ora è apparso chiaro come il fattore di riferimento sia stato quello di tutelare le posizioni di potere, per se ed anche per amici e parenti. Un fattore favorito anche da una pessima Legge Elettorale, che sembra fatta a posta per espropriare i cittadini di qualsiasi autentico potere di scelta di classe politica.
Ricordo infatti che, prescindendo dai collegi uninominali, i listini proporzionali sono bloccati, vale a dire che non è prevista l'indicazione di alcuna preferenza.
Diventa così fondamentale l'ordine di lista, giacché le ultime posizioni, anche di candidati ben radicati nei territori, sono totalmente inutili agli effetti dell'elezione.

Direi una significativa riduzione della democrazia, chepotrebbe essere almeno parzialmente fronteggiata mediante processi democratici all'interno dei partiti: processi deltutto disattesi, da partiti che assomigliano più a clan che a forze politiche, anche laddove qualche parvenza democratica fa capolino fra le indicazioni statutarie.

Si tratta di un atteggiamento deltutto trasversale, che investe pertanto tutte le forze politiche nazionali. Una sorta di abitudine consolidata; e sappiamo bene come le abitudini costituiscano il freno più resistente al cambiamento.
AGgiungo che entro certi limiti è fisiologico che i partiti possano avere strumenti per proteggere qualche candidatura di particolare prestigio e/o utilità; è però patologico che il metro di riferimento sia quello di proteggere gli amici del "segretario di turno", nella logica di un ceto politico anzitutto interessato a perpetuare se stesso, anche con scelte paradossali quali quelle di forzose migrazioni da un capo all'altro della penisola o delle isole, in barba al rapporto con i territori.
Abbiamo in buona sostanza recuperato il regime feudale, in cui non conta certo la legittimazione dal basso, bensì il favore del "valvassore" di turno.

Non indugo ulteriormente sul tema dei partiti, invitando a leggere l'ottimo pezzo di Sabino Cassese pubblicato sul Corriere della Sera il 22 agosto (ed anche su questo sito), dall'eloquente titolo C'erano una volta i partiti

Una deriva trasversale, già ho detto, che si colloca in un processo di degenerazione della democrazia, che da "democrazia rappresentativa" sembra trasformarsi sempre più in una "democrazia recitativa".
Una recitazione fatta su un palco scenico con incessanti richiami ad un convitato di pietra, muto ed impotente: il popolo, per il quale, in nome del quale, dal quale tutto proviene e che tutto legittima.
Il popolo, sbattuto come una clava sulla testa dell'avversario; quel popolo, nel nome del quale si è fatto di tutto: dalle purghe staliniane, alle dittature nazi-fasciste.

Una deriva delle democrazie rappresentative che sta investendo tutto l'Occidente, e che va attentamente studiata e capita.
Ma intanto è necessario cercare di arginare questa deriva con il fondamentale presidio della democrazia: ovvero la partecipazione.
Il primordiale male della democrazia è la mancanza di partecipazione, così come la partecipazione è il suo più forte presidio.

Queste liste elettorali ed il metodo con cui sono state compilate, non sono certo uno stimolo alla partecipazione.
Ma la partecipazione al voto costituisce il punto di partenza di qualsiasi processo di rigenerazione della democrazia.

L'espressione del voto è il diritto fondamentale della cittadinanza attiva. Un diritto che è costato milioni di morti: non solo i grandi protagonisti della storia, i cui nomi leggiamo sui libri, ma anche i milioni di morti che si sono battuti nelle rivoluzioni, nelle guerre partigiane, nelle lotte per l'affermazione del suffragio universale.
Basterebbe il rispetto per queste figure, note e/o meno note, per condurci alle urne per l'espressione del voto.
Come tutte le condizioni, nulla è dato per sempre, e a questa inesorabilità non sfugge la democrazia. Tutti siamo chiamati a difenderla, cominciando con il non disertare le urne...
Se proprio è necessario, "turandosi il naso", come ebbe a dire un tempo Indro Montanelli, ma andiamo a votare...

Lucca, 23 agosto 2022

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