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Renzi: "A Palazzo Chigi vogliamo Draghi, non la Meloni"

 

Intervista di Stefano Cappellini, “la Repubblica”,  21 agosto 2022.

 

Matteo Renzi, che credibilità ha un'alleanza con Calenda nata solo perché è saltata l'intesa tra Azione e Pd?

«Abbiamo le stesse idee sul futuro dell'Italia, siamo nella stessa famiglia politica europea, siamo gli unici a non candidare chi era contro Draghi. Sarebbe

poco credibile andare divisi. Aggiunga che è stato il Pd a non volere Italia Viva, come lei ben sa avendo Repubblica scritto la notizia in anteprima».

 

Avete davvero una speranza di riportare Draghi a Palazzo Chigi o state solo usando il suo nome?

«Stiamo usando le idee di Draghi, la sua piattaforma politica, il suo progetto per il Paese. E possiamo farlo perché il Pd si è alleato con chi ha votato

la sfiducia a Draghi, come Nicola Fratoianni. Mentre la destra è addirittura guidata da chi ha sempre contrastato Draghi. Dei 5S non parliamo: pur di salvare

la carriera a Conte, hanno costretto il Paese a elezioni anticipate nel momento meno adatto. Noi non usiamo il nome di Draghi: noi siamo quelli che hanno

portato Draghi a Palazzo Chigi mentre il Pd diceva o Conte o morte. E vogliamo riportarcelo contro l'ipotesi Meloni».

 

A quanto punta il Terzo Polo? O dobbiamo chiamarlo Quarto visto che nei sondaggi siete dietro il M55?

«Se io avessi seguito i sondaggi, a Palazzo Chigi ci sarebbe Conte con Casalino a gestire la comunicazione, Arcuri a controllare l'emergenza e il Pd cavalier

servente dei grillini. Dunque non mi preoccupo di un obiettivo numerico ma politico: garantire un governo serio e gettare un seme per la costruzione italiana

di un progetto come quello che in Francia sta guidando Macron».

 

Immaginiamo che Renzi e Calenda vincano le elezioni. Il premier è Calenda? E cosa fareste nei primi 100 giorni?

«Il candidato è Calenda, il sogno è Mario Draghi di nuovo premier, il programma è quello scritto nero su bianco ed è il più serio dei programmi. Del resto

se vogliamo i soldi del Pnrr, le scadenze e gli obiettivi sono già stabiliti».

 

C'è un pericolo fascismo se vince Meloni?

«No. Il fascismo era un problema nel 1922, non nel 2022. Chi agita il tema del fascismo regala punti alla Meloni. C'è un pericolo diverso, più concreto:

che saltino i conti pubblici. Hanno fatto un programma assurdo con una flat tax che non sta in piedi, con l'idea di cancellare la Fornero, con una visione

folle delle alleanze internazionali. Le nostre imprese manifatturiere esportatrici, i nostri produttori di qualità, le nostre città d'arte o di villeggiatura

sanno che l'Italia guadagna dalla globalizzazione e perde con il sovranismo. Meloni va sconfitta, non demonizzata».

 

Che influenza avrà la Russia su questo voto?

«Da anni la propaganda russa influisce sulle elezioni e i referendum europei. Chiedete agli inglesi ciò che è avvenuto con il referendum Brexit. Ma questa

volta l'influenza russa passerà soprattutto dalle politiche energetiche più che da Twitter. Più aumenta la bolletta, più è un problema per le famiglie,

più c'è un voto di protesta. Anche se nessuno ha il coraggio di dire una semplice verità. E cioè che l'inflazione in Italia dipende da fattori internazionali,

certo, ma anche da scelte sbagliate come gli errori del bonus facciate e del 110% che hanno permesso truffe e aumentato l'inflazione. I danni che Conte

e i grillini hanno fatto al Paese si misurano ormai in decine di miliardi, purtroppo».

 

Perché un elettore dovrebbe scegliere una forza che non compete per vincere?

«Perché finché c'è questo sistema parlamentare l'unico voto utile è mandare persone serie in Parlamento».

 

Scenario: il centrodestra è avanti nel risultato ma non ha i numeri in una delle due Camere. Chiede una mano a voi, cosa fate?

«Noi non voteremo la fiducia a un governo Meloni, punto. Se questo esecutivo vedrà la luce noi saremo una opposizione preparata e civile. Se la destra

non avrà i numeri come è possibile solo se noi facciamo un bel risultato punteremo a un governo Draghi».

 

Letta dice che ogni voto a voi è un voto a Meloni.

«Ma dai, siamo seri. Ogni voto a destra è un voto a Salvini e Meloni. Ogni voto al Pd è un voto a Letta e Di Maio. Ogni voto a noi è un voto a Calenda

e Renzi. Punto, non facciamo piccole e meschine demagogie. Ogni tweet di Letta di queste settimane, invece, è stato un regalo a Meloni e Conte: anche in

casa Pd cresce lo sconcerto su come il segretario sta facendo campagna elettorale. Per non parlare dei tweet contro Israele o delle vicende di Frosinone

su cui è meglio stendere un velo pietoso».

 

La legge elettorale, il Rosatellum, è uno scandalo: coalizioni fasulle, alleanze alla rinfusa, candidati eletti in larga parte per nomina d'ufficio. Fa

autocritica?

«Nel modo più categorico no. La legge elettorale del 2017 non è la mia legge, anzi è il frutto del fallimento della mia riforma. Io avevo introdotto -

mettendo la fiducia - una legge elettorale basata sul ballottaggio, sul modello di quella dei sindaci e col 55% a chi avesse vinto al secondo turno. Fallito

il mio disegno costituzionale - che rivendico oggi più di ieri - quasi tutte le forze politiche si sono alleate su un modello approvato dal Pd fino alla

Lega. Se le forze politiche fanno alleanze finte, la colpa non è del Rosatellum. La nostra alleanza ha un programma chiaro e coeso».

 

Calenda disse che gli faceva orrore l'idea di una alleanza con Renzi.

«Calenda ne ha dette tante. Ma qui le chiacchiere stanno a zero: insieme abbiamo fatto alcune riforme utili al Paese, credo nel progetto politico e per

questo sto superando tutte le questioni personali e ho volentieri fatto un passo di lato pur di far partire questa sfida. Ciò che ci unisce è più di ciò

che ci divide».

 

 

(da www.matteorenzi.it - 21 agosto 2022)

 

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