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LA TRAPPOLA FATALE DEI DUE POPULISMI

di MASSIMO RECALCATI

la novità sarebbe grande. Esistono elettori, storicamente Pd, che temono una eventuale alleanza post-elettorale del loro partito con il M5S e che hanno vissuto con grande delusione il fallimento del patto con Calenda e l'apertura alla sinistra "massimalista". In gioco è ancora una storica oscillazione del Pd verso una dimensione populista che Goffredo Bettini non perde occasione per ricordare di essere, in realtà, il suo destino più Coerente.

La recente nascita del cosiddetto "terzo polo" è per il momento la novità di queste elezioni.
Grande o piccola? Piccola se si riconduce questa nascita all'attuale crisi dello schieramento del centrodestra smembratosi con la caduta del governo Draghi. In questo caso il progetto avrebbe davvero il fiato corto. Non certo perché non esistano cittadini moderati e liberali che non se la sentono di votare una destra sempre più reazionaria e sovranista e sempre meno liberale e moderata. Il problema però mi pare assai più ampio e coinvolge l'intera area riformista del nostro paese. In questo caso la novità sarebbe grande. Esistono elettori, storicamente Pd, che temono profondamente una eventuale alleanza post-elettorale del loro partito con il M5 S e che hanno vissuto con grande delusione il fallimento del patto con Calenda e l'apertura alla sinistra "massimalista". In gioco è ancora una storica oscillazione del Pd verso una dimensione populista che Goffredo Bettini non perde occasione per ricordare di essere, in realtà, il suo destino più coerente.

In questione non sono tanto le scelte dell'attuale gruppo dirigente del Pd, ma il futuro del riformismo nel nostro paese. Si potrebbero fare numerosi esempi. Uno, tra i più lampanti, concerne la politica internazionale. Qui abbiamo potuto percepire nitidamente cosa può essere un populismo di sinistra. Il pacifismo come vuota retorica, compreso il giudizio politicamente equidistante (tra Nato e Russia) sui fatti della guerra in Ucraina, rivelano l'esistenza di una diffusa cultura di sinistra che non si è ancora emancipata dal pregiudizio anti-atlantista e da postulati ideologici di matrice novecentesca. Ma chi non è contro la guerra? Tuttavia, la forza emotiva di questo ideale pacifista deve poi tradursi in effettive decisioni politiche. Affermare, come accade nel populismo di sinistra, che "essere per la pace è essere contro ogni guerra" è purtroppo solo uno slogan che alla prova della realtà si rivela totalmente inadeguato poiché in una guerra di aggressione il popolo aggredito ha sempre il sacrosanto diritto a difendere la sua libertà.

Il discorso si potrebbe facilmente estendere a gran parte, se non a tutti, i grandi temi al centro di questa campagna elettorale; quello ecologico-ambientale, quello dei diritti, quello del lavoro, quello della difesa dei ceti sociali più fragili, ecc. Il rischio del populismo di sinistra è sempre in agguato. Si prenda l'esempio della Scuola. Ritengo, come molti elettori di centrosinistra, non solo corretto ma assolutamente necessario, come ha proposto il PD, aumentare gli stipendi agli insegnanti per valorizzarne la loro insostituibile funzione civile e culturale. Ma possibile che non vi sia stata una sola parola sulla necessità, altrettanto urgente, di una selezione rigorosa del corpo docente? La meritocrazia resta, infatti, una parola impronunciabile in qualunque lessico populista.
Possiamo allora continuare a misconoscere il fatto che esiste una parte degli insegnanti della Scuola pubblica che sarebbe meglio non facesse questo lavoro? E possiamo continuare a non premiare i migliori, a non riconoscerli nella loro straordinaria funzione nel nome di una tutela pubblica permanente senza contropartita?

Con la nascita del terzo polo - questa sarebbe una grande novità - si renderebbe ancora più evidente l'esistenza di due diverse idee di centrosinistra: una che ha reciso da tempo il suo legame con il populismo ideologico e un'altra che nutre invece una attitudine nostalgica per un passato glorioso e una identità politico-culturale solida. E' una divisione che nei fatti condiziona anche le scelte politiche di Letta che se per un verso è stato risoluto nello sciogliere ogni legame elettorale e politico con il M5 S, per un altro verso ha stipulato accordi con una sinistra estranea di principio ad ogni cultura di governo. Sarebbe facile semplificare il ragionamento chiedendosi cosa c'entrino tra loro Cottarelli e Fratoianni. La nascita del "terzo polo" potrebbe essere allora una grande novità se riuscisse davvero ad incidere sull'intera area riformista nel nostro paese. Il problema è serio e riguarda probabilmente la storia politica del centrosinistra negli ultimi decenni, ovvero la compatibilità di una sinistra riformista non massimalista e non ideologica con una sinistra che non riesce a pensare il nostro tempo senza ricorrere a paradigmi ideologici, gli stessi che, per fare un altro esempio, hanno impedito l'approvazione della riforma costituzionale del 2016. Bisognerebbe allora avere il coraggio di portare sul monte le proprie ceneri, come invitava a fare lo Zarathustra di Nietzsche. Questo gesto renderebbe il terzo polo una grande novità destinata a durare. Se invece mancherà questo genere di respiro lungo, assisteremo, alle prime difficoltà, al triste e spesso penoso rituale degli addii.

(da La Stampa - 17 agosto 2022)

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