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Il polo draghiano è appena nato e già comincia a sparigliare

di Mario Lavia

La Grande Incognita si è messa in cammino. «Per il terzo polo ci sono elementi di piattaforma programmatica e spazio politico che possono far pensare a consensi da un minimo del 6% a una doppia cifra. Il centro pesca dal consenso a Draghi, rimasto sospeso intorno al 50% e che la lista di Azione insieme a Italia viva può interpretare, essendo Renzi e Calenda da sempre stati coerenti sostenitori del premier».

Lo ha spiegato all’Adnkronos il sondaggista Fabrizio Masia facendo una previsione diversa da quella formulata da YouTrend, che assegnava a Azione un miserrimo 2% e poco più a Italia viva. Conclusione ovvia: non è oro colato Masia, non era oro colato YouTrend. I sondaggisti non si offendano dunque se si osserva che valgono quello che valgono, e che ognuno può dire la sua, il mondo è bello perché è vario.

Nel caso specifico del Terzo Polo nato ufficialmente ieri poi la questione è davvero complicata, come sempre davanti a una formazione che fa il suo esordio elettorale, tanto che anche Masia si è tenuto comprensibilmente molto “largo”, ipotizzando uno spazio tra il 6, risultato brutto, a una doppia cifra che può essere un mezzo trionfo, segno che la nuova lista è realmente la Grande Incognita di queste elezioni, può non contare nulla come può cambiare tutto: è la forza delle novità.

Tanto novità che ancora non se ne conosce il nome. Perché ognuno la può pensare come vuole ma non c’è dubbio che il Terzo Polo sia il fatto nuovo della situazione politica e in particolare di questa campagna elettorale, una novità tra due alleanze sperimentate è un po’ tardonovecentesche, una “Cosa” che alla fine potrà fare un buco nell’acqua, ma chi lo sa. È su questo che gira l’interrogativo cruciale delle prossime settimane: riusciranno Calenda e Renzi a togliere un po’ di voti alla destra, soprattutto mediante i dissensi forzisti, impedendo che i sovranisti abbiano la maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento?

Perché se ce la dovessero fare – ha detto ieri Renzi alla Versiliana – «a quel punto gli diremmo di accomodarsi e chiameremmo Mario Draghi». Ecco perché Pd e Terzo Polo dovrebbero forse smetterla di darsele di santa ragione, pur considerando che un po’ di strascichi delle note vicende di queste settimane restano. Enrico Letta si sta concentrando sul suo programma e sulla sua squadra ignorando il Terzo Polo e anzi dando l’idea che per lui non esiste, ma uno come il leader di Italia viva la battuta non se la tiene: «C’è chi dice che Letta voglia fare il segretario generale della Nato: con quella capacità strategica, i russi arrivano in Portogallo…».

E tuttavia nella sostanza Renzi ha fatto un bel passo indietro accettando che nel simbolo della lista comparisse bello grande il nome di Calenda, il leader della formazione, l’uomo che in questi giorni ha suscitato tante discussioni ma che è quello che potrebbe imprimere una velocità particolare al messaggio terzopolista. E lui, stanco ma felice, ha detto ieri sera a Linkiesta che «i cittadini hanno voglia di uscire da trent’anni di bipopulismo. Faremo la campagna con la forza di proposte di buonsenso diventando il primo partito». Il rapporto con Renzi funziona, i due sono stati sempre a messaggiarsi e a sentirsi, ieri si sono anche visti. Da notare, a proposito del simbolo, la menzione di “Renew Europe”, il riferimento europeo di Renzi e Calenda, il gruppo europeo costruito negli anni da Sandro Gozi e altri nel segno del macronismo e del riformismo liberale, l’orizzonte che i due leader hanno in mente guardando alle Europee del 2024. Se la creatura che è nata ieri si sarà data le gambe per correre.

(da www.linchiesta.it - 12 agosto 2022)

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