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Cresce il numero del non voto - Qualcuno ci pensa?

 

Di Antonio Rossetti

 

Astensionismo, parlarne con preoccupazione, per poco tempo e dimenticare tutto fino alla prossima consultazione elettorale

 

In ogni occasione elettorale, in modo più o meno rilevante, si torna a parlare di astensionismo, ma nessuno, o quasi, spende tempo per discutere, confrontare le varie opinioni e cercare qualche risposta alla sfiducia crescente nei confronti della politica e dei partiti.

Il 12 giugno 2022 il voto per i referendum ha visto ridursi al 20% del totale degli elettori la partecipazione al voto.

La soddisfazione, di coloro che non condividevano i quesiti e neppure le ragioni, ha prevalso rispetto al significato di non partecipazione al voto.

Si sono tentate spiegazioni, la scarsa informazione, la complessità della materia e dei quesiti, la presenza di altri temi sia sul piano nazionale e internazionale che hanno prevalso nel dibattito tra politici e partiti.

Alcuni degli esponenti dei partiti, maggiormente presenti in Parlamento, hanno rivendicato la funzione del Parlamento sulle materie importanti e delicate come quella relativa alla giustizia.

Infatti sono molti i cittadini che si lamentano della incapacità del Parlamento ad affrontare argomenti così importanti, ma ciò che appare contraddire la posizione dei partiti, che ne rivendicano il ruolo importante, dimostra quanto siano confusi.

Se è il Parlamento il luogo appropriato è il Parlamento che deve assumere la responsabilità di legiferare e non rinviare, forse alla prossima legislatura, le materie complesse.

I referendum abrogativi, spesso, risultano insufficienti per migliorare e risolvere questioni che richiedono proposte e confronti, impraticabili con il referendum.

Visto il risultato c’è da attendere un grande risveglio del Parlamento sulla materia, Letta e Conte in prima linea, non resta che aspettare.

Astensionismo, non è solo sui referendum

Nella stessa giornata del 12 giugno 2022, si sono svolte le elezioni amministrative in 975 comuni, tra questi 26 capoluoghi di provincia di cui 4 capoluoghi di regione. I sindaci eletti sono 906, al ballottaggio vi saranno 65 comuni, mentre 4 elezioni sono state sono annullate o rinviate.

Dai dati del primo turno delle amministrative risulta evidente un ulteriore crescita delle astensioni dal voto, questo è avvenuto anche nelle elezioni del comune di Lucca. Astensione superiore al 50%. (nell’ipotesi di quorum come per i referendum sarebbe stato necessario qualche altro meccanismo: Commissario, ripetizione).

Le elezioni comunali, a Lucca, con 21 liste, 7 candidati sindaco, 601 candidati consiglieri, hanno segnato un record negativo, rispetto elle elezioni del 2017. Leggendo i nominativi delle perone candidate nelle liste si possono riscontrare alcuni problemi, tra questi, l’assenza di giovani che nel corso degli ultimi 10 anni si sono impegnati e oggi non hanno deciso di proseguire, altre candidature risultano esterne alla città, niente di vietato, ma denota la difficoltà a dare spazio alle persone del territorio, mentre alcune candidature di” esperienza” hanno   trovato difficoltà a recuperare posizioni di consenso pregresse. 

Siamo ai livelli inferiori al 50% di votanti.

Da considerare ancora che 11 delle liste presentate non erano complete, non è obbligo presentare 32 candidati, come nel caso di Lucca, ma qualche segnale rispetto alla disponibilità ed alla frettolosità nel predisporre le liste risulta evidente così come saranno da valutare le reazioni, rispetto alla politica, degli 86 candidati per i quali, ad oggi, risultano zero preferenze. Certo vi sono candidati che hanno avuto consensi elevati, spesso si tratta di persone con esperienza e che si sono meritate il consenso con il loro impegno nel corso degli anni. Ma la riflessione sembra più che necessaria.

La conoscenza e la competenza valgono anche per la politica, ma di questo si parla sempre poco e molto meno si fa.

Non mi pare vi sia stata una vera e propria ricerca delle ragioni per le quali sta crescendo l’astensione. L’argomento viene esaminato per qualche ora e rinviato alla successiva consultazione.

La discussione sui motivi veri, tra questi, la distanza tra promesse e realizzazioni, il ricorso a programmi pigliatutto, a partiti che si aggregano, anche se in forma di liste civiche, per accodarsi al candidato sindaco, di partiti del leader e di liste che cambiano nomi e persone ogni elezione, di riempimenti per comporre liste con  persone che restano impegnate per pochi giorni, di partiti che sono sempre meno presenti in forma stabile e con partecipazione attiva che assuma consistenza e continuità di rapporti non limitata al clic e le immagini.

Ve ne sono molte altre che riguardano aspetti rilevanti del Governare a livello locale e non solo.

Una vera e propria ricerca dei limiti e degli errori per ricostruire vere e proprie realtà di confronto e di ricerca delle soluzioni e per la scelta di uomini e programmi.

Si possono aggiungere strumenti utili a migliorare queste forme di partecipazione, eppure si inventa il ritorno a queste forme dirette del porta a porta ogni 5 anni, come se per tutto il restante quinquennio non si sentisse per niente la utilità dei rapporti con i cittadini e con gli elettori.

Partiti e altre organizzazioni tendono a ridurre le occasioni di confronto e laddove si fa prevalere la logica del leader, che si alza e detta la linea, poi la cambia due giorni dopo, senza bisogno di consultare organi eletti e mettere al voto i nuovi cambiamenti di programma e di alleanze, quasi si trattasse di rapporti personali e basta.

La fatica di discutere e di ricercare il consenso con il confronto è una fatica necessaria, i risultati elettorali di queste amministrative, oltre ad una crescita delle astensioni, hanno messo in evidenza l’importanza di recuperare rapporti “stabili” diciamo di una vicinanza necessaria per comprendere e scegliere quali obbiettivi sono importanti per le persone e per i loro luoghi di vita e di lavoro.

E’ improbabile che vi sia una scelta che favorisca la crescita di fiducia nella politica, ma i ci dobbiamo chiedere a quale punto si pone l’asticella dell’astensione per porre davvero attenzione ad un fenomeno, non solo italiano, al 60%, o ancora di più?

Se leggiamo i dati degli anni, che non ci sono più, le percentuali erano, soprattutto per il comune, molto alti, anche a Lucca, si dirà altri tempi, ma non sarebbe male riprendere seriamente la discussione e il confronto su ciò che nella piramide dei bisogni si trova nei posti da considerare fondamentali per costruire fiducia per convinzione e quindi partecipazione per scelta.

Per alcuni, il calcolo delle probabilità di essere eletto, ad alti livelli, appare come un colpo di fortuna, non sempre immeritato, ma sempre colpo di fortuna. 

Se la politica trascura ciò che è fondamentale difficilmente si vedrà ridurre il numero degli astensionisti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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