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I finti pacifisti - La lezione di Mattarella contro l’equidistanza di fronte all’aggressione russa

di Mario Lavia

Dinanzi al dilagante neutralismo e alla imbelle deriva di un pezzo dell’opinione pubblica (anche politicamente non lontana da lui), il presidente Sergio Mattarella è dovuto intervenire per ristabilire l’inaccettabilità dell’equidistanza tra Russia e Ucraina.

 

A poco meno di due mesi dall’invasione delle truppe di Vladimir Putin, è suonata la sveglia del Quirinale. Un vero e proprio strale verso chi dimentica la lezione di chi, come i partigiani italiani, non si arrese anche al costo – perché è un costo, e terribile – di prendere le armi per un futuro di pace.

 

Ed è una specie di arco morale e politico che abbraccia la data del 25 aprile 1945 e del 24 febbraio 2022 quello che Mattarella disegna ricordando la Resistenza come «un’esperienza terribile; che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita, negli ultimi decenni, la convivenza pacifica tra i popoli».

 

Quella «esperienza terribile» 77 anni fa potè finire perché non ci «si arrese alla prepotenza» e «il popolo in armi» affermò così «il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista».

Faranno finta di non aver sentito, le anime belle che «dimenticano» cosa stiamo stati noi e oppongono la diplomazia alle armi come se gli ucraini avessero chissà per quale ragione disertato un tavolo di mediazione già bell’è pronto per seguire come pecore una Casa Bianca desiderosa di gettare miliardi di dollari nelle fornaci di Bucha e di Mariupol.

 

Quel tavolo non è mai esistito e non esiste, come si è capito anche ieri dal colloquio che Vladimir Putin ha avuto con Charles Michel. E tuttavia, dopo l’Anpi (o meglio: la post-Anpi di Pagliarulo) anche gli organizzatori della marcia Perugia-Assisi hanno pensato bene di produrre un manifesto neutrale – «Fermatevi» – facendo finta di non sapere che non è in corso una guerra tra due Stati ma un’invasione di uno Stato (democratico) da parte di un altro (dittatoriale).

 

Torna quindi quell’equidistanza oggettiva del pacifismo italiano che contrasta vistosamente con l’orientamento del Quirinale (oltre che di Palazzo Chigi e del Parlamento). E infatti il presidente della Repubblica – il quale chissà se fosse a conoscenza dell’orrendo manifesto della marcia – è tornato a condannare l’aggressione in termini durissimi: «In queste settimane abbiamo assistito con profondo senso di angoscia a scene di violenza su civili, anziani donne e bambini – ha detto Mattarella – all’uso di armi che devastano senza discrimine, senza alcuna pietà.

 

L’attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha giustificazione alcuna.
La pretesa di dominare un altro popolo, di invadere uno Stato indipendente, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo». Quindi bisogna fermare i soldati di Putin prima che sia troppo tardi: «I sacrifici, sono inferiori ai rischi della guerra».

Già, c’è un tutto un mondo che in queste settimane dimentica quando le armi erano impugnate dagli antifascisti italiani che volevano la pace, perché questo infine era l’obiettivo, certo non disgiunto da quello della conquista della libertà.

È una sottolineatura molto opportuna, quella del Capo dello Stato, giacché va di moda escludere anche con un certo fastidio l’accostamento tra la nostra Resistenza e quella degli ucraini quando invece le analogie sono evidenti (e che banalità sottolineare la diversità dei contesti!): due popoli oppressi, militarmente occupati, che con le armi si battono per difendere la loro dignità e riconquistare la libertà, mossi in entrambi i casi dalla volontà di non assecondare la prepotenza e dunque di ristabilire l’ordine morale degli uomini sul disordine hobbesiano dei lupi contro lupi.

 

Ora, se la guerra di Resistenza degli italiani fu anche un fatto morale, opinione condivisa da tutti i democratici, non si capisce perché non debba esserlo anche quella del popolo ucraino: questo ci sembra, senza volerlo forzare, il senso del messaggio del Presidente in un momento specialissimo della guerra contro le truppe del Cremlino, un momento che stando tra l’equilibrio e il disequilibrio può orientare il corso delle cose in un senso o nell’altro e nel quale sembrano prevalere nell’opinione pubblica italiana stanchezza e finanche fastidio verso Kiev.

 

È importante anche per questo che Sergio Mattarella abbia di nuovo fatto sentire la sua voce, salutando il nostro 25 aprile ed evocando indirettamente un 25 aprile ucraino. Il contrario dell’equidistanza.

(da www.linchiesta.it - 24 aprile 2022)

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