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La crisi del bipopulismo è ormai conclamata, adesso è il momento del paletto di frassino

di Francesco Cundari

Lo splendido spettacolo offerto dalle contorsioni del Movimento 5 stelle, con Giuseppe Conte a dichiarare che la sua leadership non dipende dalle «carte bollate» e Beppe Grillo a rispondergli che «le sentenze si rispettano», rischia di distrarre l’attenzione dal quadro d’insieme. Agli spasimi del primo partito populista d’Italia vanno infatti affiancate le meno appariscenti ma non meno violente scosse che agitano nel frattempo il campo sovranista, con gli scambi di accuse sempre più pesanti tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Sembra un sogno: Lega e Movimento 5 stelle, i trionfatori delle elezioni del 2018, i due campioni del bipopulismo italiano, i protagonisti di quella maggioranza gialloverde che per un attimo minacciò di portarci fuori dall’euro, mettere in stato d’accusa Sergio Mattarella e trascinarci a passo di carica verso la bancarotta economica e civile, nel breve volgere di una legislatura, appaiono già agonizzanti.

La perfetta simmetria delle due crisi non è una coincidenza. Lo scenario da incubo di una democrazia contesa tra due coalizioni illiberali, un centrosinistra populista guidato da Conte e un centrodestra sovranista guidato da Salvini (o da Meloni), esito tragico verso il quale fino all’ultimo ha tentato di portarci buona parte del passato e anche dell’attuale gruppo dirigente del Pd (non lo dimenticheremo mai), potrebbe apparire finalmente scongiurato.

L’ultimo tentativo lo ha fatto Enrico Letta, cercando di portare Mario Draghi al Quirinale, per correre alle elezioni anticipate con il suo amato sistema maggioritario, o con qualunque cosa tenga in piedi il bipolarismo di coalizione (perché sempre quello è il punto), in asse con Meloni, ormai convinta di poter guidare il centrodestra e arrivare così direttamente a Palazzo Chigi.

La rielezione di Mattarella, per il merito e anche per il metodo con cui è avvenuta, con la sconfitta di tutti gli aspiranti Napoleone della politica italiana, ha chiuso quella prospettiva, riaprendo dunque la strada opposta. È la ragione per cui da queste pagine l’abbiamo sostenuta sin dall’inizio: non perché abbiamo una particolare passione per il presidente Mattarella (personalmente sarei anzi piuttosto critico su diverse scelte del precedente settennato), ma perché la stabilizzazione del governo Draghi e l’emarginazione dei contrapposti populismi è un’occasione irripetibile per mettere finalmente in sicurezza il sistema, dopo i rischi corsi nel 2018.

Il lampo improvviso della politica, quella politica che per fortuna, per l’elezione del presidente della Repubblica, vede ancora al centro il Parlamento, l’autonomia e l’indipendenza di ogni rappresentante del popolo, per convincere il quale non basta una diretta Facebook o un video su TikTok – questa cosa antica e grandissima – è stato come un raggio di luce che ha abbagliato il vampiro del populismo italiano.

Ora però è il momento del paletto di frassino. Il cuneo da conficcare immediatamente nel cuore del bipopulismo è una legge elettorale proporzionale che metta fine alle coalizioni pre-elettorali, restituendo al Parlamento la centralità perduta anche in materia di formazione dei governi. Ora o mai più.

(da www.linchiesta.it - 9 febbraio 2022)

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