logo Fucinaidee

Un fertile inverno - Il congelamento dell'asse Quirinale-Palazzo Chigi ha scongelato i partiti. Evviva

 

di Francesco Cundari

 

Il terremoto che sta squassando tutti gli schieramenti e quasi tutti i principali partiti, diretta conseguenza di quanto avvenuto nelle votazioni per il presidente della Repubblica, permette di capire meglio il significato di quel che è avvenuto, ma anche di quello che ci aspetta.

In due parole, potremmo dire che si sono confrontate due ipotesi: da un lato chi puntava a sconvolgere l'equilibrio istituzionale garantito dall'asse Quirinale-Palazzo Chigi per congelare gli equilibri interni a partiti e schieramenti, così da puntellarne le rispettive leadership; dall'altro chi voleva, e ha ottenuto, l'esatto contrario. Il congelamento degli attuali assetti istituzionali ha prodotto infatti la grande slavina che minaccia – o per meglio dire promette

– di cambiare il panorama del nostro sistema politico.

Ecco il primissimo motivo, tra tanti, per salutare con gioia il fallimento del tentativo di mandare Mario Draghi al Quirinale, mettendo in crisi il governo e puntando a elezioni anticipate in cui contendersi la guida del paese in una competizione maggioritaria tra centrodestra e centrosinistra, al grido «winner takes all», con effetti ulteriormente radicalizzati dal taglio populista dei parlamentari.

La rielezione di Sergio Mattarella è il muro contro cui sono andati a sbattere, a fortissima velocità, tutti i principali beneficiari dell'onda populista con cui era cominciata la legislatura.

Di qui il contraccolpo durissimo ricevuto dalla leadership di Matteo Salvini, ma anche e forse persino di più, a ben vedere, dalla sua rivale Giorgia Meloni

(non per niente la più furiosa), passando per un Movimento 5 stelle già in pezzi prima ancora che la partita cominciasse, e in cui ora, tra le macerie, è scoppiata la guerra civile tra sostenitori di Giuseppe Conte e seguaci di Luigi Di Maio. Con effetti assai positivi anche sul Partito democratico, non foss'altro perché, anche qualora volesse insistere sulla strada dell'alleanza strutturale, non saprebbe nemmeno, esattamente, con chi allearsi.

La battaglia di domani sarà dunque tra gli sconfitti di oggi che cercheranno la rivincita, rilanciando il Mattarellum, il doppio turno o altri sistemi elettorali in grado di riemettere in piedi a forza coalizioni elettorali senza più senso, e chi cercherà di consolidare e incoraggiare il cambiamento.

E il cambiamento, come è evidente dalle cronache di questi giorni, passa proprio per una legge proporzionale che a quelle protesi metta fine, lasciando i partiti liberi di presentarsi e prendere voti sui propri simboli e sui propri programmi, se ne sono capaci. E di trovare dopo, in parlamento, alleanze e accordi necessari a realizzarli, quei programmi. Sempre se ne sono capaci.

La prova data da molti dei leader attuali nell'elezione del presidente della Repubblica spiega perché oggi gran parte di loro sia a rischio licenziamento.

Bravissimi con i selfie, le campagne di odio e di insulti, la contrapposizione isterica e manichea tipica del bipolarismo maggioritario, sul terreno della politica, al momento di misurarsi con gli altri sulla capacità di trovare compromessi ragionevoli e allargare il consenso intorno a una proposta, hanno fatto la figura che hanno fatto.

Semmai la difficile battaglia per un sistema rifondato sulla centralità del parlamento e su grandi partiti democratici dovesse avere successo, di questi leader di sicuro non ne sentiremo la mancanza.

 

(da www.linchiesta.it - 1 febbraio 2022)

 

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina