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Mattarella bis: un esito facilmente prevedibile

di Paolo Razzuoli

No, non ci voleva la sfera di cristallo per prevedere l'esito dell'elezione del Presidente della Repubblica.
So che risulta molto antipatico, ma è almeno dall'inizio di gennaio che, a chi mi ha chiesto cosa ne pensassi, ho detto che l'esito sarebbe stato quello che si è puntualmente verificato.
Per giungere a questa conclusione era sufficiente un sano realismo, una sufficiente dose di capacità di lettura dei contesti politici, un po' di esperienza e memoria di queste vicende.

Entriamo un po' nei dettagli.
Il sistema politico si è avvicinato all'appuntamento elettorale nel peggiore dei modi. Anzitutto la imprescindibile realtà dei numeri che non consentiva a nessuno dei due schieramenti, (ammesso e non concesso che esistano), di eleggere un presidente. Dichiarazioni roboanti, veti ed esibizioni muscolari ne abbiamo sentite, ma sono proprio queste che, aldilà della forma, attestano una sostanziale debolezza e comunque allontanano l'individuazione delle soluzioni.
Ma poi quali schieramenti. Nel centrodestra sono ormai anni che i protagonisti sono in competizione fra di loro. Poi ci si è messo di traverso il solito Berlusconi, che chiunque sapeva che mai sarebbe potuto essere eletto, ma che comunque ha danneggiato il suo presunto schieramento, bloccando l'avvio di qualsiasi serio confronto.
Anche nell'altro campo le cose non erano rosee, con un Pd balbettante ed un M5S ormai in fase decompositiva, percorso dal clima di si salvi chi può, e comunque rappresentato da figure su cui è meglio stendere un velo pietoso.
Insomma schieramenti ormai meramente nominalistici, che prima si scompongono meglio è per la politica e più in generale per il Paese.

Poi il tema di Mario Draghi, la cui opera meritoria non sarà mai sufficientemente lodata, ma che in questa circostanza si è mosso male, forse per inesperienza politica e forse anche mal consigliato. E' chiaro che certi atteggiamenti un po' troppo dinamici ed interessati alla carica quirinalizia, gli sono nuociuti, così come sono state fortemente fuori luogo certe dichiarazioni a favore della sua candidatura, che auspicavano una presidenza tanto interventista da far scattare il sospetto che si cercasse di modificare gli equilibri costituzionali a Costituzione invariata.
Poi, nonostante l'ampia maggioranza che sostiene l'attuale governo, sono anni che si coltiva il virus micidiale della reciproca delegittimazione: una tossina ammorbante che rende sterile l'individuazione di scelte condivise che, invece, richiedono attitudine al compromesso, capacità di sapersi mettere in discussione, e, perché no, anche una buona dose di generosità. Tutte condizioni che sono da anni venute meno, in una logica di retorica esibizione muscolare, in cui si dice e si fa ciò che si ritiene in quel momento convenga, per niente preoccupandosi degli effetti a medio-lungo termine o del bene del Paese. Insomma, la strabordante logica della "dittatura del presente", sperando di capitalizzare qualche consenso, costi quel che costi....

Pensare che in questo contesto si sarebbero trovate le condizioni per una idonea candidatura condivisa (come ci dicevano di alto profilo), era deltutto impossibile. Ecco quindi che, quando la situazione si imballava, c'era la scialuppa di salvataggio, ovvero la conferma di Mattarella, nell'ambito di un accordo quantomeno nel recinto della maggioranza governativa. E' vero che Mattarella in questi mesi ha ripetutamente detto di non volere la conferma al Quirinale, ma, un profilo di "uomo delle istituzioni" quale mattarella indiscutibilmente è, non si sarebbe potuto chiamare fuori di fronte ad una situazione tanto drammatica e pericolosa per la stabilità della nostra Repubblica.

Ebbene, è ciò che si è puntualmente verificato....

Mattarella è sicuramente una delle figure più affidabili, che ha mostrato nel suo settenario al Quirinale grande saggezza, indiscutibile equilibrio, grande rispetto per la Costituzione, sobrietà nei modi, nel linguaggio e nello stile.
Doti molto apprezzate dalle forze vive della nostra società che, infatti, hanno espresso soddisfazione per la sua conferma.
Ovviamente apprezzamenti pervenuti anche dai leader delle forze che lo hanno nuovamente eletto, se pur in passato avevano assunto toni di altro segno. Ma questa è la politica....

Tornando ai significati politici, non vi può essere dubbio alcuno che la vicenda suona come un campanello di allarme (ove ancora ce ne fosse bisogno), sulla capacità degli attuali partiti di assolvere al loro ruolo. Ma anche una opportunità per la stabilità che dovrebbe garantire sino alle elezioni del 2023. Infatti, dato che a nessuno sfuggie l'intreccio fra il Quirinale e Palazzo Chigi, (l'accordo è infatti stato un accordo nel recinto dell'attuale maggioranza di governo), il tandem Mattarella-Draghi rappresenta il fattore di massima stabilità possibile, di cui c'è tanto bisogno per le ragioni che tutti sappiamo. Dopo le incertezze e fibrillazioni di queste settimane, è auspicabile che l'azione di governo riprenda slancio, anche in ragione del rafforzamento del ruolo di Mario Draghi, la cui insostituibile funzione di governo è stata in questi giorni tanto sottolineata. E di un'azione più incisiva sappiamo quanto ce ne sia bisogno, sia per la gestione dell'emergenza pandemica, sia in ragione delle scadenze legate al PNRR, sia per l'urgente bisogno di riforme di cui il sistema Italia non può fare a meno se intende imboccare la strada della crescita. E un Mario Draghi meno condizionato dai partiti, insomma in condizione di battere qualche pugno sul tavolo, non può che fare bene al Paese.

E sul versante dei partiti e degli schieramenti?
Direi che è emerso con evidenza ciò che sapeva benissimo chi volesse guardare un po' oltre la superficie, ovvero che gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra non esistono più. Entrambi hanno riportato vistosissime crepe: il centrodestra direi una voragine; ma anche il centrosinistra è attraversato da crepe di notevole profondità.
Una situazione da tempo più o meno carsica, ma che in questi giorni è venuta completamente alla luce del sole.
I fatti sono tanto noti da non richiedere alcun commento. Delresto, sulla fine di questo presunto assetto bipolare già ho avuto modo di scrivere in numerose circostanze.
Nessun serio progetto di rilancio del Paese potrà prescindere dalla messa fuori gioco dei populismi, di destra o sinistra che si ammantino; è la sconfitta del bipopulismo, un fattore ineluttabile se seriamente si intendere attivare un percorso riformatore.
Il tema vero è quindi lo scongelamento di questo finto bipolarismo, obiettivo che presuppone due fattori imprescindibili: il primo è la volontà di coloro che a questo percorso potranno partecipare; il secondo sono gli strumenti elettorali in grado di agevolarlo.
E' chiaro a questo punto che si arriverà al 2023, scadenza naturale della legislatura. Quindi, oltre al PNRR ed alle riforme ad esso collegate, ce n'è una di cui è auspicabile che le forze più responsabili prendano coscienza: è la riforma della Legge Elettorale.
Penso soprattutto al Pd, che sarebbe ora che abbandonasse qualsiasi idea della perversa convergenza con Conte ed i suoi accoliti, per imboccare invece quella della costruzione di un vero campo liberal-riformista, con le forze disponibili, anche se sinora collocate in campi alternativi.
Per questo occorre procedere quanto prima al varo di una vera legge elettorale proporzionale, senza premi di maggioranza e dunque senza coalizioni precostituite, con una soglia di sbarramento che garantisca dalla proliferazione dei partiti e con tutte le norme anti-trasformiste di cui Letta ha ricominciato a parlare (con tempismo discutibile, ma è la sostanza che conta).
Questo è quello che c’è da fare oggi, guardando avanti e pensando all’interesse dell’Italia. E non c’è altro da aggiungere, salvo l'auspicio che il Parlamento che nel 2023 uscirà mediante la nuova Legge Elettorale, sappia isolare i bipopulismi, sappia dar vita ad una maggioranza realmente riformista, e sappia altresì gestire i rinnovi delle più alte cariche dello Stato, ove le circostanze dovessero richiederlo, in modo diverso dall'attuale, oserei dire in modo più dignitoso, insomma mostrando di essere meritevole della fiducia degli italiani. Un Parlamento inoltre che sappia erigere qualche efficace argine alla deriva di una "democrazia rappresentativa" che sembra dirigersi sempre più verso le secche illusorie di una democrazia recitativa".

Lucca, 31 gennaio 2022

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