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Commento introduttivo

Si fa presto a dire "ENERGIA GREEN", o "transizione ecologica".
Ma quando si esce dal solito parlottìo le cose in Italia sono tutt'altro che semplici e lineari.

Certo, la transizione ecologica è una cosa molto seria, ma va impostata sulla base di un disegno concreto, individuando le priorità, e sapendo che comunque anche l'economia green ha i suoi costi in termini ambientali.
Le attività dell'uomo hanno da sempre impattato sull'ambiente. Il tema vero è quello della ricerca delle compatibilità fra le attività antropiche e la tutela amientale: occorre insomma trovare un equilibrio, sapendo che l'impatto zero non esiste.

La pretesa di un estremistico "dobbiamo salvaguardare tutto" conduce all'immobilismo, quindi paradossalmente allontana gli obiettivi green.
In Italia tutti d’accordo, serve la transizione energetica, prima l’ambiente; poi quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, allora i comitati del no raccolgono le firme, i sindaci intasano i Tar di ricorsi, le Regioni emanano leggi che vietano tutto, le procure fanno tintinnare le manette, i politici velleitari vanno dietro agli umori della gente sperando di trarne vantaggi elettorali.

In troppi decenni di sciagurata demagogia, si è andati al rimorchio dei più sgangherati comitati, così come la politica ed anche la magistratura hanno assunte decisioni sulla spinta di istanze prive di un respiro di prospettiva.

E i risultati non possono essere che quelli descritti nel testo che propongo ai lettori di Fucinaidee.
Occorre un cambio di passo, ma sarà un'impresa gigantesca, dopo decenni in cui certi virus sono stati inoculati nel tessuto sociale, osteggiando come reazionari - o con altri epiteti anche peggiori - coloro che, con una discreta dose di coraggio, hanno cercato di far sentire la loro voce fuori dal coro.

Paolo Razzuoli

IMPRESE SOTTO TIRO ENERGIA GREEN

di Jacopo Giliberto

Rinnovabili, investimenti al palo: troppi vincoli per i nuovi progetti Scarsa la domanda d’incentivi all’ultima asta bandita dal Gse

Agostino Re Rebaudengo: di questo passo gli obiettivi al 2030 raggiunti soltanto nel 2085

Green energy. Un impianto fotovoltaico. Il cammino delle nuove centrali rinnovabili è rallentato dai troppi vincoli Prima di tutto, il numero simbolo: 24,7%. È la percentuale quasi offensiva di quanti (pochissimi) incentivi per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili di energia siano stati assegnati l’altra settimana dalla nuova asta bandita dal Gestore dei servizi energetici. La gara del Gse, la quarta, è andata quasi del tutto deserta. In pochissimi concorrono perché gran parte delle centrali alimentate dalle fonti pulite vengono bloccate prima di entrare in marcia.

Tutti d’accordo, serve la transizione energetica, prima l’ambiente; poi quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, allora i comitati del no raccolgono le firme, i sindaci intasano i Tar di ricorsi, le Regioni emanano leggi che vietano tutto, le procure fanno tintinnare le manette, i politici velleitari informano i cittadini resi consapevoli da blog disinformati.

Dice Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura (l’associazione confindustriale delle aziende elettriche) e produttore di energia pulita: «L’eccessiva burocrazia è causa del record negativo segnato dal quarto bando. Mai così ampio è stato il divario tra il contingente di incentivi messo a disposizione, pari a incentivi per 1.881,6 megawatt, e le domande degli operatori, 465,5 megawatt, meno di un quarto». Dei quattro gruppi d’asta banditi dal Gse, la gara del gruppo B è andata del tutto deserta, quella del gruppo C ha registrato una percentuale di assegnazione del 15%, mentre quella del gruppo A ha avuto una partecipazione del 24% con 279 megawatt e un’ottima presenza di proposte per incentivi eolici (93%) ma il vuoto quasi totale per il fotovoltaico (7%).

L’Anie Rinnovabili, che raggruppa i produttori di impianti, ha censito che nei primi 10 mesi del 2020 sono stati costruiti in media impianti per 6 megawatt al mese per le centrali eoliche e 54 megawatt al mese per le fotovoltaiche, pari a «mancati investimenti privati stimabili tra i 550 e gli 850 milioni di euro».

Obiettivi a rischio

Sorride amaro Re Rebaudengo: «Il Piano nazionale energia e clima fissa per il 2030 gli obiettivi di energie rinnovabili. Ebbene, di questo passo gli obiettivi del 2030 verranno raggiunti, attenzione, solamente nel 2085. È un segnale importante per le scelte che dovrà adottare il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani».
A titolo di paragone, nell’ultima asta francese gemella di quella italiana le domande presentate dalle imprese erano il doppio rispetto al contingente di incentivi disponibile. Invece il senatore leghista Paolo Arrigoni fa il paragone con un altro Paese: «Il confronto tra i risultati delle aste per gli incentivi alle fonti elettriche rinnovabili in Italia e in Spagna è talmente impietoso da risultare addirittura umiliante per il nostro Paese».

Disturba il paesaggio

Nei primi 10 mesi del 2020, rileva il censimento dell’Anie Rinnovabili, le nuove istallazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico raggiungono complessivamente 650 megawatt di potenza (-26% rispetto al 2019) con andamenti diversificati per i tre comparti: positivo per fotovoltaico (+25%) e idroelettrico (+59%), negativo per l’eolico (-87%). Qualche esempio. Motivo la bellezza del paesaggio lucano, la Regione Basilicata aveva accolto con entusiasmo le perplessità della Sovrintendenza e aveva negato l’autorizzazione a un parco eolico. Gli avvocati di Gpa (Simona Viola, Bruno Tonoletti, Stefano Bucello e Massimiliano Rosignoli) hanno fatto ricorso al Tar e hanno vinto, sbloccando il progetto. Motivo ancora paesaggistico, ma questa volta in Sardegna. Italia Nostra ha contestato il progetto eolico di E2i a Florinas e si è rivolta al Tar per far bloccare il progetto, vincendo e mandandolo in fumo. Secondo Italia Nostra «la sentenza ribadisce che la Regione Sardegna ha tutto il diritto di deliberare che il 98,8% della superficie regionale non sia adatto all’installazione di gigantesche pale eoliche». Gli investimenti emigrano Non è un caso se gran parte degli investitori rinnovabili, fiutata l’aria pesante che si respira negli uffici pubblici italiani, vada a fare la transizione energetica all’estero. Come la Infrastrutture Spa che ha appena avviato in Cile impianti solari per 60 megawatt, oppure come la Saipem che ha ricevuto commesse del valore complessivo di circa 460 milioni di euro per posare in mezzo al mare il parco eolico offshore di Courseulles-sur-Mer in Normandia, a 16 chilometri al largo della costa del Calvados.

A tutto carbone

Secondo il presidente dell’Anie Rinnovabili, Alberto Pinori, «stanti questi risultati, l’obiettivo del phase-out del carbone diventa una chimera» e Salvatore Bernabei, amministratore delegato dell’Enel Green Power ha ricordato che il piano di investimenti in nuova capacità rinnovabile «contribuirà agli obiettivi di decarbonizzazione del gruppo e del Paese, con la progressiva sostituzione delle fonti tradizionali con quelle a zero emissioni».

(dal Sole 24 Ore -17 febbraio 2021)

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