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L’aizzatore e lo sfregio sovranista alla democrazia americana

di Ugo Tramballi

Avevamo visto i parlamenti presi d’assalto a Mosca, Minsk, Belgrado, in qualche paese latino-americano. Leggendo di un presidente che ha perso le elezioni, ne rifiuta il risultato dicendo di aver vinto contro ogni evidenza, e si chiude nel suo palazzo dopo aver mobilitato i suoi miliziani, penseremmo al resoconto da un paese africano. Invece sta tutto accadendo a Washington, Distretto di Columbia, Stati Uniti d’America, capitale della superpotenza mondiale. E soprattutto guida del mondo libero abitato da coloro che credono nello stato di diritto, nella Costituzione che si sono dati, in un sistema elettorale nel quale i cittadini scelgono il vincitore e determinano lo sconfitto. Se il rifiuto di tutto questo accade a Washington in un modo così clamoroso, può ripetersi ovunque nel mondo occidentale. Simbolicamente e in pratica, è la democrazia ad essere in pericolo.

Ieri, poche ore prima dell’assalto al Campidoglio e che le porte della Camera dei rappresentanti venissero barricate con la mobilia dell’emiciclo, era stato Donald Trump ad eccitare migliaia di sostenitori. Aveva parlato proprio davanti alla Casa Bianca, un altro simbolo del sistema democratico americano messo in discussione.
Mentre avveniva lo sfregio, Trump scriveva tweet al vetriolo dedicati a Mike Pence, il suo vicepresidente colpevole di non negare la vittoria di Joe Biden e di non seguirlo in questo implicito golpe. Quando finalmente ha affidato al web un altro tweet per chiedere finalmente ai suoi sostenitori di non fare uso della violenza, uno dei manifestanti già sedeva sullo scranno del presidente del Senato che è anche il vicepresidente degli Stati Uniti. Mike Pence lo aveva occupato poco prima di essere evacuato e nascosto in un luogo sicuro. Washington come Baghdad negli ultimi giorni di Saddam Hussein, con i palazzi del potere svuotati e devastati.

Leggendo e rileggendo quel tweet di apparente moderazione, si faticava a trovare un senso di smarrimento, l’impressione di avere esagerato. Si intuiva piuttosto il capo-milizia che invita i suoi a restare calmi perché è ormai convinto di aver raggiunto l’obiettivo. Niente violenza perché «siamo noi il patito della legge e dell'ordine»: questo ha avuto il coraggio di scrivere Donald Trump.

La democrazia americana è in pericolo - e per default lo sono anche le nostre europee - perché Donald Trump è riuscito a imporre il falso come verità. Fino ad ora erano stati capaci di farlo solo i regimi totalitari fascisti o comunisti. Negli Stati Uniti quando un presidente mentiva era costretto a dimettersi. Trump ha istituzionalizzato le sue falsità ininterrottamente per quattro anni, riuscendo a convincere quasi la metà degli americani che la bugia è verità: basta dire che è verità. Ieri in Georgia i due candidati repubblicani sostenitori di Trump avevano perso le elezioni suppletive, ma conquistato il 49,6% dei voti.

Le democrazie in crisi mostrano sempre la loro debolezza nei momenti di crisi. Anche ieri a Washington chi doveva garantire ordine non c’era. Per ore il Campidoglio e le strade del centro erano piene di violenti ma vuote delle forze che hanno il compito di garantire la sicurezza. È stato un segno grave quanto il sostenitore di Trump stravaccato sullo scranno senatoriale per la soddisfazione di Vladimir Putin e Xi Jinping.

(dal Sole 24 Ore - 7 gennaio 2021)

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