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VIRUS E POCHEZZA UMANA

 

Di Lucia Lena

 

In questi mesi di preoccupante aumentata diffusione del virus Covid 19 ( a proposito, l’attuale presidente degli USA è poi riuscito a capire il significato del numero 19?), ulteriore ed altrettanto preoccupante aggravio dei nostri mali è dato dalle immani scemenze che il genere umano produce ad un ritmo tale da superare persino la velocità di propagazione del contagio.

Leggendo i giornali, guardando i telegiornali, semplicemente osservando le persone che ci capita di incrociare si può tracciare una sorta di affresco grandiosamente grottesco, un’allegoria del quotidiano ai tempi della pandemia , per fare un esempio: mi è occorso, transitando in bicicletta per una via del centro, di cogliere questa intensa dichiarazione pronunciata dal  giovin gestore di un bar: “Io spero che i dipendenti statali muoiano tutti!”, sentendomi, benchè felicemente pensionata, tuttora parte della categoria, ho avuto la tentazione di fermarmi e ricambiare di cuore il sentito  auspicio, ma poiché se uno l’anima becera non ce l’ha non se la può dare, ho tirato di lungo.

Esempio banale ma altamente indicativo di una mentalità di feroce contrapposizione che si va diffondendo nelle società in cui un elemento detonatore (gravissimo in questo caso, ma che ha lavorato su un tessuto già piuttosto liso) fa saltare gli equilibri di convivenza, tolleranza, solidarietà o, per dirla tutta, di semplice buon senso: entità già ampiamente latitante ma, al presente, praticamente scomparsa.

Gravi episodi di violenza si stanno verificando in questi giorni nelle città dei paesi i cui   governi hanno varato misure restrittive per tentare di arginare la diffusione della pandemia: il ristagno economico e le conseguenti legittime preoccupazioni producono sentimenti di ribellione comprensibili, ed anche legittimi se espressi in forma civile. Quello che  è assolutamente ingiustificabile è la strumentalizzazione a cui gli “scontenti” di varia natura e provenienza prestano il fianco: cortei e manifestazioni gestite da elementi neofascisti, centri sociali, cobas, forze politiche di opposizione, giovani incazzati perché devono rinunciare alla movida ecc.; evidentemente qualcosa non torna, perché tutto ciò può a ben diritto definirsi grave sintomo di  disagio diffuso , ma quando si parte da casa con le bombe carta ed oggettistica varia atta ad offendere significa che si ha in mente di “rimestare nel torbido” strumentalizzando il disagio e, in molti casi, la disperazione di tanti.

Altri bei soggetti che stanno scendendo nelle piazze per manifestare contro i vari DPCM per interesse di categoria sono i Cobas della scuola che, approfittando della confusione, gridano a gran voce che i docenti precari DEVONO essere stabilizzati NON tramite superamento di un concorso, come di solito accadeva in passato, ma per servizio prestato(36 mesi) e titoli: quali ? Forse la miriade di master a pagamento basati sul nulla culturale e cosmico su cui lucrano centinaia di sedicenti Centri didattici sparsi per la penisola?

Esempi di questo tenore si potrebbero moltiplicare ed il disagio che li genera, ripeto, è concreto e motivato! Magari, banalmente, ciascuno di noi potrebbe contribuire ad un suo più rapido superamento seguendo le elementari (anche se non sempre comode e gradevoli) regole di comportamento che da mesi ormai ci vengono indicate: ma perché rinunciare a qualcosa, quando è tanto più agevole addossare ad altri le responsabilità che individualmente ci competono? Ed ecco allora le mamme (entità astratta ed ormai onnipresente grazie agli orridi “gruppi whatsApp”) inveire contro le ordinanze di chiusura di scuole e palestre che privano i bambini del diritto alla socializzazione (si badi bene: non, semmai, all’istruzione e alla formazione) e di un armonico sviluppo fisico (ma intanto li accompagnano a scuola con le auto per coprire distanze di poche centinaia di metri!).

Tralascio di citare i padri, in quanto spesso considerano esaurito il compito genitoriale facendosi tatuare i nomi dei figli su varie parti del corpo (Ma l’inchiostro dei tatuaggi è tossico? No? Peccato!)

I suddetti comportamenti non sono, certo, esclusivi (c’è ancora chi sa fare il genitore, ma la schiera si va sempre più assottigliando) ma di sicuro ampiamente maggioritari nella categoria.

Altro bell’esempio di pura e spudorata ipocrisia : l’acerbo duolo di educatori, pedagogisti, psicologi per l’adolescenza negata ai ragazzi a causa del virus: non possono vedere gli amici, abbracciarsi, baciarsi; una arguta (e furbetta) diciottenne ha scritto una lettera prontamente pubblicata su giornali anche in genere seri: la puella accusa accoratamente lo Stato di averla delusa, di avere rubato alla sua generazione sogni e speranze, di non aver fatto nulla per chi si affaccia alla vita di giovane-adulto  con progetti e vive aspettative e così via.

Mi torna in mente il brano di una letterina di Natale (di quelle che una volta si mettevano sotto il piatto al papà appunto in quel giorno)in cui un bambino scriveva: “Caro babbo, ti mando gli auguri in questo triste Natale di guerra. Spero che tu torni presto dal fronte. 25/12/1917” Il senso di ciò che voglio dire mi pare sufficientemente chiaro! Aggiungerei che  coetanei della  candida puella erano quei ragazzi del ’99 di cui la stessa dovrebbe sapere qualcosa se si fosse disturbata a poggiare un occhio su di un libro di Storia! E si potrebbero citare altre centinaia di esempi di ragazzi a cui l’adolescenza e la giovinezza sono state e sono negate per ben altri e più gravi aspetti che  il non poter stare in giro a nottate o non potersi abbracciare! Oltretutto, i nostri baldi virgulti possono godere dell’illuminato supporto di schiere di psicologi che soffrono insieme a loro!

Intanto, negli ospedali e nelle RSA ogni giorno schiere di anziani si vedono negata la vecchiaia soccombendo al virus, ma tanto, per fortuna, non fanno più parte della struttura produttiva del paese;  ciò sia detto premettendo i sensi del più profondo dispiacere per la loro dipartita (SIC)!

 

Lucca, 5 novembre 2020

 

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