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Controllo amministrativo - La grande tentazione dietro al divieto delle feste private

di Francesco Maselli

L’idea del ministro della Salute Roberto Speranza di vietare «le feste private», nasconde la grande mancanza e la grande ossessione da parte dello Stato italiano.
  La grande mancanza è quella di un governo che ha preparato male la seconda ondata: mancano i vaccini antinfluenzali, non ci sono stati investimenti nei trasporti pubblici per garantire distanziamento sociale, manca una strategia per il tracciamento dei contagi, i tamponi sono pochi e i risultati arrivano in ritardo.
  C’è da dire che in Europa, chi più chi meno, tutti hanno problemi, la situazione è confusa, cambia di continuo, si sbaglia spesso e non necessariamente per incompetenza o stupidità. Possiamo essere d’accordo però sul fatto che alcune cose avrebbero dovuto essere gestite meglio, in particolare la questione dei test.

 

Il governo questo lo sa, malgrado la continua propaganda sul modello italiano invidiato da tutto il mondo (che si comprende, la maggioranza fa politica mica beneficenza). E però, e qui sta la tentazione, sa anche che in questo momento storico la sua tendenza a occuparsi dei comportamenti dei cittadini è vista con meno sospetto. Non riesce a starne alla larga, e utilizza il suo potere normativo per «mandare messaggi», attività molto più semplice rispetto alla gestione concreta dell’emergenza, che è complicata e purtroppo ad alto tasso di fallimento (giova ripetere: non soltanto per colpa del governo di Giuseppe Conte).

Non serve a niente imporre la mascherina anche a chi cammina per strada da solo alle 3 di notte, se non a far capire che la situazione è molto grave, per intenderci. La tentazione è soddisfare la propria ossessione del controllo amministrativo, ossessione per la verità corrisposta da una gran parte dell’opinione pubblica.

 

Da qui il divieto di feste private, difficilmente applicabile, ma che ha il pregio di risolvere due problemi: facciamo vedere che agiamo, e allo stesso tempo ricordiamo che la situazione è grave. Che importa se poi il carabiniere che viene a bussare alla mia porta non ha alcun diritto di entrare in casa a controllare quante persone ho invitato e cosa sto facendo? Potrebbe farlo soltanto con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria: sicuri di voler impegnare i magistrati per verificare che nelle case private ci sono 6, 8 o 12 persone? Sono dettagli, perché l’importante è mandare un messaggio. Messaggio che peraltro si basa sulla disponibilità degli altri cittadini a farsi vigili guardiani del rispetto del divieto.

 

Non è un caso che durante il lockdown il comune di Roma abbia avuto la brillante idea di pubblicizzare una sorta di kit dello spione, con il quale si indicava ai cittadini il modo migliore per denunciare i vicini che creavano assembramenti. Per non parlare dello zelo profuso dalle persone affacciate alle finestre nell’additare i runner come i principali responsabili della diffusione del contagio, sensazione amplificata dall’enorme quantità di circolari diffuse dal ministero dell’Interno, preoccupato di specificare quotidianamente cosa fosse consentito e cosa no.
Senza contare che tutte queste regole precisissime che l’esecutivo si affanna a emanare così precise non sono, e lasciano i cittadini ostaggio dell’arbitrio dell’ufficiale di polizia di turno. Era così per chi correva durante i mesi di lockdown, visto era possibile farlo soltanto «in prossimità» della propria abitazione. E che vuol dire, di grazia, «in prossimità»? 100 metri? 200? Il vigile di Catania ha comminato multe seguendo lo stesso criterio del vigile di Parma o di Pescara?

 

L’atteggiamento è simile quando si decide di imporre le mascherine sempre e comunque tranne in un caso: possiamo toglierle, a condizione che sia «garantita in modo continuativo la condizione di isolamento». E come possiamo mai «garantirla»? È una parola che si presta a l’interpretazione arbitraria di chi deve comminare la sanzione; un vigile zelante potrebbe multarmi se sono da solo in una strada deserta alle 3 del mattino, perché appunto, come posso mai garantire che di lì a 30 secondi non compaiano 3 coppie di amici che vengono verso di me?

Il rischio di questa strada intrapresa dall’esecutivo è far crescere in una parte della popolazione l’insofferenza verso divieti e regole percepiti come inutili e vessatori. E rendere tutto ancora più complicato. Convivere con il virus vuol dire anche dominare le proprie tentazioni.

(da www.linchiesta.it - 13 ottobre 2020)

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