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Breve commento introduttivo

Mentre in Italia si levano da ogni parte e da ogni dove appelli alla semplificazione burocratica, mentre il governo sbandiera, con la classica ipocrisia, il varo di un provvedimento per la semplificazione, gli esempi concreti non sembrano proprio andare in questa direzione.
Il caso descritto nell'articolo proposto ai nostri lettori mette in luce una situazione certo paradossale, ma non poi così rara dell'ottusità con cui si muove la burocrazia italiana. Sì, italiana, perché atteggiamenti del tipo di quelli sotto descritti non hanno certo confini regionali, essendo rintracciabili in ogni parte del territorio nazionale. Proprio per questo, pur trattandosi di una situazione siciliana, è emblematica di un atteggiamento da noi generalizzato.
Ed è partendo da un serio intervento sugli eccessi di invasività degli apparati burocratici che si potrà realmente attivare una nuova stagione di competitività e di sviluppo del Paese. C'è bisogno di un forte soffio di aria fresca, che dia nuovo ossigeno alla voglia di intraprendere ad un tessuto sociale ora sfiduciato e ripiegato su se stesso. Solo ripartendo da qui, gli slogan del governo e della politica potranno trasformarsi da vuote chiacchiere in scelte capaci di generare sviluppo.
Solo ridimensionando il ruolo di strutture burocratiche, che non raramente si muovono anche in modo arbitrario e senza tempi certi, si potranno creare le condizioni per chi avrà la voglia e la capacità di intraprendere, di programmare e progettare investimenti secondo tempi adeguati e condizioni prevedibili.
So che in Italia è un passaggio di dimensioni ciclopiche; ma da questo dobbiamo passare per cercare di uscire dall'attuale stagione di chiacchiere.

Paolo Razzuoli

Sicilia, investimenti bloccati per 2 miliardi in iter regionali

di Nino Amadore

900 pratiche ferme presso l’assessorato all’Ambiente siciliano
Solo i dossier del settore lapideo valgono mancati lavori per 200 milioni
Il settore lapideo in Sicilia genera un fatturato di 250 milioni l’anno e dà lavoro a circa 10mila persone

C’è la richiesta bloccata perché l’emissione di polveri potrebbe «comportare alterazioni respiratorie a carico dei lepidotteri». E c’è la richiesta di proroga della coltivazione di una cava di pietra respinta perché manca l’area per il deposito degli scarti nonostante quel tipo di attività, come indicato nello studio di incidenza, non produca scarti perché la materia prima viene totalmente utilizzata. In altri casi, invece, viene richiesto un piano di monitoraggio ante-operam nonostante la cava esista già da decenni e la richiesta è relativa a un progetto di rinnovo per il completamento di un piano di coltivazione originariamente approvato.
Sono solo alcuni esempi, di una trentina totali, contenuti in un dossier che riguarda l’attività della Commissione tecnica specialistica dell’assessorato regionale all’Ambiente e territorio della Regione siciliana: una commissione, guidata dal sociologo Aurelio Angelini, che esprime pareri su Autorizzazioni uniche ambientali e sulle Verifiche di assoggettabilità e nata proprio per accelerare l’iter delle pratiche che in questo caso dipendono dal Servizio 1 Via-Vas dell’assessorato. «Ahimè, il risultato - si legge nel dossier - per il settore lapideo in particolare è però di appena 24 pratiche esaminate negli ultimi 10 mesi contro le 47 vagliate da agosto 2018 a maggio 2019. Di queste, quelle esitate positivamente sono circa una decina.
In sintesi, negli ultimi 10 mesi è stato dato il via libera al 23% delle pratiche autorizzate nei precedenti 10 mesi».

Il dossier preparato dalla sezione marmi di Sicindustria, dal Consorzio siciliano cavatori e dal Consorzio della pietra lavica dell’Etna è un vero atto di accusa. In totale sono 900 le pratiche bloccate all’assessorato regionale Ambiente e territorio per un totale di oltre due miliardi di investimenti: si va dal pannello fotovoltaico alla fungaia, a qualsiasi impianto di natura industriale oltre alle numerose opere pubbliche. Almeno questo è quello che risulta dalla ricerca certosina fatta negli ultimi mesi da un gruppo di lavoro sul sito della Regione siciliana e non solo. Sono 140 le pratiche che riguardano le imprese del settore lapideo e in questo caso, secondo stime, gli investimenti bloccati si aggirano sui 200 milioni: un comparto che fattura 250 milioni l’anno di cui 141 milioni all’estero e occupa quasi 10mila persone in circa 500 cave in esercizio.

«Le situazioni di blocco in cui si trovano le imprese - commenta il presidente della sezione Marmmo di Sicindustria Trapani, Giovanni Castiglione - inevitabilmente si traducono in perdite economiche, difficoltà gestionali causate dall’indeterminatezza dei tempi burocratici e dall'aleatorietà degli esiti autorizzativi. Così facendo ci viene preclusa l’opportunità di guardare al futuro in modo positivo ed è qualcosa che non possiamo permetterci».

Sotto accusa, insomma, c’è chiaramente la Commissione tecnica specialistica la cui attività, si legge nel dossier, «è contestabile sia per il sovradimensionamento delle richieste fatte alle imprese in termini di integrazioni e prescrizioni che non vengono tarate sull’entità e dimensioni dei progetti ma applicate pedissequamente a tutti, che si tratti di una centrale termoelettrica o di una piccola cava di marmo, sia per quanto attiene alle motivazioni addotte per assoggettare a Via i progetti, spesso non previste dalla norma quali la mancanza di un allegato o di una specifica che non altera in alcun modo l’impatto del progetto sull’ambiente».

Per parte loro i rappresentanti della Commissione rivendicano di aver fatto sin qui un ottimo lavoro: «In 12 mesi abbiamo lavorato circa 360 pratiche, molte delle quali ferme inspiegabilmente da anni in assessorato - ha detto in una recente intervista a La Sicilia il vicepresidente della Cts Xavier Santiapichi -. Un investimento non può aspettare 10 anni una valutazione, sia essa positiva o negativa. Devo dire però che i primi sei mesi di attività ci hanno caratterizzato per aver utilizzato più il bastone che la carota».

Una dichiarazione, in particolare nella parte che si riferisce al bastone e alla carota, contestata dagli imprenditori che hanno inviato una nota all’assessore Totò Cordaro, per chiedere un incontro alla Regione «al fine di formulare soluzioni urgenti da mettere in campo», ma, soprattutto, per spiegare come «oltre che dal punto di vista statistico, l’attività della Cts desti molte perplessità anche sul versante delle motivazioni addotte». Sostanzialmente, si legge nella nota, «viene sacrificato sull’altare della produttività dei pareri l’esame più dettagliato, approfondito e specifico commisurato al singolo progetto. Avere centinaia di pareri non serve a nulla se la risposta data all’utenza è generica, grossolana e non tiene conto delle situazioni specifiche».

(dal Sole 24 Ore -3 settembre 2020)

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