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Una OCCASIONE PERSA

di Giorgio Santilli

Il passaggio parlamentare sul decreto legge semplificazioni è per il governo un’occasione persa di portare fino in fondo temi considerati strategici. E al tempo stesso un brutto segnale sulla capacità del governo e della sua composita (e divisa) maggioranza di fare davvero uno scatto sugli investimenti utili al Paese per rilanciare la crescita.

Il Dl semplificazioni era stato indicato come uno spartiacque, un pilastro della strategia che conduce al piano per il Recovery Fund. Ma il governo non riesce a riportare a un disegno unitario le singole componenti o addirittura singoli spezzoni della sua maggioranza. Addirittura emerge una fotografia che su molti punti, soprattutto quelli di sensibilità ambientale, vede le forze di governo spaccate in due assi: Pd e Italia viva da una parte, M5s e Leu dall’altra.Si è arrivati al punto che l’emendamento sulla riqualificazione degli stadi, prima ha fatto litigare Pd e Iv, poi è stato approvato con il no dei Cinque stelle e il sostegno del centrodestra. In altri casi sono stati pezzi della maggioranza a mettersi di traverso - con un potere di veto - rispetto ai grandi temi prioritari che lo stesso governo aveva indicato.
La rigenerazione urbana è l’esempio più forte. È una sfida storica che questa maggioranza dovrebbe cogliere nel senso del cambiamento green delle nostre città e della nostra edilizia e nel senso di rimettere in moto le città che ovunque nel mondo oggi sono il motore dello sviluppo. Trattare ancora la demolizione e ricostruzione, come si fa da trenta anni, come un tabù tutto italiano, significa perdere ancora una volta il passo dello sviluppo. Il problema non è l’esigenza legittima di evitare scempi e procedere con la giusta attenzione in città cariche di storia. Qui l’errore che si ripete è di ingessare tutto con una norma nazionale, continuando a trattare strumenti usati in tutto il mondo - la sostituzione edilizia - come se fossero strumento del diavolo.

Non è una fotografia che lascia tranquilli alla vigilia del varo del Recovery Plan, la più grande operazione di investimenti pubblici degli ultimi 50 anni.

Appalti più veloci, i veti frenano le città

Giorgio Santilli

Decreto semplificazioni. Via libera delle commissioni al Senato con 200 emendamenti, domani il voto di fiducia Maggioranza divisa. Doppio asse Pd-Iv e M5s-Leu: la norma sugli stadi passa con il no pentastellato e il sì del centrodestra

Si conclude con 200 emendamenti approvati la lunga maratona per l’approvazione del decreto legge semplificazioni nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato. Il testo che si può considerare definitivo del Dl è pronto e sarà trasformato oggi (3 settembre) in un maxiemendamento che sarà votato domani con voto di fiducia nell’Aula di Palazzo Madama. È stata una maratona durissima, con una grande tensione nella maggioranza, in più occasioni spaccata fra un asse Pd-Italia Viva e un asse M5s-Leu, soprattutto sulla rigenerazione urbana e sui temi ambientali. Il governo è anche andato sotto sulla norma che facilita la riqualificazione degli stadi (primo firmatario Matteo Renzi): dopo le discussioni dei giorni scorsi fra Pd e Italia viva su chi dovesse intestarsi l’emendamento, alla fine i Cinque stelle hanno deciso di votare contro e la modifica è passata solo grazie al sostegno del centrodestra, e della Lega, che ha subito sottolineato la cosa.

Il risultato finale del testo si può forse sintetizzare dicendo che ha tenuto l’impianto del decreto legge nel suo nocciolo, gli articoli 1-9 che accelerano le procedure per gli affidamenti diretti degli appalti pubblici con l’aggiramento o l’alleggerimento delle gare, e invece c’è stato un sostanziale passo indietro sull’articolo 10 che avrebbe dovuto facilitare e accelerare gli interventi di edilizia privata. In particolare, avrebbe dovuto accelerare i progetti di rigenerazione urbana e di demolizione-ricostruzione nelle città, consentendo anche modifiche alle sagome e ai volumi: invece è stato stoppato dall’emendamento De Petris (Leu) che vieta questa accelerazione in larghe parti delle città storiche. Non solo i centri storici in genere indicati dalle «zone A» nei piani regolatori, ma anche in molte altre zone classificate come «zone omogenee A». Soprattutto nelle grandi città lo stop riguarda fette importanti di territorio.

A lato di questa vicenda principale, che ha tenuto impegnata la maggioranza per una settimana alla ricerca di un compromesso che alla fine non c’è stato, con invece la vittoria di Leu, numerose sono le novità votate. Oltre a quella già ricordata per gli stadi, che consente anzitutto la riqualificazione dello stadio di Firenze, c’è una spinta alla digitalizzazione con una maggiore accessibilità ai siti web delle imprese, c’è una velocizzazione della ricostruzione nel cratere del terremoto in centro Italia, c’è una modifica al codice della strada che introduce le strade urbane per le biciclette. C’è una norma che riduce i tempi per il parere parlamentare sui contratti di programma di Anas e Fs - ben poca cosa rispetto agli annunci iniziali di abbattere drasticamente i tempi dell’intero iter - e, restando ancora nel settore delle opere stradali, una norma che consente ad Anas di avvalersi della progettazione di Italferr.

Tornando al tema centrale dell’accelerazione delle opere pubbliche, sono stati respinti molti emendamenti che puntavano a rallentare i procedimenti di Via, ma ne è passato uno, ispirato dal ministero dell’Ambiente, che amplia da 30 a 45 giorni il tempo per i dibattiti pubblici collegati alla Via. Restano ferme le correzioni introdotte all’inizio dell’esame: allungamento dal 31 luglio al 31 dicembre 2021 del termine del periodo in cui varranno le procedure accelerate per le opere pubbliche, obbligo di pubblicità anche per le procedure negoziate, accesso per le Ati alle procedure negoziate, riduzione da 150mila a 75mila euro della soglia per gli affidamenti diretti dei servizi di progettazione.

A mitigare lo stop alla demolizione e ricostruzione accelerata nelle città storiche, l’emendamento Collina (Pd) che consente l’iter veloce nel caso in cui a essere abbattuti e ricostruiti siano ospedali, scuole o altri edifici per servizi sociali anche finanziati da privati.

(dal Sole 24 Ore - 3 settembre 2020)

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