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Commento introduttivo

L'approvazione del Recovery Fund da parte del Consiglio Europeo è sicuramente un fatto di grandissima importanza. Lo è evidentemente per noi italiani che di fondi ne abbiamo un disperato bisogno, ma lo è per l'intera Unione Europea, che ha saputo "esserci", facendo prevalere quella logica solidaristica che rappresenta l'essenza di qualsiasi entità che aspiri ad essere un vero soggetto politico. Insomma, al di là della retorica, la decisione del Consiglio Europeo sarà sicuramente ricordata quale tappa fondamentale nella recente storia del vecchio continente.
Va altresì riconosciuta al presidente del Consiglio Conte la tenacia mostrata nella trattativa, anche se senza il sostegno della Merkel e di Macron nessun risultato sarebbe stato possibile.
Sì, proprio della Merkel e di Macron, i rappresentanti di quell'asse franco-tedesco, visto come il diavolo dai sovranisti nostrani.

Un capitolo a parte è quello da scrivere su cosa succederà in Italia nei prossimi mesi sul fronte politico. Se infatti è fuor di dubbio che la figura di Giuseppe Conte esce rafforzata dalla vicenda, altrettanto non si può dire di quel M5S in nome del quale Conte ha potuto insediarsi a Palazzo Chigi. Si sa delle crescenti "incomprensioni" fra Conte ed i grillini: i rumors in tal senso circolano ormai a volume non più tanto basso. Sta di fatto che in questa vicenda, ed in verità non solo in questa, i grillini sembrano sempre più messi all'angolo, anche se hanno - purtroppo per noi - infettato una parte della politica e della società italiana di tossine ammorbanti da cui sarà molto impegnativo liberarsi.
E proprio di queste dovremo liberarci per cercare di trovare le energie per quel disegno riformatore di cui da decenni si parla all'interno, che ripetutamente ci è stato sollecitato dai partner europei, e che, in questa circostanza, viene indicato quale presupposto politico per l'erogazione dei fondi del Recovery Fund.
E si badi bene: non è un problema di condizionalità cogenti; è il dato di fatto che, senza questa capacità riformatrice, si perderà anche questo treno: una preziosa opportunità per cercare di proiettarsi nel futuro.

Ebbene, mi pare difficile che l'attuale maggioranza possa risultare idonea per immaginare un serio disegno riformatore. In verità, nell'attuale scenario politico italiano, è difficile immaginare una maggioranza capace di pensare in grande, in un orizzonte ampio e progettuale. Speriamo che qualcosa possa cambiare e che la Provvidenza ci aiuti. In passato, in occasioni in cui il Paese sembrava sull'orlo del precipizio, qualche manina della Provvidenza forse si è allungata.

Insomma, come sarà scritta la vicenda politica italiana dei prossimi mesi e dei prossimi anni nessuno può saperlo in questo momento. Si sa però che ora toccherà a noi assumerci a pieno le nostre responsabilità. Non potremo certo continuare nel vizio perverso di addossare ad altri le colpe per le nostre inefficienze e/o incapacità.
Nel secondo dopoguerra, l'Italia di De Gasperi ebbe la capacità di compiere scelte strutturali di fondo, su cui è stato costruito lo sviluppo del Paese per l'intera seconda metà del XX secolo. Questo Recovery Fund ha aspetti che lo rendono molto simile al piano Marshall, che l'Italia seppe utilizzare al meglio, sfruttandone le risorse per compiere quelle riforme strutturali su cui venne edificata la successiva stagione di sviluppo.
Ora, a settant'anni di distanza, siamo in una situazione per molti versi simile. Allora c'era una linea di governo coesa, se pur in un contesto sociale e politico molto complesso e per molti versi drammatico, con un conduttore - Alcide De Gasperi - di grande visione e di grande lungimiranza. Ora queste condizioni mancano entrambi; compito imprescindibile della società italiana dovrebbe essere quello di esprimere una classe politica all'altezza del compito: vedremo... La sfida è di quelle da far tremare le vene ai polsi....
Un dato mi pare sicuro: se non riusciremo (e non è certo scontato) a compiere quel salto di qualità che l'attuale tempo ci richiede, perderemo un ulteriore treno con la storia; e si sa, quando i treni sono passati, indietro non tornano!

Paolo Razzuoli

ora tocca a noi

di Mario Monti

L' accordo raggiunto a Bruxelles ha mostrato la capacità di decisione dell'Unione Europea benché le sue regole di governance, in particolare l'unanimità degli Stati membri per approvare il bilancio, sembrino costruite più per garantire i Paesi piccoli che per consentire la gestione rapida ed efficace di quella che altrimenti sarebbe una grande potenza globale.

Il fatto stesso che all'accordo si sia arrivati e che il suo contenuto sia di stampo marcatamente solidaristico dimostra l'inconsistenza di due pilastri del castello delle streghe descritto dai narratori sovranisti: il ruolo della Germania e le austere flagellazioni che essa predilige. Senza la leadership della cancelliera Merkel e il ritrovato asse franco-tedesco - un diavolo bicefalo, per i sovranisti italiani - l'accordo non ci sarebbe proprio stato. E senza l'iniziativa e il denaro in particolare della Germania, non ci sarebbe stato il Recovery Fund, che non è tanto diverso dal sempre invocato Piano Marshall.

Già, il Piano Marshall. Perché ebbe grandi effetti positivi sulle economie europee? Certo, per i fondi generosamente messi a disposizione dagli Stati Uniti. Ma anche, se non soprattutto, perché con il denaro l'America chiese ai Paesi europei di fare due cose: aprirsi, integrarsi tra loro; e ricostruire le rispettive economie non come erano prima delle distruzioni belliche, ma secondo determinati criteri di razionalità economica (in fondo, le "riforme strutturali" di oggi). Per aiutarli in questo, crearono l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che tuttora fa un ottimo lavoro, come la Commissione europea, per indirizzare le nostre riforme.

Nostre? Certo. Anche oggi tutti i Paesi europei devono rinnovare le proprie strutture economiche e sociali, soprattutto dopo la pandemia. Ma anche l'Italia? Sì, l'Italia per prima. L'Italia sarà il maggiore beneficiario dei fondi del Piano Marshall europeo, voluto dalla "perfida" Merkel. Ed è anche il Paese europeo che più si è specializzato, in questi ultimi anni, nel trasferire redditi, non nel produrre reddito. Se il nostro Pil è messo molto peggio di quello dei nostri partner, è perché sentiamo, doverosamente, un'esigenza di giustizia sociale ma non vogliamo realizzarla, come fanno Paesi e popoli meno originali, stimolando la concorrenza e la produzione e colpendo duramente l'evasione fiscale (queste azioni farebbero perdere voti) bensì provvedendo in via diretta con trasferimenti dallo Stato ai cittadini (azioni che invece, si ritiene, producono voti).

Il primo ministro olandese Rutte ha alcuni tratti irritanti. Ma sarebbe bene che in Italia non arrivassimo ora a ritenere l'aggettivo "frugale" un insulto. E che facessimo nostra la diffusa perplessità - molto antipatica, quando viene dai nordici - circa la sostenibilità di un'economia, e di una società, che si appoggiano sui trasferimenti. E' essenziale che il nostro Paese dia segni concreti e rapidi di avere volontà e capacità di realizzare seriamente ciò che giova alla nostra economia e che la Ue ci chiede di fare, perché siamo un pezzo importante dell'Europa.

Non dobbiamo illuderci che il "superfreno" che il solito Rutte avrebbe voluto (la possibilità per un singolo Paese di far bloccare le erogazioni sul Recovery Fund a Paesi che non rispettino le condizioni pattuite), non adottato dal Consiglio europeo, sia uscito di scena. Il bilancio della Ue 2021-2027 e il Recovery Fund, per dispiegare i loro effetti, richiedono che la decisione sulle nuove risorse proprie venga ratificata da tutti gli Stati membri, come se fosse una modifica del Trattato (e magari qualche Paese penserà di ricorrere ad un referendum...). Comunque, tanto per dirne una, quella decisione sulle risorse proprie dovrà essere approvata dal Parlamento olandese. Non vorremo, spero, offrire ai parlamentari olandesi l'occasione ghiotta di dimostrare che loro, sì, sanno essere intransigenti verso Paesi che non mettono in ordine la loro economia, non come quel mollacchione di Rutte...

Basterebbe il no di un Parlamento. Niente risorse proprie. Niente possibilità per la Ue di indebitarsi nel mercato. Niente bilancio settennale. Niente Recovery Fund. Che comportino o no forme esplicite di condizionalità, gli aiuti di altri mettono comunque in posizione subalterna.

D'altronde, noi italiani dovremmo averlo nel sangue. Fu proprio il primo "italiano" ad ammonirci, già qualche tempo fa: "Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e'l salir per l'altrui scale".

(dal Corriere della Sera - 22 luglio 2020)

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