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Commento introduttivo

Da oggi, 1 luglio, inizia il semestre con la presidenza Ue affidata alla Germania. Sarà quindi Angela Merkel a guidare il Consiglio Europeo, e per noi è un bene perché, checché se ne dica, la merkel è il leader europeo dotato di maggior sensibilità e di maggior consapevolezza circa gli obiettivi ed il percorso del progetto europeista.
Questo naturalmente ci può rassicurare solo in parte, soprattutto se il nostro governo non riuscirà a presentarsi con le carte in regola, ovvero con quel pacchetto di riforme richiesto, e capace (speriamo) di smorzare le diffidenze dei cosiddetti "paesi frugali".
E non è detto che il governo, ed il suo presidente "Sughero", riescano nell'impresa.

Quando questo governo venne varato, espressi un giudizio articolato su due piani: un piano a breve, positivo, per la ripresa di una politica europeista, anche se non mi nascondevo le debolezze e le contraddizioni annidate soprattutto nei grillini; uno di prospettiva di medio-lungo termine, negativo, per l'implicita incapacità della compagine di affrontare i nodi strutturali che si frappongono allo sviluppo del Paese.
Ebbene, questa valutazione non immaginava certo quel che sarebbe accaduto dopo qualche mese: un'emergenza che richiede scelte strutturali coraggiose, difficili da affrontare per chiunque, figuriamoci da un governo già poco credibile sul versante progettuale, guidato da uno straordinario galleggiatore, ma non certo da un capitano di vascello capace di trovare ed indicare una rotta sicura.

E' questo un argomento su cui non indugio, avendolo ampiamente già trattato in precedenti articoli. Solo alcuni esempi eloquenti: il contributo del gruppo Colao, di fatto nemmeno preso in considerazione; la inutile pantomima degli Stati Generali, che ha prodotto la sgangherata ipotesi del presidente "Sughero" di riduzione dell'IVA, naturalmente già finita nel cassetto degli attrezzi inutili.

Come dicevo, la situazione non sarebbe facile per nessuno, e di questo dobbiamo essere pienamente consapevoli per non cadere nella faciloneria. Ma ciò detto, è sotto gli occhi di tutti l'incapacità di questo esecutivo di indicare una rotta sicura, su cui costruire una ipotesi di ripresa del paese. Annunci tanti, prospettive di orizzonte nessuna. Ristori sull'immediato direi che il voto può essere sufficiente, capacità di offrire un'idea di futuro, direi che la votazione è ampiamente insufficiente.
E la circostanza non deve stupire. Per intervenire in modo strutturale sulla società italiana occorrerebbe una politica molto credibile ed una vera democrazia governante. Purtroppo mancano entrambe le condizioni. Abbiamo una politica poco credibile, divisa e appiattita sui dividendi elettorali; abbiamo istituzioni di governo deboli, divise da impulsi conflittuali, anche frenate da lacci e lacciuoli dell'intreccio di competenze che non riusciamo più a dipanare.

Ma all'appuntamento con l'Europa il governo non potrà presentarsi a mani vuote. SE non riuscirà a convincere i partner sulla capacità e volontà riformatrice e su obiettivi chiari di spesa, sarà difficile superare le diffidenze.
Magari un accordo si potrà anche trovare; ma con ogni probabilità sarà un compromesso al ribasso, ben distante dalle attuali speranze.

A quel punto forse qualcuno aprirà gli occhi e le orecchie: a quel punto il gong farà sentire il suo suono chiaro e forte...

Paolo Razzuoli

POLITICA 2.0 - Se conte va a mani vuote al summit ue

di Lina Palmerini

La telefonata di ieri con la Merkel arriva a pochi giorni dal botta e risposta sul Mes e per Conte è stata l’occasione di preparare un terreno più favorevole per il Consiglio europeo straordinario del 17-18 luglio in cui si cercherà la stretta in vista dell’accordo sulle risorse europee. Il punto però è con quali carte si presenta l’Italia a quel vertice. Al momento il premier è a mani vuote. Nel senso che il Governo dopo aver messo su la task force di Colao e aver impegnato 9 giorni sugli Stati generali - dove sono stati invitati anche i vertici Ue - si ritrova al punto di prima, quello in cui Pd e 5 Stelle duellavano sull’utilizzo o meno del prestito di 37 miliardi come accadeva più o meno nella Fase 1 e 2 (anche se prima voci critiche venivano pure dai Dem).

Non c’è infatti ancora un assaggio di quello che potrà essere il piano di “rinascita” - come lo chiamò il premier - e pure il Pnr, cioè il piano nazionale delle riforme che ogni anno va presentato a Bruxelles, si è perso nelle nebbie. In sostanza, questa che doveva essere la fase 3 per stringere su alcune proposte, si sta trasformando nell’ora della polemica o delle idee che evaporano in pochi giorni. Solo la scorsa settimana il fronte di scontro era il taglio dell’Iva su cui Conte sembrava irremovibile e oggi nel question time chiarirà il suo punto di vista, forse, stando più attento a non creare nuove tensioni.

Poi, lo stesso copione si è riproposto con le divisioni sul Mes, utili più per marcare le rispettive identità politiche che per l’intenzione di affrontare davvero e subito il tema delle spese sanitarie dirette o indirette ed eventualmente farlo usando i finanziamenti europei a tassi vicini allo zero.

Il punto è che sia il taglio delle aliquote che i duelli sul prestito Ue non hanno ben disposto gli altri Paesi dell’Ue e innanzitutto quelli - i cosiddetti “frugali” - con cui sarà più difficile portare avanti la trattativa sulle risorse a fondo perduto.
Per questa ragione il vertice di maggioranza di ieri sul Dl Semplificazione aveva un’importanza sostanziale in vista del prossimo Consiglio europeo. Portarlo a casa superando le ostilità nella coalizione sarebbe infatti il primo risultato concreto fatto in funzione della ripresa economica, guardando a una fase di rilancio e non solo di emergenza come è accaduto finora. Il premier ha un assoluto bisogno di portare a quell'appuntamento del summit Ue qualcosa in più e di diverso rispetto a soldi spesi in debito per tamponare la crisi sociale, finanziare la cassa integrazione e prorogare il blocco dei licenziamenti.

E se per il premier galleggiare è diventata una tattica necessaria e indispensabile per gestire le spaccature dei 5S – ma adesso è mal tollerata pure da Zingaretti – è invece una zavorra nel negoziato che ha davanti con Bruxelles. Perfino il capo dello Stato nelle scorse settimane lo ha invitato alla “concretezza” il che vuol dire che l’impasse sta diventando un ostacolo su quei tavoli Ue da cui dipende la nostra ripresa. È vero che l’Europa è stata la madrina di battesimo del Conte II ma non farà sconti al Governo quando si tratterà di decidere su risorse a fondo perduto.

(dal Sole 24 Ore - 1 luglio 2020)

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