logo Fucinaidee

Annunci e monopattini - In Italia ci sono 170 crisi aziendali, ma il governo non ha una politica industriale post covid

di Mario Lavia

L’estate calda è iniziata nella grande piazza del Popolo a Roma con i metalmeccanici. Hanno voluto manifestare in quella piazza-simbolo anche se evidentemente troppo grande per le 500 persone concordate con il ministero dell’Interno per evitare i famosi assembramenti.
Ma certe volte 500 persone fanno più rumore di 5000. Non mediaticamente forse ma nella sostanza. Mai infatti, fino a ieri, i metalmeccanici avevano organizzato una protesta “generale”, politica, contro il governo Conte. Finora c’erano state tante iniziative ma di natura aziendale, ieri invece è arrivata la bocciatura politica dell’avvocato e dei suoi ministri da parte della più forte categoria sindacale.

Viene in mente una vecchia vignetta di Altan all’epoca dell’unità nazionale con l’operaio Cipputi che dice: «Come iscritto al Pci sostengo il governo, come militante della Cgil gli sciopero contro». E ieri Nicola Zingaretti e i suoi hanno sentito i meccanici bocciare il sostegno all’acquisto dei monopattini, immagine di una politica di governo che sbaglia le mosse decisive, e più in generale mettere Conte sott’accusa per una politica industriale che, semplicemente, non esiste.

In un certo senso sono colpi psicologici nuovi, perché l’impressione di un potenziale scollamento fra le scelte del governo e del Pd e la sua base è recente, finora aveva prevalso il fare quadrato intorno a Conte e al segretario in nome di una drammatica emergenza addirittura mondiale: di guerra non si discute. Ma ora che la guerra è finita si discute eccome, si aprono anzi le cateratte del cielo della polemica.

Siamo dunque alle prime proteste organizzate di mondi della sinistra contro Conte. E come altre volte nella storia italiana sono i metalmeccanici a scavalcare le centrali sindacali (Landini, Furlan e Barbagallo, che adesso lascia la carica in favore di Pierpaolo Bombardieri, sono stati finora morbidissimi con Conte).

Le ragioni della rabbia sono soprattutto due: alle aziende, specie quelle piccole, i soldi annunciati non arrivano come dovrebbero (e non è che se lo dice Bonomi è di destra e se lo dice il sindacato è di sinistra) e nemmeno a tutti i lavoratori in cassa integrazione che ne hanno diritto.
E poi perché – ed è qui la vera “ciccia” politica – il governo non ha una politica industriale per il dopo-Covid, al massimo, ha ironizzato Marco Bentivogli, è riuscito a finanziare i monopattini. «In Germania, in Francia, i governi sostengono le aziende dell’auto promuovendo la rottamazione dei modelli vecchi, come noi chiediamo venga fatto per le euro-4: qui nulla, il governo degli illusionisti è solo annunci e monopattini».

Per il segretario della Fim dimissionario è stato l’ultimo comizio da leader sindacale. Minacciato da anonimi delinquenti in occasione del decennale della firma degli accordi di Pomigliano (da lui sostenuti malgrado la rottura con Maurizio Landini, all’epoca capo della Fiom), Bentivogli è apparso emozionato ma non meno battagliero del solito. Sul suo futuro si almanacca, in attesa di notizie precise. Ci sono pezzi della politica che lo cercano. Ma per qualche giorno ancora è un leader sindacale.

Anche la manifestazione di Fiom Uil e Fim ha fatto capire che il nodo forse più impegnativo per la ripresa è proprio il settore dell’auto e in generale dell’industria. Ci sono 170 crisi aziendali che il povero ministro Patuanelli non governa: e se non si riparte da qui, l’Italia non si rialza. Lo dicono gli industriali, i sindacati, gli analisti, tutti allarmati dai primi dati post lockdown che indicano crudamente che l’acquisto di un’auto non è esattamente in cima ai propri pensieri. Il governo lo sa ma finora nulla si è mosso.

E non sono solo i metalmeccanici a bombardare l’insufficienza del governo.
Si muove con forza il mondo della scuola, altra storica constituency del Pd, a causa dell’enorme pasticcio della ministra Azzolina che sta mettendo in imbarazzo tutto il governo: e non è sfuggita al Nazareno la durezza del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che ha giudicato “irricevibili” le linee della ministra grillina.

A differenza del ’68-’69 non c’è un continuum fra operai e studenti ma fra operai e insegnanti (ma vedremo cosa succederà in autunno quando le scuole – Azzolina permettendo – avranno ripreso): ieri dimostrazioni in tante città proprio contro questa ministra dell’Istruzione che non sa decidere come riaprire gli asili e le scuole. E anche in questo caso in piazza c’erano molti elettori del Pd.

(da www.linchiesta.it - 26 giugno 2020)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina