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Commento introduttivo

Di chiacchiere, di promesse ed anche di buoni propositi si può morire. Noi dobbiamo essere ben coscienti, dato che in questi mesi siamo stati innondati di tante chiacchiere, di tante promesse e, perché no, anche di tanti buoni propositi, profusi in innumerevoli conferenze stampa, in interviste generosamente concesse, in norme che, quanto a dimensioni, sono più simili ad un trattato di epistemologia della scienza che ad un disposto legislativo.
Continuamente si sente dire "faremo", "ci impegnamo a", prevederemo" e, grande sforzo operativo, "abbiamo creato un "gruppo di lavoro", anzi una "task force", con il risultato di aver inventato decine di strumenti di discussione per centinaia di incarichi, certo non gratuiti, che hanno solo fatto confusione e creato disorientamento. E questo mentre gli italiani si debbono confrontare con una crisi devastante, rispetto alla quale il potere politico non riesce a mettere in campo nessuna strategia di vasto orizzonte, al di là di vaghe e confuse ipotesi, non raramente contraddittorie e prive dei necessari presupposti di fattibilità.
Il fatto è che per un vero cambio di passo in Italia non sembrano sussistere i presupposti. Un cambio di passo, vero e non di facciata, presuppone un ripensamento di atteggiamenti e comportamenti che riguardano complessivamente la società italiana: quindi non solo la politica, anche se la politica ha il compito di guidare il cambiamento. Un esempio di questo può agevolmente essere rinvenuto nell'ipertrofizzazione burocratica che, in una componente non marginale, affonda le propie ragioni in norme pensate per combattere la corruzione e le frodi. Al di là della circostanza che queste norme sono di sovente inefficaci, è chiaro che bisogna smetterla con l'attitudine a trovare il modo di aggirare le norme per interessi illegittimi, così come la Pubblica Amministrazione dovrà immaginare di trovarsi di fronte cittadini onesti e non sudditi infedeli. Altro dato è quello dell'invasività della sfera pubblica e di norme che, detto in poche parole, sono il risultato della pressione di interessi corporativi che sarà difficile smantellare.
Insomma, quando si parla dell'inefficienza italiana, si parla di un tema vero, all'ordine del giorno dell'agenda del Paese, ma che va affrontato sapendo che si mettono le mani in un vespaio. Ma il Paese dovrà trovare qualcuno che avrà l'ardire di mettercele. E' difficile immaginare che questo coraggio possa possederlo chi attualmente ci rappresenta in Parlamento. Ma il Paese si salverà se saprà esprimere qualcuno che del coraggio e della lungimiranza saprà fare la cifra distintiva del proprio pensiero e della propria azione politica.
Di questo coraggio e di questo sano pragmatismo sta dando testimonianza la politica tedesca, come ben descritto - in poche parole - nel testo sotto riportato. Un testo di cui mi piace focalizzare alcuni dati: 21, le ore di trattativa tra i leader dei partiti di governo per giungere all'intesa; 130, i miliardi di euro mobilitati che vanno ad aggiungersi ai 353 già stanziati a marzo e agli 817 di garanzie pubbliche; e soprattutto 15, il numero delle cartelle del documento.
Cose molto diverse dalle oltre 400 pagine del nostro decreto delle promesse, dalle interminabili mediazioni politiche, dalle task force che hanno prodotto solo confusione e costi inutili. Ed ora ci mancano solo gli "Stati generali" promessi da Conte, per innondarci di altre chiacchiere mentre i problemi veri ancora potranno aspettare.
Andando avanti di questo passo il Paese rischia concretamente di morire. Ma il tema ci interpella tutti: sì, perché il tema della scelta della classe dirigente, in democrazia, riguarda tutti. Chi può è quindi chiamato a compiere un gesto di responsabilità e di attaccamento a questo paese, mettendo a disposizione le proprie risorse ed energie per una stagione di rilancio.
Senza questo radicale cambio di passo, guardare al pragmatismo ed alla lungimiranza degli altri resterà solo un miraggio!

IL PIANO TEDESCO - Lezione di pragmatismo

A. O.

c’è un poker di numeri che racconta il piano tedesco per il rilancio: 21, le ore di trattativa tra i leader di Cdu, Csu e Spd per arrivare a un testo condiviso; 130, i miliardi di euro mobilitati che si aggiungono ai 353 già stanziati a marzo e agli 817 di garanzie pubbliche; 4, la quota di Pil mobilitata per scuotere l’economia congelata dal virus; 15, il numero di cartelle del documento di sintesi che cambierà la storia economica tedesca.

Diretto e semplice: mobilitare, come mai prima, la domanda interna, la leva finora mancata allo sviluppo e alla crescita di tutta l’Unione. Poche priorità, tutte sugli investimenti: auto elettrica, ferrovie, rete digitale. Poi un taglio da 20 miliardi per l’Iva e 300 euro di bonus a bambino. Lezione di leadership, di responsabilità, di lungimiranza. Soprattutto di pragmatismo per un’Italia dove prestiti, ammortizzatori e bonus sono più detti che fatti.
Dopo le task force, ora tocca agli stati generali. Ai tedeschi è bastato chiamare il piano der wuum. Tradotto sta per boom. Non evocherà la rivoluzione francese, ma rende l’idea.

(dal Sole 24 Ore - 5 giugno 2020)

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