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Commento

  Del mondo della scuola, e più in genere della formazione, Fucinaidee se ne è occupata ripetutamente, sia con contributi di taglio impegnato, sia in modo scherzoso, se pur con un’ironia che sottintende tutta l’amarezza per il devastante declino che sta investendo uno dei gangli vitali della nostra società.

IL decadimento educativo in Italia viene da lontano: direi dagli anni ’70, alllorché non si è trovata la capacità di dare una risposta ai sommovimenti del sessantotto, cercando di raccogliere ciò che di positivo proveniva da quell’esperienza (ad esempio l’aspirazione alla partecipazione) e, nel contempo, di rifiutare ciò che di devastante vi era in questa (ad esempio il demagogico egualitarismo e l’antimeritocrazia).    

Da allora, nella più totale indifferenza di tutti, è iniziato un percorso di decadimento scolastico che ha portato alle conseguenze che oggi non vi è chi, di buon senso, non riesca a vedere.

Dicevo con la complicità di tutti; sarebbe più corretto dire con la complicità di tutti, giacché questo sfascio è avvenuto certo per responsabilità delle classi dirigenti, ma anche dello stesso mondo della scuola (a partire dai sindacati dello specifico comparto), del mondo della cultura, dell’opinione pubblica. La politica ha usato la scuola quale struttura suppletiva di funzioni di welfare, il sindacato ha tenacemente osteggiato qualsiasi valutazione del merito puntando sostanzialmente sull’ampliamento della platea occupazionale, gli utenti hanno puntato sul risultato imediato (promozioni e diplomi a buon mercato), i dirigenti sul quieto vivere, i docenti su una piacioneria accondiscendente anche verso le istanze più bizzarre.        

  Così, passo dopo passo, anzi sfascio dopo sfascio, siamo arrivati al disastro attuale, certo aggravato dall’emergenza coronavirus, ma non certo da essa creato. Il disastro è ampiamente presente da anni, ed anche la questione del “tutti promossi”, non è mai stata istituzionalizzata come in questa circostanza ma, di fatto, era già ampiamente praticata da tempo (le eccezioni facevano cronaca). 

 Le considerazioni del Prof. Riccardo Prando, proposte ai nostri lettori, trovano condivisione in un ampio settore degli operatori scolastici: circostanza di cui posso dare ampia testimonianza diretta. Perlomeno in quello che intende il proprio lavoro come costante processo quotidiano di trasmissione della cultura quale insostituibile veicolo di crescita. Quei docenti insomma che interpretano la loro funzione quale rapporto - prevalentemente in classe - di formazione culturale ed umana con i loro discenti, rifugendo dalle vacuità dei cartelloni affissi nei corridoi, o delle pompose e retoricamente vuote illustrazioni sui siti Internet e sugli altri media di inutili progetti anche costosi, non raramente utili più a chi li propone che a chi dovrebbe beneficiarne.

 In questo tempo c’è l’emergenza coronavirus che certamente ha complicato molto le cose. Ma c’è un virus, quello dell’infatuazione ideologica per un certo pedagogismo d’accatto, che da decenni infetta la scuola italiana. E’ un virus che difficilmente può essere contenuto, e che comunque non è stato contenuto; un virus che si alimenta della demagogia, del buonismo, del pressappochismo, della deresponsabilità, dell’accondiscendenza di brevissimo respiro. Sarebbe servito un serrato lockdown per chi si faceva portatore di questo virus; e invece no, a questi si sono fatti ponti d’oro, consentendogli di infettare il nostro sistema educativo, sicuramente in modo molto più devastante del Covid-19.

  Questo passerà, e la scuola potrà rimettersi in moto; ma i danni prodotti dall’altro virus difficilmente potranno essere rimediati.

  L’attuale Ministro Azzolina rappresenta al meglio i guai di entrambi i virus. Penso che la gestione del Ministero della Pubblica Istruzione rappresenti uno dei riferimenti più bassi, di uno dei peggiori governi della Repubblica, forse penultimo solo al precedente, ovvero il Conte uno, di cui peraltro il M5S rappresenta un dato di continuità. Governo che certo ha avuto la sfortuna di doversi misurare con l’emergenza coronavirus, ma la cui debolezza era già ampiamente apparsa prima.

    Infine, un attimo sulla didattica a distanza. E’ uno strumento che ha certamente consentito di fronteggiare un’emergenza improvvisa, devastante e a cui nessuno era preparato. Un'emergenza che gli insegnanti ed i Dirigenti Scolastici hanno di sovente gestito con un impegno assolutamente straordinario riuscendo, con la loro dedizione personale, a supplire gli effetti dello sbandamento complessivo del sistema. Ma non può che essere uno strumento di emergenza. Magari, come molte esperienze, sarà portatrice  di qualche elemento di positività che potrà servire in futuro, se adeguatamente utilizzato. Del resto le attività online non sono certo nate con il coronavirus.   

Sono rimasto sorpreso (anche se da certo mondo della scuola ormai è bene non sorprendersi di nulla), nell’aver raccolto commenti di grande entusiasmo circa la didattica a distanza. Incredibile: settori che sino a qualche giorno prima esaltavano la funzione della socializzazione. Prima le nuove tecnologie rappresentavano il diavolo, ora sono l’anticamera del Paradiso Terrestre. Miracolose metamorfosi di chi non si fa scrupolo di affermare tutto ed il contrario di tutto: del resto in questi mesi sono in buona compagnia.

 Ho detto di due virus. Per il coronavirus, speriamo che a settembre la scuola possa ripartire e che il ministro Azzolina venga aiutato dalla provvidenza: sarebbe un bel dono, non per lei che non lo merita, ma per il Paese.

 Per l’altro virus le cose sono più complicate. Qui occorrerebbe una sorta di trasformazione antropologica, ancor prima che politica, del Paese. Ma qui non si vede chi possa guidarla. Speriamo di sbagliare; me lo auguro fortissimamente!!!    

Paolo Razzuoli

 

 

SCUOLA - Tutti promossi, uno schiaffo alla dignità di questo paese

 

di Riccardo Prando

 

 La promozione d’ufficio è stato il peggior disincentivo allo studio che questa gestione ricordi. Una lettera aperta alla ministra Azzolina 

 

Gentile ministra Azzolina,

nel giro di sei ore sono passato dalle lezioni on-line in una scuola media di Varese ad una videoconferenza di pre-scrutinio e alla

 lettura dell’ultimo articolo che  Ernesto Galli della Loggia ha pubblicato sul  Corriere . Metto insieme le tre cose e le sottopongo alla Sua attenzione in quanto strettamente e, direi, drammaticamente legate una all’altra.

  Nel primo caso: lezione di letteratura, 24 alunni, 3 presenti solo virtualmente (non funzionano, dicono, né video né audio), 3

 assenti da mesi per ragioni ufficialmente ignote (più e più volte sollecitati dalla dirigenza dell’istituto, le risposte di alunni e genitori sono state quanto mai

 evasive).

  Nel secondo caso: le colleghe delle materie cosiddette “portanti” (non sto dicendo che alcune sono di serie A e altre di B, sto  dicendo che se una viene insegnata per 10 ore alla settimana e un’altra per 2 ci sarà un motivo), unite a quasi tutte le altre, sono concordi nella bocciatura

 dei tre allievi assenti da mesi e per i quali non esistono valutazioni, se non sporadiche e quasi sempre negative.

  Nel terzo caso: l’editorialista inizia il suo articolo ponendosi la domanda “Quali capacità deve possedere una classe dirigente per  essere tale?” e fornisce quattro risposte, di cui estrapolo solo qualche passaggio: “avere una visione complessiva del Paese (…); (…) conoscere il

 passato, le vicende politiche, la cultura, la sensibilità, aver letto libri, visto film, ascoltato musiche (…); avere un forte tasso di disinteresse personale. Si chiama

 anche senso dello Stato (…); assumersi la responsabilità: cioè se sa prendere delle decisioni. Se sa compromettersi decidendo”.  Lascio a Lei il tempo per leggere la riflessione dello storico e giornalista nelle sue precise articolazioni e mi limito a qualche

 considerazione non da politico, filosofo, pedagogista, intellettuale della scuola, ma da insegnante, cioè la sola figura professionale che sa come vanno le  cose nelle classi.

  Bene: stando all’articolo 3 della Sua seconda ordinanza ministeriale in materia di scrutini ed esami, tutti gli alunni vanno d’ufficio  ammessi alla classe successiva, indipendentemente da quanto hanno o non hanno fatto durante la didattica a distanza, salvo lasciare loro le

 insufficienze sulle quali saranno interrogati dal prossimo primo settembre.    Ora: tutti sanno, sassi compresi, che tali insufficienze non verranno mai, tranne sparute eccezioni, recuperate: se i ragazzi non hanno lavorato durante l’anno, perché mai dovrebbero farlo in estate? Conseguenza: tutti promossi, asini patentati compresi. Un pessimo messaggio ai

 diretti interessati (che ripeteranno il comportamento l’anno venturo, ci posso giurare) e a tutti gli altri (“se vengo promosso in ogni caso, perché dovrei studiare?” Non è una bella domanda da farsi, ma comprensibile in ragazzini di 11-12 anni), docenti compresi, che dovrebbero rientrare – senza alcun aumento di stipendio – a fine agosto per preparare detti, inutili esami (agli scrutini fioccheranno le sufficienze).   Tutto questo mentre anche il Suo partito fece le barricate, un anno fa, per introdurre fra le materie di studio “educazione alla  cittadinanza” al fine di insegnare come ci si comporta da cittadini onesti. Le voci degli insegnanti che ritenevano la decisione demagogica e senza alcuna ricaduta sull’allievo non vennero nemmeno ascoltate.  Le chiedo, signora Ministra: le Sue decisioni sono forse oneste? Ritiene che costringere i docenti – ultima ruota del carro,

 sorpassati da Lei senza tenere nel minimo conto il loro parere e coi sindacati muti, come sempre – a promuovere anche chi non ha fatto lezione, anche chi s’è

 inventato giustificazioni assurde, anche chi ha approfittato della situazione per coprire dietro la nuova legge comportamenti inadeguati anche precedenti

 alla didattica a distanza, sia un comportamento educativo?   Mi direbbe poi perché gli studenti affronteranno la maturità in presenza mentre  i miei alunni no, con connessioni che vanno e vengono e genitori pronti a suggerire le risposte – lo abbiamo visto in questi giorni

 di lezioni al computer?   Anche perché c’è un ultimo, fastidiosissimo particolare che avviene all’unanimità. Basterà che un docente, uno solo, magari uno

 di quelli che – per ragioni di orario scolastico imposto dall’emergenza – hanno visto un ragazzo per un’ora ogni quindici giorni, voti a favore, e tutti gli altri

 dovranno incassare il colpo.   Non è solo ingiusto, gentile Onorevole, è anche uno schiaffo tirato in faccia alla scuola. Proprio quella di cui sempre lei, lo scorso

 23 maggio durante una nota trasmissione mattutina su Radio Uno, ha parlato in questi termini: “Chi attacca la Scuola, attacca lo Stato”. Lei lo ha

 fatto.   Se Galli della Loggia scrive di “progressivo crollo qualitativo che si è avuto in Italia della classe dirigente, e in specie di quella

 politica” come “conseguenza diretta dell’implacabile smantellamento” della nostra scuola, un motivo ci sarà. Lei, gentile Ministra, che di scuola come

 insegnante ne ha fatta probabilmente meno di molti di noi, dovrebbe riconoscerlo. 

 

(da www.ilsussidiario.net - 29 maggio 2020)

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