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Breve commento introduttivo

Quando ho letto le affermazioni del vice-segretario del Pd Orlando, sul caso della richiesta di un finanziamento ad un istituto di credito da parte di FCA, sono rimasto veramente perplesso. Un Paese veramente schizzofrenico è questo, in cui prima si definiscono le norme, poi se ne auspica la non applicazione in casi che dispiacciono. Ma che razza di Stato di diritto è mai questo?
Poi: è veramente singolare che il vicesegretario di un partito sconfessi il ministro dell'economia che ha scritto le norme e che, guarda caso, appartiene al medesimo partito. Insomma, uno specchio fedele della babele che regna nella politica italiana.
Pazienza se le sparate vengono dai populisti: non sanno niente, non si impegnano a studiare niente, non sanno quello che dicono; a loro basta sollevare un po' di polverone per sollecitare la pancia degli elettori.
Quando però certe affermazioni vengono da un dirigente di un importante partito di maggioranza, è lecito avere qualche preoccupazione.
So bene che difendere Cda farà storcere il naso a molti: pazienza! Il tema è però quello dello Stato di diritto, nel quale le leggi si applicano e non si interpretano. E purtroppo, in Italia, la tendenza all'interpretazione legislativa più che alla puntuale applicazione non è nuova; una tendenza che ci riporta a quel doppio pesismo strisciante, ben radicato in parte della sinistra italiana, ed in verità non solo in questa. Mi ha fatto piacere leggere che anche nel Pd non tutti condividono le posizioni di Orlando: ad esempio il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, che si è smarcato.
Sarà sicuramente anche vero, come sostiene Calenda, che Fca non ha mantenuto impegni; ma se la richiesta è conforme al dettato normativo, non vi possono essere mancate promesse che tengano.
Un'ultima osservazione di strategia politico-economica: è interesse del nostro sistema Paese incentivare il ritorno delle multinazionali; ma per questo occorre creare strumenti di incentivazione, non certo seminare paure.
Sull'argomento, propongo ai lettori di Fucinaidee questo contributo di Christian Rocca, di cui condivido a pieno il contenuto.

Paolo Razzuoli

Il caso Fca - Sovranisti e populisti di destra e sinistra uniti dal non sapere niente di quello che dicono

di Christian Rocca

La cosa che unisce sovranisti e populisti di destra e di sinistra è sempre la solita: non sanno niente, non studiano, non hanno idea di quello che dicono. L’ultimo esempio è quello intorno a Fca. Nel chiacchiericcio politico e social, ormai indistinguibile, è passata la notizia che la Fiat degli Agnelli ha chiesto oltre sei miliardi di euro allo Stato pur pagando le tasse in Olanda. Sono seguite vergogna, indignazione e retwitt d’ordinanza. Si è scomodato perfino il vicesegretario del Partito democratico Andrea Orlando, perché al ridicolo non c’è mai fine.

Eppure in quella presunta notizia non c’è nemmeno una parola corretta perché la Fiat non si chiama Fiat ma Fca e non è più un’azienda italiana ma una multinazionale italo-americana e a breve anche francese, ma soprattutto perché non ha chiesto soldi allo Stato, semmai sta trattando con un istituto bancario privato, Banca Intesa San Paolo, un prestito parzialmente garantito dallo Stato, in realtà da Sace-Simest, come previsto dal decreto liquidità a patto che siano rispettate precise condizioni, la principale delle quali è che la sede sia in Italia e che sia garantita l’occupazione pre Covid. Fca, infine, non paga le tasse in Olanda o in Gran Bretagna, ma per tutte le attività italiane che ammontano a 25 miliardi di euro versa le imposte in Italia, 4 miliardi annui.

I soldi che Intesa presterà a Fca, da restituire in tre anni, andranno a coprire l’impatto del virus sul settore e a garantire i pagamenti della filiera automotive di Fca che in Italia impiega direttamente 55 mila persone che diventano 300 mila con l’indotto. Un settore che dai 55 miliardi di euro del decreto rilancio ha ricevuto un gran totale di zero euro, come ha fatto notare il sindacato metalmeccanico della Cisl guidato da Marco Bentivogli dopo un incontro con Fca.

Come altre multinazionali, italiane e no, Fca ha sede legale e fiscale a Londra e ad Amsterdam, che non sono paradisi fiscali se non nelle timeline su Twitter, per il semplice fatto che in quei paesi le regole del diritto commerciale sono di facile interpretazione, perché la giustizia civile per la risoluzione delle controversie è rapida e perché la tassazione sui dividendi globali, quelli distribuiti agli azionisti dopo aver pagato le imposte sul lavoro e sulla vendita delle automobili in Italia, in Germania, negli Stati Uniti e ovunque è stata creata ricchezza, è più bassa che da noi.

Per convincere le aziende multinazionali a spostare in Italia la sede legale e fiscale non serve indignarsi su Twitter né mettere un like su Facebook né fare la faccia feroce nei talk show, azioni che peraltro non si è ancora capito a cosa servono se non a profilare il narcisismo di chi le compie, ma sarebbe necessario impegnare il tempo sprecato sui social per scrivere un codice di diritto commerciale adeguato all’epoca in cui viviamo, per rivoluzionare il sistema giudiziario e per riformare il fisco.

È un’impresa ciclopica, specie nel paese dove il vicesegretario (Orlando) del partito (Pd) il cui ministro (Gualtieri) ha scritto il decreto si lamenta se qualcuno usufruisce del decreto scritto da loro. Come si può pensare che una multinazionale possa trasferire la sede in Italia se la certezza del diritto viene messa in discussione da un tweet dagli stessi autori delle leggi, peraltro quelli considerati bravi. Serve studiare, essere seri, non twittare.

(da www.linchiesta.it - 18 maggio 2020)

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