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Settant'anni fa fu gettato il primo seme della nuova Europa

di Paolo Razzuoli

Oggi 9 maggio si celebra la festa dell'Europa.
A causa delle attuali circostanze,l'evento annuale delle istituzioni europee,che normalmente porta decine di migliaia di cittadini nei locali del Parlamento europeo,si trasforma in giornata a porte aperte virtuale.
Nell'occasione sono stati organizzati una serie di eventi e mostre online intorno al tema della solidarietà e dell'azione dell'UE per afrontare la pandemia e le sue conseguenze economiche.

E' proprio la drammatica crisi che stiamo vivendo che rende particolarmente attuale la riflessione sull'Europa.
Un'Europa che, soprattutto negli ultimi anni, viene sempre più vista come distante, non sembri esagerato dire ostile, rispetto alla soluzione degli interrogativi che interpellano soprattutto gli strati più deboli della società.
Inquietudini che si sono fatte sempre più forti in ragione dei problemi legati all'evoluzione di una società globalizzata che, se ha fatto uscire dalla povertà milioni di persone soprattutto in Asia, qui da noi ha prodotto un impoverimento del ceto medio, creando insicurezze e gettando ombre di incertezza sul proprio futuro.
Una situazione certo complessa, che richiederà la messa a punto di nuovi strumenti di governo ma che, a mio avviso, non può certo essere affrontata con il ritorno a logiche nazionaliste che, come la storia ci ammonisce, sono foriere di drammi che mai speriamo di dover vivere.

Di fronte all'incalzare delle incertezze delle inquietudini, ci sono sempre delle "sirene incantatrici" che cercano di tentare con melodie facili ed ingannevoli. Ma a queste sollecitazioni occorre non prestar fede: non sono certo le facili scorciatoie che possono offrire un futuro di prosperità.
Basti pensare che per ogni italiano ci sono più o meno 23 cinesi, così come ci sono circa 18 cinesi per ogni tedesco. Cosa potrebbero fare i paesi europei andando in ordine sparso? Non è facile immaginare che potrebbero solo ridursi a vassalli obbedienti delle grandi potenze: Cina, Usa, Russia.

Ed è proprio nello scenario drammatico che stiamo vivendo che queste riflessioni acquistano una stringente attualità. Sappiamo che dalle crisi si può uscire o rafforzando le ragioni della solidarietà, oppure imboccando la strada degli egoismi nazionalisti.
Ebbene, occorre fare ogni sforzo affinché sia la strada della solidarietà a prevalere.
Occorre tenere alta la guardia perché non è detto che ciò accada; la storia ci insegna che ciò che sarebbe giusto che accadesse spesso non accade.
Sui valori della solidarietà europea occorre tenere dritta la barra del timone, evitando anche quei mantra del tipo "ce lo chiede l'Europa" che tante volte abbiamo sentito in Italia, anche da forze europeiste. Il solito vezzo di scaricare su altri le nostre responsabilità; un vezzo che, inevitabilmente, porta alla massimizzazione del danno, non aiutando a risolvere i problemi e portando acqua al mulino degli euroscettici.

Nel bel mezzo di questa pandemia non c'è certo voglia di festeggiare; ma non deve mancare la voglia di pensare; anzi, proprio nei momenti più difficili c'è bisogno di costruire una strada per il futuro. Ebbene, la solidarietà europea è l'unica strada che, in un contesto planetario tremendamente complesso, può indicare una prospettiva di futuro per le nuove generazioni.

Non ci nascondiamo certo gli errori commessi e le difficoltà del presente. Ma come il sogno dei grandi Padri dell'Europa ci insegna, anche quelle che sembrano le più azzardate utopie possono, se sostenute con consapevolezza e volontà, trasformarsi in realtà. L'utopia ha da sempre rappresentato un potente motore della storia.
Quando, in un'Europa con le macerie della guerra ancora fumanti, De Gasperi, Adenauer e Schuman sognavano una nuova europa solidale ed integrata, potevano sembrare solo degli astratti sognatori. Fortunatamente per noi questo loro sogno si è trasformato in una realtà, magari imperfetta, ancora dominata da egoismi nazionali, ma sempre una realtà che ha offerto all'Europa un periodo di pace e di progresso mai visto sinora.
Un patrimonio che potrebbe tuttavia anche dissolversi, se non adeguatamente alimentato. Ed è proprio questo che gli europei debbono chiedere ai loro governanti; debbono chiederlo particolarmente nei momenti di difficoltà come questo. Debbono chiederlo dimostrando la maturità di non farsi ingannare da chi vorrebbe riportare indietro gli orologi della storia, a stagioni che mai speriamo possano tornare.

La scelta del 9 maggio quale festa dell'Europa deriva dalla data in cui l'allora Ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, rilasciò una dichiarazione che diede il via alla costituzione delle prime istituzioni europee.
Eravamo nel 1950. La dichiarazione Schuman proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio, i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di carbone e acciaio.

La CECA (paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) è stata la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che si chiama oggi "Unione europea".

Nel 1950, le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima.
Determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman – "non solo impensabile, ma materialmente impossibile".
Si pensava, giustamente, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un'Europa più unita. L'adesione alla CECA era aperta ad altri paesi.

Testo integrale della dichiarazione Schuman

"La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.

Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia, facendosi da oltre vent'anni antesignana di un'Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L'Europa non è stata fatta : abbiamo avuto la guerra.

L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l'azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania.

A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l'azione su un punto limitato ma decisivo.
Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei.
La fusione della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime.

La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica.
Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l'Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano. Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni.

Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace.Per giungere alla realizzazione degli obiettivi cosi' definiti, il governo francese è pronto ad iniziare dei negoziati sulle basi seguenti.
Il compito affidato alla comune Alta Autorità sarà di assicurare entro i termini più brevi: l'ammodernamento della produzione e il miglioramento della sua qualità: la fornitura, a condizioni uguali, del carbone e dell'acciaio sul mercato francese e sul mercato tedesco nonché su quelli dei paese aderenti: lo sviluppo dell'esportazione comune verso gli altri paesi; l'uguagliamento verso l'alto delle condizioni di vita della manodopera di queste industrie.

Per conseguire tali obiettivi, partendo dalle condizioni molto dissimili in cui attualmente si trovano le produzioni dei paesi aderenti, occorrerà mettere in vigore, a titolo transitorio, alcune disposizioni che comportano l'applicazione di un piano di produzione e di investimento, l'istituzione di meccanismi di perequazione dei prezzi e la creazione di un fondo di riconversione che faciliti la razionalizzazione della produzione. La circolazione del carbone e dell'acciaio tra i paesi aderenti sarà immediatamente esentata da qualsiasi dazio doganale e non potrà essere colpita da tariffe di trasporto differenziali. Ne risulteranno gradualmente le condizioni che assicureranno automaticamente la ripartizione più razionale della produzione al più alto livello di produttività.

Contrariamente ad un cartello internazionale, che tende alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e il mantenimento di profitti elevati, l'organizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e l'espansione della produzione.

I principi e gli impegni essenziali sopra definiti saranno oggetto di un trattato firmato tra gli stati e sottoposto alla ratifica dei parlamenti. I negoziati indispensabili per precisare le misure d'applicazione si svolgeranno con l'assistenza di un arbitro designato di comune accordo : costui sarà incaricato di verificare che gli accordi siano conformi ai principi e, in caso di contrasto irriducibile, fisserà la soluzione che sarà adottata.

L'Alta Autorità comune, incaricata del funzionamento dell'intero regime, sarà composta di personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi; un presidente sarà scelto di comune accordo dai governi; le sue decisioni saranno esecutive in Francia, Germania e negli altri paesi aderenti. Disposizioni appropriate assicureranno i necessari mezzi di ricorso contro le decisioni dell'Alta Autorità.

Un rappresentante delle Nazioni Unite presso detta autorità sarà incaricato di preparare due volte l'anno una relazione pubblica per l'ONU, nelle quale renderà conto del funzionamento del nuovo organismo, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi fini pacifici.

L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica in nulla il regime di proprietà delle imprese. Nell'esercizio del suo compito, l'Alta Autorità comune terrà conto dei poteri conferiti all'autorità internazionale della Ruhr e degli obblighi di qualsiasi natura imposti alla Germania, finché tali obblighi sussisteranno."

Lucca, 9 maggio 2020

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