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Breve commento introduttivo

Se per risolvere i problemi fossero sufficienti norme, commissioni ed incarichi, l'Italia sarebbe il Paese più efficiente del mondo. Purtroppo non è proprio così: anzi, l'affollamento normativo e la moltiplicazione degli incarichi sono la peggiore risposta per risolvere i problemi; sempre, e figuriamoci in un momento drammatico come l'attuale!!!
Il paradosso è che, mentre in Italia ormai da decenni si "chiacchiera a vuoto" sulla semplificazione normativa e burocratica, non si perde occasione per complicare le cose con norme spesso incomprensibili e contraddittorie, e con una ipertrofizzazione di strutture con competenze dai contorni non ben definiti, contradditori e, ancor più grave, non raramente conflittuali.
Così procedendo, gli esiti sono facilmente prevedibili: dispendio di risorse, procedure lunghe ed incerte, risultati per i cittadini lenti e deltutto inadeguati.
Purtroppo, a questa logica perversa non sfugge l'attuale emergenza; anzi, proprio in questa occasione sono emerse per intero le fragilità della nostra architettura istituzionale, le incertezze e contraddizioni della politica, la sua fame spartitoria, le resistenze di un apparato burocratico che nel corso dei decenni ha acquisito una forza straordinaria, e che è refrattario a qualsiasi seria riforma che ne ridimensioni il potere.
E così, mentre assistiamo alla proliferazione di norme ed incarichi, le scelte veramente necessarie possono attendere. Può attendere l'app per i tracciamenti, che quando arriverà forse non servirà più a molto; possono aspettare i sussidi a chi ha perso qualsiasi fonte di reddito; possono aspettare gli investimenti per la ripresa produttiva del Paese, cosa gravissima, perché se non sarà fortemente pompata la ripresa con liquidità, potremo trovarci in una bufera economica e sociale dai contorni veramente imprevedibili.
Ho avuto in questi giorni l'opportunità di raccogliere voci veramente molto allarmate da vari esponenti del mondo imprenditoriale. E ciò che colpisce, è anche la differenza della qualità e quantità del sostegno alla produzione fra l'Italia ed altri Paesi europei colpiti dall'emergenza. Appare agevolmente comprensibile che la qualità e rapidità del sostegno alla ripresa inciderà profondamente sulla capacità di riconquista dei mercati da parte dei vari paesi. Già eravamo in affanno; continuando così è difficile trovare spazi per l'ottimismo.

Paolo Razzuoli

Coronavirus e la fabbrica italiana di norme ed incarichi

di Marco Rogari

In cento giorni di lotta al virus 763 atti di Governo e Regioni. Sono 224 i provvedimenti di palazzo Chigi, ministeri, Commissari e Protezione civile, 539 quelli dei Governatori. Superano quota 1.400 gli incarichi e le strutture per l’emergenza.

C’è chi la chiama la “fabbrica delle norme”. Alcuni lo fanno con tono assolutamente benevolo, altri con una vena critica neppure troppo celata. Ha aperto ufficialmente i battenti il 22 gennaio scorso con una circolare del ministero della Salute dal “titolo”all’epoca ancora non troppo preoccupante: «Polmonite da nuovo coronavirus (2019-nCov) in Cina». In tutto undici cartelle, compreso un allegato, che sarebbe stato il primo di una lunga serie. Da allora sono trascorsi più di 100 giorni, scanditi dai bollettini sulla diffusione dell’epidemia da Covid 19 e, parallelamente, da un flusso imponente e continuo di provvedimenti. Ad alimentarlo il governo e i commissari nel frattempo nominati per gestire l’emergenza, così come le Regioni e anche i Comuni. Con l’obiettivo di arginare gli effetti del virus, strutture centrali e territoriali hanno attinto a tutto il campionario degli strumenti legislativi e amministrativi disponibili: dai decreti legge agli atti d’indirizzo e di chiarimento passando per i decreti del presidente del Consiglio (i famosi Dpcm), le ordinanze regionali e i protocolli d’intesa.

Un report ufficiale sulla produzione della cosiddetta fabbrica delle norme al momento non esiste. Ma il “contatore”, seppure ufficioso, segna quota 763: tanti, sulla base delle informazioni disponibili, in alcuni casi in formato “grezzo”, sono gli atti fin qui emanati da esecutivo, commissari straordinari e Governatori.

In attesa che entro la fine di questa settimana veda la luce un nuovo maxi-decreto da 155 miliardi in termini di saldo netto da finanziare, annunciato a Pasqua e poi più volte slittato, il governo e i due commissari Angelo Borrelli e Domenico Arcuri hanno già messo il loro sigillo su 224 provvedimenti. A cominciare da 9 decreti legge e 13 Dpcm sorretti, al momento del varo, da ben 323 articoli, a loro volta suddivisi in un migliaio di commi, e da una trentina di allegati. Direttamente dalla Protezione civile sono arrivati 57 testi, in primis ordinanze alle quali Arcuri è invece fino ad oggi ricorso 11 volte. Tra i vari ministeri il più attivo è stato quello della Salute con 70 tra decreti ministeriali, ordinanze e circolari. Considerando anche i comunicati interpretativi e le singole misure per nominare le task force e conferire gli incarichi ai commissari straordinari gli atti riconducibili all’esecutivo diventerebbero addirittura più di 240.

Un mare magnum non facilmente navigabile, più o meno allo stesso modo di quello su cui si muovono le Regioni lungo una rotta non sempre lineare, scandita, al 4 maggio, da 539 ordinanze (e testi similari), oltre trenta allegati e 82 ulteriori circolari esplicative, linee di indirizzo e protocolli. A spingere con forza sulla fase “deliberativa” sono stati i Governatori di Abruzzo (55 provvedimenti) e Toscana (50). A farne l’uso più limitato sono stati invece i presidenti della Lombardia, Attilio Fontana, con 11 ordinanze, e del Piemonte, Alberto Cirio, fermo per ora a 15. A metà strada, con 37 provvedimenti collegati all’emergenza Coronavirus, la regione Calabria, finita sotto i riflettori per l’ordinanza firmata dalla Governatrice Jole Santelli sulla riapertura di bar e ristoranti contro la quale il Governo ha presentato ricorso al Tar ma rinunciando ieri alla procedura accelerata.

A fare da cornice a questa lunga sequenza di disposizioni e interventi di varia natura c’è una altrettanto infinita serie di incarichi, strutture, unità di crisi e task force , pre-esistenti e di nuovo concepimento, coinvolti a livello centrale e regionale nella gestione dell’emergenza: da una ricognizione di Openpolis ne risultano oltre 1.400. Con una presenza femminile non superiore al 20 per cento.

(dal Sole 24 Ore - 6 maggio 2020)

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