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Contact tracer - Arrivano gli investigatori anti Covid, come in una serie tv

di Stefania Carini

“Army”. “Brigade”. La metafora è militare, ancora una volta, ma anche poliziesca. In effetti in questa nuova fase della lotta al Covid, conviene mettere da parte la guerra, con il suo pensiero aggressivo tradotto in realtà in una ritirata detta lockdown, e impiegare l’indagine, tra Sherlock Holmes e Poirot.
Accanto alla App, alla tecnologia, con le sue possibilità ma anche le sue falle, per molti sarà necessario un altro tipo di tracciamento. Antico, affascinante e del tutto umano. Fate largo a chi darà ora la caccia al Covid: il contact tracer.

È uno degli elementi, insieme a molti altri, utile a tenere a bada il virus. Ne ha parlato il primo ministro francese Philippe, annunciando l’impiego, dopo alcune sperimentazioni già a Parigi, di vere e proprie “squadre” capaci di elaborare la lista dei contatti di un positivo, di chiamarli, di invitarli a fare il test e verificare la procedura.

In Inghilterra è iniziato pare il reclutamento, New York ne vorrebbe assumere diverse migliaia (ecco nuovi posti di lavoro), sono già attivi ad esempio in Illinois e Massachusetts. Cina, Taiwan, Singapore, Sud Corea ne hanno fatto uso. In Veneto il lavoro di Andrea Crisanti si è basato anche su questo metodo.

Nel decreto firmato dal ministro Speranza c’è un parametro che parla di «numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact tracing». Insomma, pare che il contact tracer umano sarà uno degli elementi del piano. Come sarà organizzato il lavoro (dato anche le differenze organizzative sanitarie regionali, si pensi alla Lombardia)?

Ogni paese ha i suoi parametri per reclutare e impiegare i contact tracer. Alcuni lavorano in remoto, via telefono, usando varie tecnologie, ma altri anche sul campo, per testare e seguire le persone. Un po’ medici, un po’ investigatori, un po’ addetti alla sorveglianza. Il loro è un lavoro basato su parametri scientifici, ma prevede anche una parte di indagine e di monitoraggio costante.

La App è veloce a elaborare una gran mole di dati, ma sappiamo che molto dipende da quanti l’adotteranno e dal sistema usato per segnalare i contatti. Da sola non basta. Il tracciamento umano prevede molte persone al lavoro e molto più tempo, ma può accompagnare il primo, lo completa, e ha anche una funzione pedagogica e rassicurante: una persona mi avvisa, mi dice e magari anche mi mostra cosa fare, mi monitora. Non sono solo.

Certo non è facile condurre le interviste, ci vuole pazienza, il malato potrebbe non ricordare tutto, potrebbe avere paura di essere giudicato, potrebbe mentire per nascondere qualcosa. Serve ottenere le fiducia delle persone, che apprezzano, si aprono pian piano, sperano di poter aiutare.

Una malattia da sconfiggere, un investigatore medico, un paziente impaurito e titubante deve affidarsi e svelarsi. C’è l’umanità dell’uno e dell’altro, la vita di uno che si svela all’altro. Certi racconti fanno già emergere storie di mondi differenti e persone differenti che devono capirsi e aiutarsi.

Questo volto della lotta al Covid sembra perfetta materia narrativa: il contact tracer come nuova figura di qualche futura serie Tv?
Non solo i medici insomma: in prima linea c’è anche lui a proteggere la città, e intanto la racconta, e racconta i suoi abitanti e se stesso. Un po’ CSI, per via dell’indagine scrupolosamente scientifica. Un po’ Dr House, visto che bisogna far emergere la verità dal paziente. Un po’ Criminal, la serie Netflix tutta incentrata sugli interrogatori. Un po’ il caro vecchio ER, con le sue storie di umanità varia che si intrecciano.

(da www.linchiesta.it - 2 maggio 2020)

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