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I numeri della crisi e la conta sul mes

di Lina Palmerini

Oggi il Governo dovrebbe approvare il Documento di economia e finanza – ieri è slittato – che racconta in numeri il dramma italiano. Un Pil 2020 che tende verso il –8% (ma che potrebbe scivolare a -11% se ci sarà una nuova fiammata dei contagi in autunno); un rapporto deficit/Pil sul 10% e, infine, un debito tra 155-160% che incarna la vera minaccia per la tenuta finanziaria e anche politica.
Quelle cifre infatti si scaricano direttamente sul Governo e sulla maggioranza, in queste ore alle prese con il negoziato europeo. Al Consiglio Ue di oggi sono attesi dei passi avanti sul Recovery Fund e una chiarezza definitiva sull’assenza di condizionalità per la nuova linea di credito del Mes per spese sanitarie dirette e indirette. Circa 37 miliardi per l’Italia che consentirebbero a Conte di portare a casa – subito – una boccata d’ossigeno per l’emergenza.

Dunque la prima conseguenza a cui portano quei numeri del Def è una probabile richiesta del Mes nuova versione, dopo che sarà approvato il regolamento. In Parlamento lo danno tutti per scontato sia per le recenti aperture di Conte (ieri anche di Fico) sia perché l’Europa non accetterebbe la spinta italiana ad avere più risorse ma intanto rifiutare quelle più velocemente disponibili e a condizioni di maggior vantaggio rispetto ai mercati. E soprattutto, quei 37 miliardi, viste le nostre condizioni finanziarie, rappresenterebbero per il Governo un “ponte” per arrivare a giugno-luglio sperando di agganciare - poi - quei nuovi strumenti europei in grado di mobilitare una massa di risorse ben più consistente e con una Bce che rafforza il suo intervento di acquisto di titoli (Pepp). Il Pd ha già detto che bisognerà chiedere il Mes e pure i ministri grillini sanno che si va a parare lì. Il punto è che ci vorrà un voto delle Camere – promesso dal premier - e la maggioranza si sta già preparando per la conta. Saranno le divisioni dei 5 Stelle a scatenare la crisi? Ieri tutti, sia nella maggioranza che nell’opposizione, lo escludevano: la previsione è che al Senato (dove i numeri sono in bilico) a votare contro il Mes saranno solo 5 o 6 dissidenti vicini a Di Battista. Voti che però verranno sostituiti dai “sì” di Forza Italia. Non a caso ieri ha parlato di nuovo Berlusconi promettendo «un atteggiamento costruttivo e responsabile di fronte all’emergenza».

Dunque, non ci sarebbero pericoli nell’immediato. È piuttosto l’addentrarsi nella Fase 2 e in quella economia di guerra descritta dai numeri del Def che dà i brividi. Per Giancarlo Giorgetti è la risposta del Governo all’emergenza virus che non reggerà. «La cultura diffusa dell’assistenzialismo, alimentata sia dalla destra che dalla sinistra, creerà un’ondata di malcontento. Perché – spiega - la reazione del Governo alla crisi è stata la politica dei sussidi a pioggia - che ha messo da parte quella degli stimoli al lavoro e alla produzione – e con quella non si va lontano: prima o poi esploderà il debito, finiranno i soldi e la gente volterà le spalle a Conte».
Pure Pier Ferdinando Casini non vede trappole parlamentari ma lo tsunami sociale a far cadere il Governo. «Anche se oggi non si vede una maggioranza alternativa come dice il Quirinale, con i disoccupati in piazza, i partiti troveranno un accordo su un assetto politico diverso e su un nome diverso da Conte».

(dal Sole 24 Ore - 23 aprile 2020)

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