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Commento introduttivo

L'altra sera, quando ho letto della dichiarazione di Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa russo le cui truppe scorrazzano per l’Italia per gentile concessione di Giuseppe Conte, sono rimasto allibito. Konashenkov ha violentemente attaccato una serie di articoli della Stampa a firma di Jacopo Iacoboni (che ho avuto modo di leggere) che hanno fatto notare, tra le altre cose, come nella missione russa in Italia, assieme agli esperti di guerra batteriologica, ci fossero anche agenti dei servizi segreti del Cremlino.

 

Il comunicato del portavoce del ministro della Difesa di Mosca, diffuso in italiano sulla pagina Facebook dell’Ambasciata russa a Roma, si conclude infatti con una minaccia di stampo mafioso, di stampo mafioso russo, ai giornalisti della Stampa. Leggere per credere: «Per quanto riguarda i rapporti con i reali committenti della russofobia de La Stampa, i quali sono a noi noti, raccomandiamo loro di fare propria un’antica massima: Qui fodit foveam, incidet in eam (Chi scava la fossa, in essa precipita). Per essere più chiari: Bad penny always comes back». Dalla Russia con amore.

Gli sbirri di Putin possono dire quello che vogliono, ma se lo dicono con tale protervia, mentre peraltro hanno i militari nel nostro paese, sembrerebbe voler dire che pensano di poterselo permettere. Ciò che mi ha lasciato sconcertato, non è stato tanto l'atteggiamento intimidatorio del Cremlino, a cui siamo da tempo abituati, quanto l'atteggiamento sostanzialmente passivo del nostro governo, ed in particolare del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri. Un atteggiamento che sembrerebbe anche indirizzare uno strale il cui bersaglio sembrerebbe essere il Ministro della Difesa che, a differenza di Di Maio, non era a Pratica di Mare ad accogliere gli aerei russi.
Dopo un iniziale assordante silenzio, come si può leggere nell'articolo sotto riportato ora qualche reazione c'è finalmente stata. Ma, a mio modo di vedere, è una reazione troppo timida. Di fronte ad un episodio di questa gravità, ritengo che il governo avrebbe dovuto immediatamente convocare l'ambasciatore russo a Roma, pretendendo le scuse formali del Cremlino a tutela della sovranità italiana, della reputazione di una testata prestigiosa qual è La Stampa e dell’incolumità dei suoi dipendenti.

Per quanto può contare, Fucinaidee si unisce allo sdegno per l'atteggiamento del Cremlino ed esprime la più piena solidarietà ai giornalisti de La Stampa.

Paolo Razzuoli

L’Italia avverte Mosca: grati per gli aiuti, ma il diritto di informazione non si tocca

di Francesca Sforza

Il carico di aiuti russi arrivati in Italia ha portato con sé polemiche e veleni che hanno messo a dura prova i rapporti tra i due Paesi: si sono sollevati dubbi sull’entità e la qualità del carico, preoccupazioni da parte dell’intelligence italiana sulla presenza di militari russi anziché, ad esempio, degli esperti del Ministero russo per le Emergenze, generalmente deputato a questo tipo di missioni, ne sono seguite repliche, precisazioni, infine le dichiarazioni irritate della Difesa russa, che ha rivolto al giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni – autore degli articoli sull’argomento – affermazioni dall’evidente tratto intimidatorio («Qui fodit foveam, incidet in eam», chi scava una fossa, finisce per cadervi, o per essere più chiari: «Bad penny always comes back», la moneta cattiva si ripresenta sempre, ha scritto nella sua nota il portavoce del ministro della Difesa russo, generale Igor Konashenkov. Parole pesanti, che hanno gravemente intossicato l’aria di un dibattito che fino a quel momento si era mantenuto nella cornice della dialettica dell’informazione. A bonificare il clima sono intervenuti dunque i ministri di Esteri e Difesa Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, che in una nota congiunta, hanno dichiarato ieri che «L’Italia è grata alla Russia per gli aiuti, ma allo stesso tempo non si può non biasimare il tono inopportuno di certe espressioni utilizzate dal portavoce del ministero della Difesa russo nei confronti di alcuni articoli della stampa italiana. La libertà di espressione e il diritto di critica – continua la nota - sono valori fondamentali del nostro Paese, così come il diritto di replica. In questo momento di emergenza globale il compito di controllo e di analisi della libera stampa rimane più che mai essenziale».

In difesa del cronista della Stampa e del direttore Maurizio Molinari si è subito mobilitata l’Fnsi e numerosi politici di tutti gli schieramenti hanno espresso solidarietà alla testata, da Matteo Renzi a Enrico Letta, da Pina Picierno (Pd) al senatore forzista Cangini, da Carlo Calenda ai Radicali Italiani e +Europa, che hanno chiesto all’esecutivo di intervenire e fare luce sulla questione. «Dalle parti dell'attuale inquilino del Cremlino dovrebbero sapere che in Italia, a differenza di altri Paesi c'è la libertà di stampa – ha detto tra gli altri Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu -. Sappiamo bene da tempo cosa rischiano i giornalisti in Russia, l’Europa è un’altra cosa». «Noi siamo grati di avere a Bergamo medici e infermieri russi che ci aiutano a curare i nostri malati, ma non è accettabile alcuna minaccia alla libera informazione», ha scritto invece in un tweet il sindaco di Bergamo Giorgio Gori nell’esprimere solidarietà a Iacoboni e alla Stampa «per le intimidazioni ricevute dal portavoce della Difesa russo». E’ intervenuta sul tema anche la vicepresidente della Camera Mara Carfagna, che chiede al governo una reazione più netta della condanna verbale: «Va convocato l'ambasciatore, va spiegato che in Italia i generali, e a maggior ragione i generali stranieri, non possono rivolgersi a un giornale dicendo “Chi si scava la fossa in essa precipita”. Qui le intimidazioni alla libera stampa non sono consentite, qui se si vuole contestare una notizia o una tesi si agisce col diritto di replica o di smentita, non si evoca il cimitero».

Non è mancato chi ha letto nella vicenda uno spostamento dell’asse geopolitico italiano in direzione di Mosca o Pechino. Su questo, nel corso di un’intervista al settimanale tedesco Spiegel, il ministro Di Maio ha precisato che «La Cina ci ha aiutato molto nella prima fase, ma anche molti altri Paesi ci hanno sostenuto: oltre ai russi l’Albania, Cuba e la Polonia. Dispositivi di protezione – ha ricordato il ministro - sono arrivati dalla Francia; la Germania sta accogliendo pazienti italiani, e il presidente americano Donald Trump vuole sostenerci con 100 milioni di dollari. L'Italia è sempre stata un ponte tra Oriente e Occidente, ma noi restiamo nell’alleanza euro-atlantica».

(da La Stampa - 4 aprile 2020)

 

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