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Coronavirus: il fallimento educativo sta uccidendo l’Italia

di Carlos Arija Garcia

"Politici superficiali, gente che scappa portandosi il virus altrove, insulti a chi propone lo stop del calcio: com’è morto il valore del rispetto collettivo?

C’era una volta la famiglia che insegnava (con le buone o con le meno buone) l’educazione, il rispetto per gli altri, il senso di solidarietà. Valori che contribuivano a crescere con l’idea di appartenenza ad una comunità, di unità nazionale. C’era una volta. Perché le prime ore di zona rossa in tutta la Lombardia e in altre 14 province italiane e le restrizioni attuate dal Governo nell’intera penisola a causa del coronavirus hanno dimostrato che questa educazione non c’è più. E che è proprio il fallimento educativo che sta uccidendo l’Italia.

Cittadini e politici devono condividere questa colpa. A cui è ancora possibile rimediare se si fanno le dovute riflessioni. Perché un popolo che non si ferma a pensare è un popolo destinato, inevitabilmente, all’ignoranza. E alla catastrofe economica. Di cui già si hanno le prime avvisaglie. Un’affermazione esagerata? Lo si diceva anche 15 giorni fa quando, dopo il primo caso accertato di Covid-19 in Italia, suonavano i campanelli d’allarme: qui si rischia l’epidemia, avvertivano gli addetti ai lavori. I numeri, purtroppo, hanno dimostrato che avevano ragione. A discapito di chi ha voluto prendere la situazione sottogamba e continuare a fare finta di niente, pur di preservare le proprie abitudini. Il drammaturgo russo Anton Cechov scriveva: «L’indifferenza è la paralisi dell’anima, è una morte prematura». Sono passati più di 100 anni: come ricordarsela?

L’epidemia si è allargata e ora i cittadini del Nord sembrano scossi da una situazione tanto anomala da non sembrare vera. Divieti, raccomandazioni, restrizioni. Che non hanno capito fino in fondo. Anche grazie a qualche sprovveduto funzionario delle istituzioni e a certi politici che, davanti alle telecamere, fanno dei discorsi da incorniciare ma che, nella pratica, hanno un comportamento a dir poco discutibile. Pure loro, quindi, sono vittime del fallimento educativo che sta portando tutti in malora.

Quali sono i segnali di questo fallimento? Basta guardarsi in giro e riflettere su quello che è successo nelle ultime ore e che ancora sta succedendo. In strada e sui social, diventati il tempio di una – spesso –  fasulla verità.

Non è accettabile, ad esempio, che qualcuno faccia filtrare dall’ufficio stampa della Regione Lombardia la bozza di un decreto non ancora firmato dal presidente del Consiglio, con l’Esecutivo ancora riunito per discuterlo e, forse, modificarlo. Vogliamo pensare che sia un caso il fatto che il governatore lombardo, Attilio Fontana, lo criticasse alle agenzie di stampa poco dopo. Non è nemmeno accettabile che se la diffusione di quella bozza ha gettato nel panico i cittadini, intenti ad uscire il prima possibile da quella che da lì a poche ore sarebbe diventata zona rossa, si dia la colpa ai giornalisti. Il cui dovere – come ricordava questa mattina su Twitter l’editorialista del quotidiano La Stampa Gianni Riotta – è quello di dare notizie. E la bozza di un decreto fatta avere su carta intestata del Consiglio dei ministri che prevede l’isolamento imminente di 16 milioni di persone è una notizia.

Non è nemmeno accettabile che centinaia e centinaia di persone si riversino ammassate (alla faccia del metro di distanza) nelle stazioni ferroviarie milanesi incuranti dell’epidemia che possono trasmettersi a vicenda in quel momento. Che si arrivi a tanto così dal mettersi le mani addosso per salire su un treno e rischiare di portarsi altrove il virus che magari è stato appena preso nella folla. E rendere banali, così, gli sforzi di chi sta tentando di preservare la salute, il lavoro ed i soldi di tutti.

Non è accettabile che i dirigenti della Federcalcio propongano di valutare lo stop al campionato di serie A nell’interesse di tutti e che gli «ingegneri della tastiera impazzita» li riempiano di insulti sui social perché «toglietemi tutto, ma non il pallone».

Non è accettabile che si dia di nuovo l’assalto ai supermercati ammassandosi nelle corsie, in coda alle casse, negli ascensori, nonostante sia stato ribadito che non mancheranno i rifornimenti e che i punti vendita di generi alimentari resteranno aperti.

Non è accettabile che un leader politico dica ai cittadini «forza e coraggio, che uniti ce la facciamo» e non si metta in quarantena dopo che un suo stretto collaboratore con cui ha a che fare tutti i giorni è stato trovato positivo al coronavirus.

Non è accettabile che si faccia finta di niente. Perché qualcosa di molto grave sta succedendo. E questo è innegabile

Non è accettabile pensare che tutto questo sia sempre colpa degli altri. Qui ciascuno si deve prendere la propria responsabilità se vogliamo venirne a una. Il politico, il cittadino, l’esercente, l’imprenditore.

Questa esperienza, finora, ha insegnato che l’Italia è ancora molto lontana dall’essere un Paese unito. Scene come quelle di ieri sera alla stazione Centrale milanese fanno capire che qui ciascuno bada al proprio orticello anche quando non grandina e che se l’insalata dell’orto del vicino marcisce, è solo un problema suo. L’Italia ha sprecato finora un’occasione preziosa per dimostrare maturità da questo punto di vista. Non si è ancora accorta del danno che è già stato provocato, prima da una circostanza imprevedibile e poi da un comportamento superficiale da parte di chi ha ignorato le raccomandazioni delle autorità competenti pur di non spostare di una sola virgola (di un centimetro, come amano dire i politici) le proprie abitudini.

Questo mix perverso è il segnale più evidente del fallimento educativo in atto. Di ciò che intere generazioni hanno cercato di trasmettere non c’è quasi più una traccia. Il rispetto collettivo ed il senso di comunità sono valori, ormai, «da sfigati», da gente che non ha capito niente, da persone che non arriveranno mai da nessuna parte perché non calpesteranno gli altri pur di raggiungere il loro obiettivo.

L’ansia di protagonismo a colpi di banalità e di selfie che regna sui social, l’indifferenza verso chi mantiene il pensiero del rispetto, sono i veri coronavirus di questa società. Se chi crede ancora che il bene di tutti valga il sacrificio dei singoli ce la fa a mantenere questo pensiero, si accenderà la luce in fondo ad un tunnel che, in questi giorni, sta mostrando il suo tratto più buio. Ciò che spaventa, diceva Martin Luther King, non è la violenza dei cattivi ma l’indifferenza dei buoni.

(da www.laleggepertutti.it - 8 marzo 2020)

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