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Il Movimento 5 Stelle si sta sciogliendo per avvenuto raggiungimento dello scopo sociale

di Francesco Cundari

Emanuele Severino è stato il filosofo italiano che più di ogni altro ha dedicato la sua opera alla critica della concezione greca del divenire, l’idea cioè che le cose possano nascere dal nulla e poi scomparire nel nulla. Per una curiosa ironia del destino, la notizia della sua morte è stata resa pubblica nelle stesse ore in cui il Movimento 5 stelle dimostrava quanto si sbagliasse, in entrambi i sensi.

Nato dal nulla e chiaramente intenzionato a scomparire nel nulla – come conferma al di là di ogni ragionevole dubbio la scelta di affidare la reggenza, in un momento simile, a Vito Crimi – il partito di Beppe Grillo impegnerà le menti migliori del nostro dibattito pubblico ancora per qualche mese, forse persino per qualche anno (dipende dalla durata della legislatura, quindi direi qualche mese). Lascio a loro, dunque, l’analisi delle diverse visioni di politica internazionale o di politica economica che distinguono il crimismo intransigente dal riformismo fichiano, o le sottili divergenze ideologiche tra massimalisti dibattistiani, centristi dimaiani e miglioristi contiani.

Il motivo per cui i Cinquestelle, dopo essere nati dal nulla e prima di scomparire nel nulla, a mio avviso, non combineranno nulla, è che hanno già fatto tutto quello che dovevano fare. E ovviamente non mi riferisco a tutti i soldi buttati in misure demagogiche e clientelari, alle migliaia di navigator, allo pseudo-reddito di cittadinanza, alla distruzione dell’Ilva, alla catastrofe amministrativa, estetica e sanitaria della città di Roma, all’affossamento di una giustizia già al collasso, alla vergogna dei decreti sicurezza (i cui dettagli più vergognosi, come le mega-multe per chi salva vite in mare, si devono a un emendamento del Movimento 5 stelle). Non mi riferisco a nessuna di queste scelte nello specifico, né alle mille altre che si potrebbero citare, quanto alla spinta ideale che ha permesso di realizzarle tutte, e in un tempo così breve.
Il comunismo si poneva come obiettivo ultimo l’estinzione dello Stato borghese. Più modestamente, il populismo grillino ha praticamente conseguito l’estinzione dello Stato italiano.

Del resto questo è il motivo per cui è stato fondato, votato e apprezzato da tanti: la distruzione delle istituzioni, della politica e dei partiti. E adesso che populisti, salvo poche eccezioni, sono tutti i politici, i giornalisti, i conduttori televisivi, gli scrittori, i registi e i cabarettisti, è naturale che il movimento si sciolga, banalmente, per avvenuto raggiungimento dello scopo sociale. Nell’Italia di oggi, dove Marco Travaglio dirige contemporaneamente un quotidiano, una rete televisiva e mezzo governo, e gli altri giornali, canali televisivi, partiti e politici parlano il suo stesso linguaggio, a cosa serve un (altro) partito populista? Se il pluralismo dell’informazione è rappresentato dai diversi gradi di populismo che vanno dalla Verità al Fatto Quotidiano (passando per il Corriere della sera e Repubblica, che hanno dato all’Italia, rispettivamente, la campagna contro la «casta» e quella contro i vecchi partiti in nome della «società civile»); se il pluralismo politico va dal Conte I al Conte II (cioè dai decreti sicurezza ai decreti sicurezza, dal taglio dei parlamentari al taglio dei parlamentari, e così via); se il pluralismo partitico vede già cinquanta sfumature di populismo, che vanno da Fratelli d’Italia alla Lega, fino all’intero schieramento teoricamente avverso, che considera Giuseppe Conte un «punto di riferimento fortissimo» e il programma gialloverde praticamente intoccabile, a che serve il Movimento 5 stelle?

Inutile perdere tempo in discussioni filosofiche e astruserie programmatiche che non hanno mai interessato nessuno, tantomeno le folle che riempivano le piazze del Vaffa Day. Quello era il programma, il messaggio, la missione dei Cinquestelle: mandare tutto alla malora, una volta per sempre.

Missione compiuta.

(da www.linchiesta.it - 23 gennaio 2020)

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