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Dalla Puglia all’Italia, così può nascere la “Federazione del buonsenso”

di Mario Lavia

La Fbs è qualcosa di meno di una realtà e qualcosa di più di un’idea. Dirà il tempo se sta per nascere una nuova forza politica o se è solo un’intesa limitata, ma insomma la “Federazione del buonsenso” che Matteo Renzi ha in mente pur non essendo stata ancora sdoganata se ne sta lì, in caldo. I soggetti potenziali della Fbs sono tre: Italia viva, Azione e +Europa, e se fosse davvero una Federazione nessuna di esse si scioglierebbe (anche per evitare prevedibili gelosie sulla leadership), cioè le tre forze che hanno cominciato a parlarsi in Puglia in chiave anti-Emiliano, dove Renzi e Carlo Calenda accarezzano l’idea di candidare Dario Stefàno, senatore del Pd, fra i più agguerriti nemici del Governatore pugliese. L’idea pare sia stata di Calenda, voglioso di contrastare Michele Emiliano in ogni modo, e adesso bisognerà vedere se e come la cosa decollerà. L’ideale sarebbe che il Pd virasse su Stefàno mollando Emiliano, ma è teoria pura, visto e considerato che il “califfo” pugliese ha in mano gran parte dei Dem della sua regione e che di riffa o di raffa ha portato 60mila persone ai gazebo, anche se si è trattato di primarie non si capisce bene di chi. Impossibile immaginare un suo passo indietro.

Ma intanto è un primo passo che segnala la ripresa di rapporti fra Renzi e Calenda (anche se a parlare con quest’ultimo Renzi ha inviato Ettore Rosato, l’incontro è andato bene) e che può preludere a convergenze in altre regioni dove si voterà: è probabile infatti che il copione pugliese si replicherà in Campania (Costa contro De Luca?). A livello nazionale - come ci ha detto Calenda - «la differenza è ancora insormontabile stante il diverso giudizio sull’alleanza con i grillini»: ma ecco che negli ultimi giorni tutti hanno notato la crescente insofferenza di Renzi verso un Pd a suo dire sempre più grillizzato, fino al punto che adesso in ambienti governativi si teme un forte ritorno di fiamma di Italia viva, complice il casus belli sulla prescrizione che ha platealmente diviso Iv e Pd.

«Ma perché dovrei aprire la crisi?», chiede retoricamente Renzi. Perché, banalmente, va bene imbarcare il M5s nel governo ma questo non vuol dire accettarne l’egemonia e l’agenda. O perché - dicono quelli che gli vogliono male - è meglio votare col Rosatellum per un Parlamento di mille persone che non col proporzionale per uno di 600.

Vedremo all’assemblea nazionale di Italia Viva dell’1 e 2 febbraio se il punto di ebollizione nel rapporto col partito del Nazareno sarà stato superato. Di certo mai i rapporti sono stati così tesi persino sul piano personale fra parlamentari che fino a ieri sedevano sugli stessi scranni.
I ponti levatoi sono tutti alzati. È chiaro che se il Pd al tempo stesso si grillizzasse e si bersanizzasse - come molti segni indicano - non solo per “buonsenso” ma per ragioni eminentemente politiche, questo per Renzi suonerebbe come una giustificazione a posteriori della sua scissione.

Un Nazareno genericamente movimentista e comunque voglioso della mitica “ricomposizione a sinistra” lascerebbe campo dall’altra parte, il che in un certo senso sarebbe coerente con il ritorno al grande schema della Prima Repubblica: e anche se è del tutto fuori luogo immaginare la Fbs centrale come lo fu la Dc resta la possibilità di una reazione del sistema davanti a una radicalizzazione della sinistra e della destra.

Ma c’è dell’altro. E cioè che la scelta del proporzionale da parte della maggioranza potrebbe agevolare la formazione di una nuova forza politica che volesse battersi sia contro la franceschinian-bettiniana “alleanza strategica” Pd-Cinque Stelle che contro la destra salvinista dando vita a un terzo polo riformista - quella che abbiamo chiamato Fbs, appunto - magari aperto ad altre esperienze di centro o moderate (è da vedere per esempio quanto reggerà Mara Carfagna in una coalizione dominata da Matteo Salvini e Giorgia Meloni). In un’epoca segnata dalla estrema fluidità delle opzioni politiche, il proporzionale torna a scompaginare schemi finora intoccabili e a riaprire molti giochi: strano che il Pd non veda che questo sistema serve molto più ai piccoli che non ai grandi: i terzi poli non funzionano nel maggioritario (chiedere a Fini e Casini), nel proporzionale è diverso.

Dunque per un imprevedibile contrappasso della storia Matteo Renzi, figlio dell’era bipolare e maggioritaria, si troverebbe a beneficiare, ora che i suoi consensi sono molto più ridotti, di quel sistema proporzionale fin qui sempre avversato. Anche per questo, Dario Franceschini dice che la soglia del 5% «è il minimo», e che forse sarebbe meglio alzare ancora l’asticella. Ma già con i sondaggi di oggi la Fbs supera senza problemi il 5 e anche il 6: «Prenderebbe il 10%», dice Renzi come riporta il Corriere della Sera. Un ottimo ago della bilancia, mentre i grillini declinano e il Pd ha sempre più fame di alleati.

(da www.linchiesta.it - 19 gennaio 2020)

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