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SARDINE… E SARDOU

 

Di L.M.L.

 

Cosa hanno in comune il dilagante fenomeno delle “sardine” che riempie le piazze italiane di giovani e non ed i 10 minuti di applausi tributati al presidente Mattarella alla prima della Tosca alla Scala del 7 dicembre? Apparentemente tra di essi non è dato trovare il minimo cenno di similitudine. Eppure, a ben guardare, entrambi nascono da elementi presenti nella società italiana e tra loro comunicanti: la consapevolezza che l’attuale gestione della cosa pubblica è ormai, e forse irrimediabilmente, lontana dai bisogni, dalle richieste, dai timori della gente comune e, per quanto riguarda i “plaudenti” scaligeri, l’esigenza di una figura alta di riferimento e la fiducia di averla trovata nella massima carica dello Stato.

Per essere più chiari: le “sardine”, manifestando il loro dissenso verso tutti gli schieramenti politici, esprimono il medesimo disagio di quanti riconoscono nel Presidente della Repubblica, per ruolo e stile personale, l’unica sponda nella deriva della politica italiana; la differenza, che  non è da poco, sta tutta nella consapevolezza della necessità di elaborare una proposta alternativa ad un sistema percepito, appunto, come lontano ed inadeguato: nel riferimento forte ad una figura istituzionale pare manifestarsi la volontà costruttiva, di coinvolgimento e “presa in carico” dei problemi, almeno per la parte che spetta a ciascuno; nelle proteste di piazza emerge invece la parte distruttiva (cioè la contestazione radicale dell’esistente) alla quale non viene, almeno al momento, fatta seguire alcuna proposta concreta ed alternativa: per ora siamo fermi al “non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo!”.

Il movimento, o comunque lo si voglia definire, delle sardine potrebbe rappresentare la reazione positiva di più generazioni di giovani ad una situazione percepita come ormai inaccettabile per molteplici ragioni e qui stanno, a mio modesto avviso, la sua forza e la sua valenza; ma se la critica viene formulata in modo generalizzato e generalizzante senza le necessarie conoscenze dello sviluppo, positivo o negativo che sia, della storia, della civiltà, delle istituzioni, dei principi e delle culture tutto, duole dirlo,  va a comporre un fascio di ogni genere di erba che viene bruciato senza mediazioni né riflessione. Dai proclami che giungono dalle piazze in cui le sardine manifestano il loro dissenso si evince che alle  affermazioni di principio probabilmente non seguiranno fatti o iniziative concrete, semplicemente perché gli invocati promozione e rispetto dei diritti umani  si ottengono prevalentemente attraverso l’azione politica, la partecipazione, il mettersi in gioco:  gli slogan gridati possono essere un punto di partenza,  mai d’arrivo. Caratteristica delle piazze è quella di manifestare gridando con forza e spesso a ragione, ma se si guarda a alla storia ( e siamo sempre lì, volenti o nolenti!) i moti spontanei di protesta quasi mai hanno prodotto gestioni democratiche della cosa pubblica: si potrebbero citare molteplici esempi, ma il popolo delle sardine è composto prevalentemente da studenti che un po’ di storia dovrebbero masticarla…e qui chiudo la considerazione che mi porterebbe a trattare delle approssimative competenze storiche in cui i discenti ( spesso non per colpa loro e con la complicità del sistema scuola) si dibattono, siano o no sardine.

Per concludere, sembra di scorgere, nella insoddisfazione comune di cui si parlava all’inizio, la possibilità di una scelta nella volontà di  denunciare un sistema politico ormai inadeguato: cavalcare l’onda della contestazione totale e fine a se stessa oppure guardare a chi interpreta e vive il proprio ruolo istituzionale come un attivo servizio allo Stato e seguire la strada del contributo personale al superamento della crisi.

 

 

Lucca, 13 dicembre 2019

 

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