A cura di Paolo Razzuoli
Ceto medio compresso tra burocrazia, debiti Pa e giustizia lumaca. L’indagine mette in evidenza che «la sindrome da stress post-traumatico porta il 75% dei cittadini a non fidarsi più degli altri. E a pulsioni antidemocratiche: ora il 48% è favorevole all’uomo forte al potere».
IL rapporto Censis sulla società italiana è ormai tradizionalmente all'attenzione di Fucinaidee.
Giunto quest'anno alla 53ª edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di eccezionale trasformazione
che stiamo vivendo da un decennio.
Il quadro che emerge dal rapporto non è certo a tinte chiare: anzi è a tinte scure anche se, se sapremo valorizzarle, non mancano alla società italiana energie che potrebbero aiutarci a riprendere il largo.
Ma occorre un energico colpo di reni, soprattutto dalla politica, chiamata a superare la logica della "dittatura del presente" che oggi la domina, per imboccare la strada, sicuramente impervia, di una progettualità di ampio orizzonte. Una politica che, come già più volte detto, sappia rassicurare sul presente e sappia far sognare per il futuro.
Proprio la sfiducia nella politica è uno dei tratti più preoccupanti emergenti dal rapporto: ormai - dice il Censis - il 48% è favorevole all'uomo forte al comando.
Emerge inoltre una società sfiduciata ed incattivita, in cui sta scomparendo la fiducia nell'altro e nelle istituzioni.
Vediamo ora alcuni particolari aspetti del rapporto, rimandando, per approfondimenti che consiglio caldamente, ai documenti allegati.
Un ceto medio compresso tra burocrazia e giustizia lumaca. È l’immagine che viene fuori dalla lettura del Rapporto Censis.
È un calvario quotidiano - rileva il Censis - quello che si trovano ad affrontare cittadini e imprese, in altre parole il cosiddetto “ceto medio produttivo”.
«La cifra emotiva che caratterizza le relazioni di cittadini e imprese con lo Stato e le sue emanazioni - si legge nel report - è il malcontento».
Della Pubblica Amministrazione italiana si fida solo il 29% della popolazione. L’indagine mette in evidenza che all’interno dell’Unione europea un tasso di fiducia minore si ritrova soltanto in Grecia e in Croazia, rispettivamente penultima e ultima nella graduatoria europea. Il dato rimarca una evidente distanza del nostro Paese dalla media Ue, con il 51% di cittadini europei che si fidano delle loro amministrazioni pubbliche, e ancora di più da Paesi come Lussemburgo (80%), Danimarca (75%) e Finlandia (74%), che si collocano ai primi tre posti della classifica.
La sindrome da stress post-traumatico porta il 75% dei cittadini a non fidarsi più degli altri. E a pulsioni antidemocratiche: ora il 48% è favorevole all’uomo forte al potere.
Ma la Pa non è l’unico fattore a travolgere il ceto medio. C’è anche la giustizia, e soprattutto i suoi tempi non proprio stretti. Erano 3.443.105 i procedimenti civili pendenti nel 2018, secondo quanto riportato dal ministero della Giustizia. Di questi, il 16,1% era costituito da procedimenti a rischio, ovvero non risolti entro i termini di legge e per i quali i soggetti interessati possono richiedere un risarcimento allo Stato per irragionevole durata.
Burocrazia, giustizia lenta. Ma c’è un altro elemento che pesa. Il ministero dell’Economia e delle Finanze quantifica in 26,9 miliardi di euro lo stock di debiti commerciali residui delle amministrazioni pubbliche scaduti e non pagati alla fine del 2018, con riferimento alle fatture emesse dal gennaio dello stesso anno. Per il 60% dei commercialisti italiani, le aziende clienti hanno avuto ritardi nella riscossione dei crediti verso la Pubblica amministrazione: una situazione che non sembra destinata a migliorare, dal momento che, se per il 53,5% dei commercialisti i ritardi verificatisi sono rimasti uguali negli ultimi dodici mesi, per il 30,6% sono invece aumentati.
Infine, rimandando per un quadro completo ai documenti allegati, un cenno sulla struttura del Rapporto.Lucca, 7 dicembre 2019