logo Fucinaidee

MES: il M5S si gioca l'identità

di Giovanni Orsina

Salvini ha messo in croce il Movimento 5 Stelle per quindici mesi, governandoci insieme. E adesso che è passato all'opposizione continua a metterlo in croce.
La legislatura 2013-2018 è stata segnata dall'illusione che l'"anomalia" pentastellata potesse esser curata somministrando agli italiani un farmaco allopatico mascherato da omeopatico: il Partito democratico, il più lontano dal M5S per stile, metodi e rapporti col potere, sotto la guida però d'un leader adatto alla stagione populista.
Ma la cura ha fallito.

In questa legislatura sta funzionando invece la medicina salviniana, autenticamente omeopatica: chiodo populista scaccia chiodo populista.
L'opposizione all'establishment europeo e italiano non ha rappresentato soltanto il principale strumento elettorale del quale il Movimento si sia potuto giovare. Insieme alla democrazia diretta, gli ha pure consentito di collocarsi al di là della classica frattura fra destra e sinistra e di raccogliere voti in ogni settore dello spazio pubblico.
Il M5S ha potuto compiere quest'operazione perché l'assetto bipolare che aveva preso forma nel 1994 era stato disarticolato dalla crisi del 2011, oltre che dal lento ma inesorabile tramonto del berlusconismo.

Fin da subito, Salvini s'è messo in competizione coi pentastellati sul terreno populista dell'opposizione all'establishment. Per quanto abbia spesso dichiarato anche lui di voler superare la dicotomia fra destra e sinistra, nei fatti però si è collocato chiaramente a destra.
Brandendo un'identità assai più solida e coerente di quella del Movimento, incardinandola sulla questione migratoria, e potendo contare su un partito disciplinato, in quindici mesi di governo ha raddoppiato i propri voti e dimezzato quelli dei suoi alleati.
Ma la storia non è finita lì.

Col 34% delle europee, il leader leghista è diventato il perno intorno al quale ruota l'intero spazio pubblico italiano – come prima di lui Berlusconi e Renzi.
L'attuale governo è nato per fermare Salvini. Conte è riuscito a restare a Palazzo Chigi presentandosi come l'anti-Salvini. Le sardine scendono in piazza contro Salvini. Il meccanismo europeo di stabilità viene difeso, malgrado i gravi dubbi di natura tecnica, per non fare il gioco di Salvini.

Questa dinamica fa sì che il conflitto fra forze politiche tradizionali e forze politiche nuove o rinnovate, fra establishment e populisti, fra euro-entusiasti ed euroscettici sia venuto sempre di più coincidendo con quello fra sinistra e destra.

Nato e cresciuto in un momento di disarticolazione della dialettica destra/sinistra, avendo al proprio interno militanti, eletti ed elettori di destra e di sinistra, il Movimento è rimasto del tutto spiazzato dal riaffermarsi di quella dicotomia. Se conferma la rinuncia alla postura antisistema fatta la scorsa estate col voto per von der Leyen e la nascita del Conte due, così, non soltanto smarrisce la propria ragion d'essere originaria, ma finisce inevitabilmente a sinistra col Partito democratico.
Se invece continua la battaglia contro l'establishment, scende su un terreno di destra ormai egemonizzato da Salvini.

Qualunque strada imbocchi non potrà che dividersi, forse esplodere. Ma se si dividerà, con ogni probabilità finirà anche la legislatura. E, con essa, l'avventura politica della maggior parte dei parlamentari pentastellati.
Questa è la partita sottesa al voto sul meccanismo europeo di stabilità che si terrà il prossimo 11 dicembre.

In un Paese come il nostro, che ha osato sfidare la geometria euclidea con le "convergenze parallele", sfumature, ambiguità e compromessi consentiranno magari al M5S di sopravvivere ancora per qualche tempo alla propria crisi d'identità, della quale il governo del Paese è ostaggio.
Niente potrà modificare però il dato di fondo: la stagione storica del Movimento per com'è stato finora è passata, e non tornerà più.

(da La Stampa - 04 dicembre 2019)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina