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Trent'anni or sono cadeva il muro di Berlino

di Paolo Razzuoli

Trent'anni or sono, esattamente il 9 novembre 1989, ebbe inizio la caduta del muro di Berlino, e una folla di abitanti della Ddr poterono riversarsi nella parte occidentale della città, senza essere falcidiati dai mitra dei Vopos. Evento epocale per la storia della Germania, dell'Europa e del mondo intero, che ha aperto una fase di rapidi e profondi cambiamenti negli equilibri fino ad allora consolidati dopo la fine della seconda guerra mondiale, nei quali ci troviamo oggi immersi, ed i cui esiti sono al momento imprevedibili. Cambiamenti, e veri e propri sconvolgimenti, che hanno interessato i rapporti fra gli Stati e gli assetti interni di molti di essi, in particolare nell'area est europea.
Cambiamenti che, intrecciandosi con le radicali trasformazioni intervenute nel complesso degli scenari globali, hanno di fatto segnato la fine dell'esperienza storico-politica novecentesca, aprendo, nel contempo, la temperie politica che stiamo vivendo, la cui dirompente carica di novità non sembra ancora aver trovato una governance coerente con la complessità delle sfide comparse all'orizzonte.

Affidando l'analisi storico-politica al bel saggio di Paolo Acanfora allegato a queste poche righe, voglio invece soffermarmi sui ricordi e sulle emozioni personali legate al muro di Berlino.
Non posso che partire dal 13 agosto 1961, data dell'avvio della costruzione del muro, con la stesura dei primi reticolati. Ero già grandicello e ricordo con molta lucidità quei giorni. Ricordo lo smarrimento della gente, ricordo la loro ansia, ricordo le loro espressioni preoccupate nei volti e nelle parole.
Eravamo in piena guerra fredda; l'Urss aveva sperimentato una bomba atomica di potenza superiore a qualsiasi altra sino ad allora sperimentata. La costruzione del muro si percepiva come un evento le cui conseguenze potevano essere esiziali per l'intera umanità.
Poi, fortunatamente, prevalse la calma e gli effetti della crisi vennero contenuti.
Ma da allora, sino al 1989, le cronache hanno riportato pressoché quotidianamente notizie di gente uccisa dai famigerati Vopos (le guardie della Ddr poste alla vigilanza del muro della vergogna), che cercavano di fuggire da uno dei regimi più brutali che la storia abbia conosciuto.

Poi è venuto l'autunno del 1989, in cui il muro è caduto. Un evento che non ci aspettavamo, anche se in realtà segnali del cedimento dell'Urss e più in genere del blocco sovietico si erano avvertiti. Si capiva che gli scenari erano profondamente diversi da quelli della rivolta di Berlino del 1953, o della rivoluzione ungherese o della primavera di Praga. Si capiva che erano anche diversi da quelli della Polonia del 1981, in cui vennero soffocate le aspirazioni libertarie di Solidarnosc dal generale Wojciech Jaruzelski.
Ma la rapidità con cui la situazione si evolse, in Germania come negli altri paesi del blocco sovietico, ricordo benissimo che ci sorprese. Si viveva in un'atmosfera sospesa fra un senso di quasiincredulità per ciò che stava accadendo, la consapevolezza di vivere una straordinaria fase della storia dell'umanità, la consapevolezza che la profonda rottura con gli assetti politici esistenti costituiva una straordinaria opportunità per l'Europa e per l'intera umanità, ma ciò a condizione che si potesse contare su una governance globale capace di interpretare le difficilissime sfide a cui sarebbe stata chiamata.

L'emozione e le speranze erano comunque fortissime. A chi può sfuggire l'emozione delle immagini dei berlinesi che si abbracciavano dopo l'apertura dei varchi del muro. A chi può sfuggire l'emozione del violoncello di Rostropovich che suonava Bach sotto la Porta di Brandeburgo... Emozione che ho rivissuto anche recentemente, proprio passando sotto quella porta che, prima del 1989, era il simbolo della divisione.

Un entusiasmo che portò anche a posizioni direi "semplificatorie" che la storia si è incaricata di smentire. E' noto a tal proposito lo storico Francis Fukuyama, che parlò di "La fine della storia», immaginando che la caduta del blocco comunista avrebbe aperte le porte alla definitiva ed irreversibile affermazione del capitalismo liberal-democratico.
Altri scrittori proposero letture molto diverse.
La storia si è incaricata di dirci come sono andate le cose. Certo, qualsiasi sia la valutazione di ciò che è accaduto da allora, è fuor di dubbio che gli scenari tedesco, europeo e globale sono totalmente diversi da allora.
Dal punto di vista degli assetti politici, si ha la sensazione che quei fatti siano lontani anni luce. Chi non li ha vissuti, penso non riesca nemmeno ad immaginare quanto la situazione sia oggi diversa da quel novembre 1989.
Una diversità, come ben descrive Paolo Acanfora nel saggio allegato, riguarda tanto gli scenari internazionali quanto quelli interni. Sì, perché anche le profonde trasformazioni della politica italiana, la infinita transizione da cui non riusciamo ad uscire, affondano le loro più vere ragioni nei mutamenti intervenuti a seguito di quegli eventi.

Per approfondire

9 novembre: caduta del muro di Berlino
La rivoluzione del 1989
di Paolo Acanfora
(dal sito della Cisl Scuola)

Lucca, 9 novembre 2019

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